martedì 24 luglio 2012

I neurotrasmettitori nelle piante

di Silvia Vittozzi x collana eXoterica


Già alla fine del XIX secolo, con l’intensificarsi degli studi biologici, Fabre, mise in evidenza le numerose analogie fra animali e piante, sostenendo che esse vivono, si nutrono, si riproducono come i primi
Nel 1880 Charles Darwin fu il primo a proporre che un cervello vegetale fosse localizzato nelle apici delle radici delle piante, rendendole in grado di percepire i segnali dall’ambiente circostante e capaci di decidere le strategie da seguire per la propria sopravvivenza

 Recentemente queste teorie sono state riprese dagli studiosi della neurobiologia vegetale, una disciplina che si occupa di studiare il comportamento delle piante e di dimostrare l’intelligenza delle stesse, attraverso la scoperta dei loro sistemi d’archiviazione ed elaborazione delle informazioni

Secondo Mancuso, un ingegnere agronomo, le piante sono caratterizzate da un’attività di tipo neurale che utilizza neurotrasmettitori e sinapsi nelle estremità delle radici

I neurotrasmettitori sono composti chimici, i quali permettono il passaggio degli impulsi nervosi attraverso le sinapsi, strutture altamente specializzate che consentono la comunicazione delle cellule del tessuto nervoso (i neuroni delle piante) tra loro oppure con altre cellule


I neurotrasmettitori degli apici radicali sono in gran parte gli stessi con cui comunicano i neuroni degli animali, ma l’auxina, specifico delle piante, è quello più importante di tutti, perché permette alla pianta di accrescersi, di creare nuove radici e risulta essere molto simile alle nostre melatonina e serotonina

Nel corso dell’evoluzione, le piante avrebbero scelto di sviluppare i loro tessuti di tipo neurali, negli apici radicali, in profondità nel terreno, perché il suolo rappresenta un ambiente più stabile (come temperatura e umidità) e soprattutto è protetto dalla predazione, dall’ozono atmosferico e dalla radiazione UV solare

Ciascun apice radicale è autonomo, ma può anche coordinarsi con gli altri, formando così un vero e proprio cervello “diffuso”, a forma di rete, come internet, permettendo agli alberi di comunicare, di avere una memoria e anche un autocoscienza come gli animali

Utilizzando i MEA (multi electrode arrays), cioè dei microelettrodi che vengono applicati sulle radici per misurare i segnali elettrici emanati, i ricercatori hanno scoperto che si tratta di un sistema di conduzione neuroide, tipico degli animali che non hanno i nervi, come alcuni invertebrati

Inoltre i neuroni vegetali hanno una proprietà che li contraddistingue: la sincronizzazione, cioè la capacità di emettere più segnali contemporaneamente; infatti quello che impressionava maggiormente Darwin, era l’abilità delle radici nel percepire, simultaneamente, molteplici stimoli ambientali e di essere in grado di prendere decisioni, in funzione di questa, anche se privi di nervi e di un sistema nervoso centrale

Secondo Mancuso, i processi biologici delle piante non risultano del tutto meccanici, ma anche frutto di valutazioni contemporanee di stimoli esterni, per cui l’apice radicale decide poi cosa fare, anche tenendo conto del ricordo di eventi passati.

Inoltre, attraverso l’aria e la terra, le piante si scambiano informazioni sullo stato di salute o sui parassiti, dimostrando di essere anche sociali tra loro e le altre specie di esseri viventi in competizione per il territorio

In conclusione le piante sono in grado di pensare, in quanto possiedono la percezione di sé e del mondo esterno, requisito fondamentale per agire e interagire con l’altro, ma ciò porta a scegliere verso chi indirizzare le azioni

Valutare le scelte significa giudicare qual è la migliore e ciò implica il pensare, che appartiene quindi a tutte le specie viventi comprese quelle appartenenti al mondo vegetale









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