lunedì 7 maggio 2012

RIVOLUZIONE CONTRO IL DENARO


  
di Lucia Petitti

Richard Wagner (1813-1883) è stato uno dei più grandi artisti della storia della musica. Egli ha riconquistato non solo l’unità di tutte le arti, ma anche quegli antichi miti nordici, che narrano di una saggezza troppo spesso dimenticata o messa da parte volutamente, perché scomoda all’infausta logica del potere, oggi dilagante. 
 Ricordiamo di lui la Tetralogia, L’Anello del Nibelungo, sintesi suprema dell’antica tragedia greca in chiave moderna. In essa si analizza - attraverso l’arte e il mito - la decadenza della società contemporanea, a causa della nascente civiltà industriale e del principio unico che la governa: il denaro, lo sfruttamento e il potere. Per dirla con una frase, tutti quelli che dedicheranno la loro vita all’accumulo del metallo prezioso, saranno vittime di sciagure: essi seguiranno il sistema del profitto invece di affidarsi al principio del Cuore. Da questo significato generale si può considerare anche quello particolare, riguardante un’età mitica – quella dei Popoli di Natura – quando un’eterna Armonia governava il canto delle stelle, dell’uomo e degli animali. Una riflessione di tipo sociologico ci porta a concludere che quelle società non conoscevano affatto il sistema alienante del denaro, il cui accumulo è direttamente proporzionale ai genocidi, alla fame e alla distruzione del pianeta. Il messaggio di Wagner è chiaro, sebbene sia stato sempre trascurato per paura di ritorsioni da parte del sistema bancario, oggi in mano a pochissime persone nel mondo: l’invenzione delle banconote è la più grande truffa criminale che sia mai stata inventata nella società civile. Infatti, gli studiosi meno ipocriti e meno reverenziali, in questo panorama desolante di democrazie ridotte a porcilaie, si riferiscono non a caso all’annullamento dei Popoli di Natura, ribattezzandolo “La distruzione del Paradiso”, includendo in simile visione apocalittica, principalmente la Chiesa di Roma che - dietro la maschera di Cristo - ha assassinato milioni di persone e violentato almeno altrettanti bambini e donne. 

Oltre che compositore, Wagner è stato un prolifico autore di saggi che affrontano il problema dell’arte a livello politico, sociale ed economico. Già nel suo scritto L’arte e la rivoluzione (1849) egli annota: “Ecco dunque l’arte che ora ha invaso tutto il mondo civile. La sua vera natura è l’industria, il suo fine morale il guadagno, il suo pretesto estetico il divertimento di chi si annoia. (…) Oggi i banchieri insegnano a cercare lo scopo dell’esistenza nel lavoro manuale per il pane quotidiano”. “Chi mai pensa che questi piccoli pezzi di carta, dall’aspetto così innocente, siano stampati col sangue di innumerevoli generazioni?”. L’analisi stringente di Wagner nei confronti delle lobbies private che stampano denaro nel mondo occidentale prosegue così: “Non abbiamo mai avuto con gli Ebrei dei conflitti sul terreno esclusivo della politica; noi non ce la prenderemmo neppure se essi fondassero un regno di Gerusalemme; noi non abbiamo avuto sotto questo rapporto che un rammarico, cioè che il signor Rothschild abbia avuto troppo ingegno per voler diventare re degli Ebrei, ed abbia preferito, come ognun sa, rimanere l’ebreo dei re”. Le parole del Nano Alberich, nella scena prima del Rheingold, sono terribili quando si serve dell’Anello e dell’Oro per incatenare all’odio e alla brama del potere, tutti gli uomini, eroi e Dèi: “Con pugno d’oro / voi, divini, conquisterò tutti a me! / Come io ho rinunziato all’amore, / tutto che vive / a quello dovrà rinunziare! / Dall’oro adescati, / d’oro soltanto dovrete ancora aver brama!”. 
Wotan, il dio della saggezza, canta: “Ma a che ti giova il tesoro, / poiché senza gioia è Nibelheim [la terra degli schiavi], e niente qui si vende a prezzo di tesori?”. 
Ma Alberich, prototipo ancestrale dell’attuale manager globalizzato, risponde imperterrito: “Col tesoro / nella caverna raccolto, / il mondo intero / conquisterò”. 

La sola soluzione a questo stato di cose è la rivoluzione. Così si esprime Wagner al riguardo: “Voglio rovesciare il dominio dei morti sui vivi, della materia sullo spirito; voglio spezzare l’autorità dei potenti, della legge e della proprietà. Voglio rovesciare l’ordine costituito delle cose che divide l’umanità, che è unica, in popoli nemici, in potenti e deboli, in chi ha diritti e in chi non ne ha, in ricchi e poveri, perché questo ordine rende tutti infelici. Voglio rovesciare questo ordine di cose che divora le energie degli uomini al servizio del dominio dell’inorganico, della materia senza vita, che mantiene la metà degli uomini nell’inoperosità o in attività inutili costringendoli a dedicare la loro vigorosa giovinezza alla conservazione di queste abiette condizioni con lo svolgere un’attività oziosa come soldati, funzionari, speculatori e fabbricanti di danaro".

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