Il partito delle «elezioni subito» si è sciolto con i primi tepori, per cui Gentiloni sembra destinato a durare. Tanto che i nostri onorevoli hanno già cambiato programmi e obiettivi. Mentre fino a poche settimane fa si sarebbero accontentati in molti di sopravvivere fino a settembre, così da maturare il vitalizio, l’orizzonte dei «peones» ora è tutto proiettato al 2018. E non per votare in febbraio, come fu nel 2013. No: il loro nuovo traguardo consiste nello stiracchiare al massimo la durata della legislatura, spostandone il capolinea fino all’ultimo giorno utile consentito. A Montecitorio qualcuno sta già facendo i conti, e sostiene che ci sarebbe la possibilità di tornare alle urne addirittura in maggio, entro il 24 per la precisione. Come si arriva a quella data lontana?
Cosa dice la Costituzione
Il Parlamento, sta scritto nella Carta, dura in carica 5 anni. Si calcolano dalla prima riunione che, nel 2013, fu tenuta il 15 marzo. Dunque la XVII legislatura repubblicana passerà a miglior vita il 15 marzo 2018. Dopodiché, all’articolo 61 della Costituzione, sta pure scritto che le elezioni delle nuove Camere avranno luogo «entro 70 giorni» dalla fine delle precedenti. Ecco da dove salta fuori l’aspettativa di tirarla per le lunghe: il 15 marzo, più due mesi e dieci giorni
Che poi la speranza venga esaudita, è tutto un altro discorso. Di solito, si è sempre votato intorno alla scadenza quinquennale, poco prima o poco dopo. Qualche volta la legislatura è stata sforbiciata di 3-4 settimane solo per non andare alle urne in estate e compromettere le vacanze
In altri casi (come nel 2005, dopo un duro braccio di ferro con Berlusconi) l’anticipo sulla scadenza fu imposto da Ciampi nel timore fondato che si creasse un ingorgo istituzionale. L’ultima parola spetta sempre al Capo dello Stato, il quale scioglie le Camere «sentiti i rispettivi presidenti». Come dire che Mattarella potrebbe mandare tutti a casa dopo un semplice colloquio con Boldrini e Grasso. Magari così si regolerà. Ma la prassi non è automatica, perché sul decreto del Colle servirà la controfirma del governo, al quale potrebbe far comodo qualche settimana in più. Inoltre è buona educazione consultare i partiti, opposizione compresa. Dove Grillo vorrebbe bruciare i tempi, come pure Salvini. Mentre c’è chi, ad esempio un signore di Arcore, ha segnato una data sulla propria agenda: l’8 marzo 2018. Non per celebrare i diritti delle donne, ma in quanto quel giorno Berlusconi potrà presentare domanda di riabilitazione al Tribunale di sorveglianza, senza nemmeno bisogno di aspettare la Corte europea di Strasburgo.
Una volta accolta l’istanza (basteranno poche settimane) il Cav sarà finalmente libero di ricandidarsi e perfino, casomai vincesse le elezioni, di tornare premier con tanti saluti ai divieti della legge Severino
Insomma, tergiversare per Berlusconi è vitale. Insieme con lui si batte la vasta pletora di quanti sperano in un paio di mensilità in più
E c’è già chi architetta piani sofisticati, tipo tenere in ostaggio la legge elettorale per approvarla quando proprio non se ne potrà fare a meno. Ritardando uno scioglimento che, se si volesse votare a febbraio, dovrebbe scattare entro Natale
http://www.lastampa.it/2017/03/14/italia/politica/macch-febbraio-si-voti-a-maggio-ecco-il-piano-per-allungare-la-vita-alle-camere-CpDtW6YMcanKse64MZmO6J/pagina.html
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