di Nicolas Cavallucci
La fisiologia comparata è la scienza che studia la comparazione tra le diverse fisiologie delle varie specie animali.
Dalla comparazione fisiologica degli apparati di tutte le diverse specie animali si riscontra che il nostro sistema fisiologico ed enzimatico è tipico delle specie fruttivore più evolute, in particolare di quelle specie, come gli scimpanzè bonobo, adatte alla frutta a più basso contenuto proteico.
Come abbiamo visto, ogni animale ha il suo rispettivo cibo specie-specifico, tutte le restanti parti dell'ecosistema attorno a lui sono scientificamente chiamate componenti ecosistemiche trofo-aspecifiche: sono cioè parti di ecosistema che per questo animale non hanno alcuna finalità alimentare e anzi, una volta introdotte nel suo organismo, innescano immediatamente un processo patologico derivante dall'ingestione della componente ecosistemica trofo-aspecifica (non specie-specifica) che, per l'organismo di quest'ultimo, non è altro che un'insieme di tossine.
Per la specie umana quindi qualsiasi “cibo” al di fuori della mela (o al limite della frutta) non è altro che una componente ecosistemica trofo-aspecifica, esattamente come lo sono la corteccia di un'albero, il prato, un ramo legnoso ecc..
Applicando l'analisi fisiologica comparativa alle diverse componenti ecosistemiche (i cosiddetti “cibi”) emerge innanzitutto che esse si dividono in: “prodotti animali”, che a loro volta si dividono in “prodotti carnei” e “prodotti lattei”, e in “prodotti vegetali”. I “prodotti carnei” sono “carne”, “pesce” e “uova”, in quanto biologicamente e scientificamente sono tre cadaveri animali: la “carne” è un cadavere di animale terrestre, il “pesce” è un cadavere di animale acquatico e l'”uovo” è un cadavere di cellula animale. Essendo cadaveri tendono immediatamente ad andare in putrefazione. La definizione scientifica di putrefazione è decomposizione anaerobica protidica e riguarda quindi solo le proteine e avviene con qualsiasi tipo di cadavere, sia animale che vegetale (anche i cosidetti “semi”, una volta mangiati, e le cosiddette “verdure” sono scientificamente dei cadaveri); al contrario la frutta, oltre ad essere l'unica struttura organica macroscopica non viva (non ha il metabolismo di entrata e di uscita di unità strutturali tipico degli esseri viventi, bensì possiede uno stasibolismo di sola entrata delle unità strutturali) e che quindi non viene uccisa, ha proteine quasi nulle e comunque sono le uniche che il nostro corpo assimila completamente, non andando quindi in putrefazione.
La putrefazione libera sostanze tossiche come ammoniaca, putrescina, cadaverina, ecc.., che, una volta entrate nel circolo sanguigno provocano prima tossiemia (intossicazione del sangue) e poi tossicosi (intossicazione dell'intero organismo), innescando così l'inizio di qualsiasi patologia; inoltre la fortissima acidificazione ematica (del sangue) scatenata dai “prodotti carnei”, compromette la funzionalità del sistema immunitario, che può agire solo a ph 7.4, favorendo così qualsiasi tipo di patologia.
Queste sostanze tossiche liberate dalla putrefazione caratterizzano il tipico odore fetido delle feci e delle urine di chi si nutre di cadaveri animali o vegetali (non a caso putrefazione deriva da “putere” che significa puzzare). Al contrario le feci e le urine fruttariane non puzzano affatto, in particolare quelle melariane emanano un odore addirittura piacevole.
Il pesce va in putrefazione più velocemente della carne e, i tanto osannati omega 3 contenuti nel pesce, vengono trasformati dalla cottura in grassi saturi, i peggiori per la nostra salute; tra l'altro le aziende produttrici di integratori alimentari estraggono gli omega 3 proprio dalle mele, dato che si sono rilevati essere quelli di qualità migliore.
L'uovo ha 12 volte più colesterolo del grasso di maiale puro, e il colesterolo è il grasso che più si attacca alle pareti interne dei vasi sanguigni, determinando arteriosclerosi da cui derivano ipertensione, infarto, ictus, ischemia ecc.. che sono la prima causa di morte nei paesi cosiddetti sviluppati. Infine tutte le specie predatorie hanno l'enzima uricasi che serve per demolire l'acido urico prodotto, ad esempio, dal consumo di carne, al contrario della specie umana che non lo presenta affatto.
La fisiologia comparata mostra quindi che la “carne” è cibo per carnivori come il cane, il “pesce” è cibo per felini (i felini in condizioni di acque basse affollate dai pesci ne mangiano in quantità) e l'”uovo” è cibo per rettili.
“Latte” e “miele” biologicamente sono la stessa cosa, sono scientificamente cibo per cuccioli, e quindi sono entrambi “prodotti lattei”.
Il latte di mucca è fisiologicamente adatto ai vitelli e contiene enzimi e fermenti tipici per l'accrescimento bovino, il latte di capra è fisiologicamente adatto ai cuccioli di capra e anch'esso contiene enzimi e fermenti tipici per l'accrescimento dei caprini, il latte di pecora è fisiologicamente adatto agli agnelli ecc..
Ogni mammifero ha quindi il suo latte specie-specifico con caratteristiche biochimiche adatte solo alla sua particolare fisiologia e, se viene introdotto nell'organismo di un'altro mammifero, come ad esempio l'uomo, è tossico e crea danni a tutti i suoi organi e apparati. Nel caso della specie umana l'unico latte adatto al bambino è il latte umano di donna (sempre se alimentata con il suo cibo specie-specifico), detto materno. Tuttavia quando il bambino avrà sviluppato la dentatura dovrà passare gradualmente dal cibo liquido a quello solido, dopo di che, come tutti gli altri mammiferi, non dovrà più bere latte per il resto della sua vita, non a caso infatti solo il lattante produce l'enzima lattasi per digerire il latte, mentre l'adulto, anche se stimolato innaturalmente, non ne produce una quantità sufficiente per digerirlo.
