mercoledì 26 settembre 2012

Un danno economico incalcolabile: l’assenza di una scuola politica.

di Giuseppe Carpentieri

Quotidianamente, da decenni, siamo abituati a lamentarci della nostra classe dirigente e puntualmente, al momento delle elezioni, diamo il nostro consenso proprio a quella categoria di persone che disprezziamo. 

Mi pare ci sia una psicosi collettiva che coinvolge la maggioranza degli italiani. Ci lamentiamo ma non facciamo nulla per ribaltare lo status quo.

In alcuni paesi esistono scuole pubbliche per formare la classe dirigente, in Italia, anni fa i partiti di massa (DC e PCI) avevano scuole interne per studiare la Costituzione e la linea del proprio partito.  La partecipazione politica si esprimeva attraverso questi organismi che sono diventati obsoleti nel corso dei decenni per l’assenza di trasparenza e di democrazia interna. Le SpA hanno saputo introdurre una buona dose di avidità ed hanno logorato, col tempo, il ruolo della rappresentanza e del mandato elettorale attraverso la scelta di camerieri manovrabili e la pubblicazione, sui media amici, di scandali ad orologeria sempre più grandi per colpire il nemico di turno.
Considerando la degenerazione che ruota intorno a noi, oggi sarebbe improponibile e anacronistico il modello partito, ma rimane il danno politico più grande che si possa pensare: l’assenza di una classe dirigente dignitosa, preparata e capace di interpretare la transizione che stiamo vivendo. Il Paese naviga a vista non perché non esistano persone capaci e responsabili, ma perché non esiste un’organizzazione politica nazionale capace di affrontare la sfida che il popolo italiano sta subendo dall’élite degenerata. Inutile immaginare ai partiti attuali PD, PDL, IDV, Lega poiché hanno dimostrato di non pensare al bene comune, ma di portare avanti gli interessi particolari delle SpA. Una legittima speranza va riposta negli attivisti del M5S, ma al momento non esiste programmazione interna condivisa, non c’è l’uso di strumenti efficaci come liquidfeedback.
Il popolo dovrebbe pretendere la nascita di una scuola politica pubblica, ove chiunque possa iscriversi e successivamente decidere di spendere una parte della propria vita nelle Istituzioni locali e nazionali. Non dovrebbe essere una scuola di burocrazia come potrebbe apparire dal nome, ma una scuola di creatività che ripensi le istituzioni a servizio del cittadino e non per asservire le SpA.
Il centro direzionale del potere è stato trasferito dai parlamenti nazionali all’UE usurpando la titolarità giuridica della sovranità che risiede nelle mani del popolo. Un processo lento che ha truffato i popoli europei e sta mostrando al mondo interno cosa è capace di fare un’élite degenerata.
Il periodo storico che stiamo vivendo richiede forze, risorse, capacità appropriate per restituire la democrazia al popolo, e pertanto si rende necessario progettare istituzioni capaci di immaginare comunità autosufficienti e veramente libere, applicando principi e comportamenti opposti alla diseducazione che viene inoculata nelle scuole e nelle università. Se i dogmi attuali sono: aggressività, competitività, crescita, avidità è banale ritenere che bisogna divulgare cooperazione, reciprocità, creatività, sostenibilità. Da una società monetarista bisogna passare a comunità consapevoli eco-efficienti, eco-sufficienti con l’uso delle tecnologie alternative, ormai mature e pronte all’uso, per avviare la transizione energetica. I poteri decisionali devono passare dalle mani di un’oligarchia inumana, alle mani del legittimo proprietario: il popolo sovrano.
Tale obiettivo può essere raggiunto solo con un’organizzazione preparata, pronta, capace e responsabile; consapevole della strada da percorrere e pronta a cambiare regole e leggi usando le giuste leve per tendere all’obiettivo generale. Una sfida del genere dovrebbe coinvolgere tutte quelle menti indignate e preparate che sono presenti anche in Italia, accomunate da valori condivisi e rispettose delle diversità altrui. Finora, in Italia, hanno prevalso l’ego e l’immaturità degli individui lasciando il paese allo sbando e al declino che stiamo assistendo, rimanendo cinicamente spettatori dei danni quasi irreversibili alle generazioni future.
[...] In Italia abbiamo ascoltato sconcezze di ogni genere poi verificate con semplici domande ben documentate. L’ignoranza diffusa sulle conoscenze scientifiche dimostra l’incapacità di valutare di fronte ad evidenze sconcertanti come il caso dei rifiuti. E la maggioranza del popolo non è in grado di valutare neanche le scelte energetiche.
Valutare è uno sforzo di riflessione orientato a riconoscere il valore di oggetti e azioni: valori propri, in sé, e valori relazionati a contesti e processi. In questo sforzo un ruolo importante è svolto dalla comparazione. Comparare significa esercitare il giudizio personale, seguire convenzioni, applicare norme, testare ipotesi in modo libero o vincolato.[1]
Per questa ragione è doveroso un percorso di conoscenza condivisa affinché si possano riprendere le elementari basi civili dettate dalla Costituzione e da un cultura figlia di un approccio olistico[2], libero e non condizionato dal potere invisibile. Vi sono strumenti efficaci come l’open space technology[3]per raggiungere obiettivi che hanno permesso di avviare progetti creativi con ampia partecipazione. La scienza dell’organizzazione sembra essere il tallone di Achille dei popoli ma internet è lo strumento che può aiutare le comunità per condividere esperienze e conoscenze altrui. La rete di internet è più di un semplice specchio della società, è una realtà virtuale che può dare una visione futura del mondo poi, saranno i cittadini a scegliere in che società vivere, continuare con l’attuale: immorale e nichilista, o una diversa poggiata sullo scambio, sul dono, sulla cooperazione e sulla reciprocità?

[1] DOMENICO PATASSINI, in Valutazione dell’impatto ambientale, a cura di VIRGINIO BETTINI, UTET 2002, pag. 22
[2] La posizione filosofica dell’Olismo (dal greco “holon”, cioè tutto) è basata sull’idea che le proprietà di un sistema non possano essere spiegate esclusivamente tramite le sue componenti. Relativamente a ciò che può essere chiamato olistico, per definizione, la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore/differente della somma delle prestazioni delle parti prese singolarmente. Un tipico esempio di struttura olistica è l’organismo biologico, perché un essere vivente dato, in quanto tale, va considerato sempre come un’unità-totalità non esprimibile con l’insieme delle parti che lo costituiscono.
[3] L’Open Space Technology è una metodologia che permette, all’interno di qualsiasi tipo di organizzazione, di creare workshop e meeting particolarmente ispirati e produttivi. È stato sperimentato negli ultimi vent’anni in differenti paesi del mondo, impiegato nella gestione di gruppi composti da un minimo di 5 a un massimo di 2000 persone, in conferenze della durata di una, due o anche tre giornate.

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