di Lucia Petitti
Richard Wagner (1813-1883) è
stato uno dei più grandi artisti della storia della musica. Egli ha
riconquistato non solo l’unità di tutte le arti, ma anche quegli antichi miti
nordici, che narrano di una saggezza troppo spesso dimenticata o messa da parte
volutamente, perché scomoda all’infausta logica del potere, oggi dilagante.
Ricordiamo di lui la Tetralogia, L’Anello
del Nibelungo, sintesi suprema dell’antica tragedia greca in chiave moderna.
In essa si analizza - attraverso l’arte e il mito - la decadenza della società
contemporanea, a causa della nascente civiltà industriale e del principio unico
che la governa: il denaro, lo sfruttamento e il potere. Per dirla con una frase,
tutti quelli che dedicheranno la loro vita all’accumulo del metallo prezioso,
saranno vittime di sciagure: essi seguiranno il sistema del profitto invece di
affidarsi al principio del Cuore. Da questo significato generale si può
considerare anche quello particolare, riguardante un’età mitica – quella dei
Popoli di Natura – quando un’eterna Armonia governava il canto delle stelle,
dell’uomo e degli animali. Una riflessione di tipo sociologico ci porta a concludere
che quelle società non conoscevano affatto il sistema alienante del denaro, il
cui accumulo è direttamente proporzionale ai genocidi, alla fame e alla
distruzione del pianeta. Il messaggio di Wagner è chiaro, sebbene sia stato
sempre trascurato per paura di ritorsioni da parte del sistema bancario, oggi
in mano a pochissime persone nel mondo: l’invenzione
delle banconote è la più grande truffa criminale che sia mai stata inventata
nella società civile. Infatti, gli studiosi meno ipocriti e meno
reverenziali, in questo panorama desolante di democrazie ridotte a porcilaie,
si riferiscono non a caso all’annullamento dei Popoli di Natura,
ribattezzandolo “La distruzione del Paradiso”, includendo in simile visione
apocalittica, principalmente la Chiesa di Roma che - dietro la maschera di
Cristo - ha assassinato milioni di persone e violentato almeno altrettanti
bambini e donne.
Oltre che compositore, Wagner è stato un prolifico autore di
saggi che affrontano il problema dell’arte a livello politico, sociale ed
economico. Già nel suo scritto L’arte e
la rivoluzione (1849) egli annota: “Ecco dunque l’arte che ora ha invaso
tutto il mondo civile. La sua vera natura è l’industria, il suo fine morale il
guadagno, il suo pretesto estetico il divertimento di chi si annoia. (…) Oggi i
banchieri insegnano a cercare lo scopo dell’esistenza nel lavoro manuale per il
pane quotidiano”. “Chi mai pensa che questi piccoli pezzi di carta,
dall’aspetto così innocente, siano stampati col sangue di innumerevoli
generazioni?”. L’analisi stringente di Wagner nei confronti delle lobbies private che stampano denaro nel
mondo occidentale prosegue così: “Non abbiamo mai avuto con gli Ebrei dei
conflitti sul terreno esclusivo della politica; noi non ce la prenderemmo
neppure se essi fondassero un regno di Gerusalemme; noi non abbiamo avuto sotto
questo rapporto che un rammarico, cioè che il signor Rothschild abbia avuto
troppo ingegno per voler diventare re degli Ebrei, ed abbia preferito, come
ognun sa, rimanere l’ebreo dei re”. Le parole del Nano Alberich, nella scena
prima del Rheingold, sono terribili
quando si serve dell’Anello e dell’Oro per incatenare all’odio e alla brama del
potere, tutti gli uomini, eroi e Dèi: “Con pugno d’oro / voi, divini,
conquisterò tutti a me! / Come io ho rinunziato all’amore, / tutto che vive / a
quello dovrà rinunziare! / Dall’oro
adescati, / d’oro soltanto dovrete ancora aver brama!”.
Wotan, il dio della
saggezza, canta: “Ma a che ti giova il tesoro, / poiché senza gioia è Nibelheim
[la terra degli schiavi], e niente qui si vende a prezzo di tesori?”.
Ma
Alberich, prototipo ancestrale dell’attuale manager globalizzato, risponde
imperterrito: “Col tesoro / nella caverna raccolto, / il mondo intero /
conquisterò”.
La sola soluzione a questo stato di cose è la rivoluzione. Così
si esprime Wagner al riguardo: “Voglio rovesciare il dominio dei morti sui
vivi, della materia sullo spirito; voglio spezzare l’autorità dei potenti,
della legge e della proprietà. Voglio rovesciare l’ordine costituito delle cose
che divide l’umanità, che è unica, in popoli nemici, in potenti e deboli, in
chi ha diritti e in chi non ne ha, in ricchi e poveri, perché questo ordine
rende tutti infelici. Voglio rovesciare questo ordine di cose che divora le
energie degli uomini al servizio del dominio dell’inorganico, della materia
senza vita, che mantiene la metà degli uomini nell’inoperosità o in attività
inutili costringendoli a dedicare la loro vigorosa giovinezza alla
conservazione di queste abiette condizioni con lo svolgere un’attività oziosa
come soldati, funzionari, speculatori e fabbricanti di danaro".
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