Non c’è pace in questo mondo. Lo sostiene il think tak australiano Institute for Economics and Peace, che ogni anno considera la situazione politica di 163 Paesi e ne estrae un indice di valore mondiale
Per il 2018, conclude, non ci siamo affatto. Anche se ci sono alcune conferme, anzi: certezze.
Per l’11esimo anno di fila, per esempio, l’Islanda si è aggiudicata il premio per “Paese più sicuro del mondo”
È tranquillo, non ci sono né guerre né violenze, il livello di attività criminale è pressoché inesistente, le carceri sono piene di celle vuote, non si sono registrati attacchi terroristici (né se ne prevedono), niente traffico di armi, il governo funziona
Per quanto riguarda i continenti, vince l’Europa:
sei dei primi dieci Paesi più sicuri si trovano qui:
dopo l’Islanda c’è l’Austria, il Portogallo, la Danimarca, la Repubblica Ceca e l’Irlanda.
Molto bene anche Nuova Zelanda, Canada (eh certo), Singapore e Giappone
Ma nonostante queste buone notizie, la situazione della pace mondiale è sempre più a rischio: sono 99 i Paesi che hanno perso posizioni e solo 71 sono migliorati
Gli Stati Uniti, nonostante ogni indicatore dovrebbe giocare contro di loro, sono migliorati, approdando alla 121esima posizione
Gli australiani hanno tenuto conto dell’alto traffico di armi, degli attacchi terroristici e dei problemi della popolazione carceraria
Ma c’è chi sta peggio, come la Russia, che arriva poco sopra Siria e Afghanistan
Strano, no?
L’Italia, comunque, se la cava. Arriva al 38esimo posto, schiacciata tra Uruguay (sopra) e Madagascar (sotto), Paese questo che ha visto, negli ultimi anni, crisi di peste
Fa meglio di Ghana e Kuwait ma viene battuta da Sierra Leone, Cile e Romania
Viste queste premesse, non sarà semplice scalare le posizioni. Meglio trasferirsi in Islanda e chiuderla lì
Nel 2017 il mondo è diventato un po’ meno pacifico dell’anno precedente ed è la quarta volta consecutiva che succede, secondo l’ultimo rapporto del Global Peace Index . L’indice è calcolato dal centro di ricerca internazionale Institute for Economics and Peace e tenta di verificare la situazione a livello dell’intero pianeta e dei singoli Stati. È un indicatore basato non solo sull’esistenza di una vera e propria situazione di conflitto con un altro Stato o di una guerra civile interna, ma anche su altri parametri
Se uno Stato sia più o meno pacifico e se faccia o meno progressi rispetto all’anno precedente dipende anche dagli omicidi e dai crimini violenti in generale che si registrano al suo interno, dalle relazioni che ha con gli altri Paesi, dalle spese militari e da altri 20 indicatori che vengono raggruppati in tre categorie:
sicurezza, conflitti in corso, militarizzazione
La richiesta di aumentare le spese militari dei Paesi della Nato avanzata dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, se venisse accolta, farebbe perdere punti in questo indice
Gli Stati Uniti (che hanno spese militari attorno al 3,5% del Pil) sono al 121esimo posto su 163 Stati presi in considerazione, collocati tra l’Armenia e la Birmania, a un livello di pacificità definito “medio”
Il Paese più pacifico del mondo risulta essere l’Islanda, che mantiene questo primato da dieci anni, seguita da Nuova Zelanda, Austria, Portogallo e Danimarca
L’Italia si trova al 38esimo, con un punteggio che viene definito di alta pacificità
All’ultimo posto si trova da cinque anni ormai la Siria, preceduta da Afghanistan, Sud Sudan, Iraq, Somalia, Yemen e Libia
Anche Russia e Ucraina, Corea del Nord e Turchia, Pakistan e Nigeria sono nella lista dei Paesi meno pacifici del pianeta
La situazione è peggiorata in 92 Stati e migliorata solo in 71
In generale, l’Europa resta l’area del mondo meno conflittuale (Medio Oriente e Nord Africa resta invece l’area più conflittuale),
ma anche nel nostro Continente le cose sono andate peggio nel 2017 per il terzo anno consecutivo
La pace rende dal punto di vista economico
I Paesi più pacifici hanno fatto registrare tassi di crescita del Prodotto interno lordo tre volte superiori rispetto a quelli meno pacifici negli ultimi settant’anni
E il reddito pro capite delle nazioni in cui la situazione è migliorata è cresciuto sette volte di più rispetto a quelli in cui è peggiorata
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