Tutti i derivati del latte (formaggi ecc..) sono praticamente “latte concentrato” e quindi sono molto più tossici del latte, dato che i grassi in esso contenuti (specialmente trigliceridi) aderiscono alle pareti interne dei vasi sanguigni provocando arteriosclerosi, ipertensione, infarto, ictus, ischemia, ecc.., inoltre essendo fortemente acidificanti impediscono l'assorbimento del calcio e costringono l'organismo a prelevarlo dalle nostre stesse ossa per rimetterlo nel circolo sanguigno, al fine di bilanciare l'acidosi ematica (il calcio ha un comportamento alcalino) con gli ioni OH- e provocando così grave osteoporosi.
Il miele è il “latte” delle api, essendo l'unico cibo con cui il cucciolo di ape, la larva (detta pupa), si nutre nel suo primo mese di vita. La mamma ape infatti dopo che si è nutrita con il suo cibo specie-specifico (il nettare dei fiori), trasforma una parte di esso in miele e lo deposita nell'alveare per dar da mangiare al suo cucciolo.
Il miele di ape quindi è fisiologicamente adatto solo al cucciolo di ape, contenendo enzimi e fermenti tipici per l'accrescimento delle api, mentre, per la specie umana, che ha una fisiologia completamente diversa da quella degli insetti, oltre ad essere tossico (tra le varie sostanze tossiche il miele contiene acido formico), scatena una grave acidificazione ematica determinando così una marcata decalcificazione ossea.
Le componenti ecosistemiche vegetali dette “prodotti vegetali” sono semi e verdure (funghi, radici, fusti, foglie e fiori). Tutti i semi (legumi, cereali e semi oleosi) sono scientificamente i figli della pianta madre ed hanno una funzione esclusivamente riproduttiva, per questo vengono provvisti dalla pianta madre dei veleni più potenti esistenti in natura, scientificamente chiamati metaboliti secondari killer e cioè sostanze tossiche contenute nel seme e dette appunto killer, poiché progettate dalla natura al solo scopo di uccidere o danneggiare gravemente qualsiasi animale dovesse mangiarli. Al contrario i frutti sono principalmente un “sacchetto di carboidrati” ed hanno quindi una funzione alimentare oltre che di disseminazione zoocora (quando cioè il frutto viene mangiato dall'animale che ne disperde i semi, consentendo in questo modo alla pianta madre di partorire il suo cucciolo vegetale).
Cereali e legumi sono “cibo” per uccelli granivori (da “granum”, inteso come cereale o legume) che hanno una struttura digerente opposta a quella umana: in primo luogo non hanno nemmeno una dentatura e afferrano il chicco con il loro becco deglutendolo intero, dopo di che ogni seme passa attraverso una sacca esofagea (che noi non abbiamo) per subire la prima fase della digestione, successivamente il seme arriva allo stomaco, il quale è diviso in due settori separati, il primo è il proventriglio (che noi non abbiamo), dove subisce una seconda fase della digestione. Poi grazie alla muscolatura molto sviluppata del secondo settore del loro stomaco, il ventriglio (che noi non abbiamo), e grazie a dei piccoli sassi che ingoiano appositamente, riescono a macinare il chicco ingerito, effettuando così una terza fase della digestione.
Anche la struttura dell'intestino è estremamente diversa da quella della specie umana, ad esempio hanno un intestino lungo appena 6 volte la lunghezza del tronco (meno della metà di quello umano, dato che i residui digestivi dei semi devono uscire velocemente per evitare sia fermentazione che putrefazione), all'inizio dell'intestino terminale si trovano due ciechi laterali (che noi non abbiamo) e all'ultimo tratto dell'intestino è annessa la borsa di Fabrizio (che noi non abbiamo), un organo peculiare nella digestione dei semi.
Le enormi differenze anatomo-fisiologiche si riscontrano anche in tutti gli altri organi e apparati del sistema digerente (fegato, cistifellea ecc..).
Per renderci conto di quanto la specie umana sia inadatta ai semi basta pensare che se noi proviamo a masticare, ad esempio un chicco di grano, rischiamo innanzi tutto di spaccarci un dente, per cui non potendolo masticare siamo costretti a progettare e costruire complicati macchinari per macinarlo (distruggendo però tutte le fibre in esso contenute). Tuttavia, la farina cruda ci fa letteralmente schifo (la nostra papilla gustativa apprezza solamente la frutta), quindi dobbiamo cuocerla, alterando ulteriormente tutta la sua struttura biochimica, infatti qualsiasi molecola cotta una volta ingerita scatena la leucocitosi digestiva, che non è altro che una reazione difensiva dell'organismo ad un corpo estraneo.
Anche il semplice fatto che per riuscire a mangiare un cibo dobbiamo cuocerlo, è un chiaro indizio del fatto che non siamo adatti a quel tipo di cibo, dato che nessun animale in natura mangia cibo cotto.
Ma ancora non basta,
infatti se proviamo a mangiare la farina cotta e basta ci fa ancora schifo, allora per riuscire a deglutire quell'ammasso di sostanze ormai sempre più tossiche dobbiamo necessariamente circondarlo di frutta, condendolo cioè con i classici condimenti: l'olio (che deriva da un frutto, l'oliva), il pomodoro (che è un frutto), ecc.., ingannando così la papilla gustativa fruttivora della specie umana, e solo allora riusciamo ad ingoiare quello che inizialmente era un chicco di grano. Tuttavia quando le sue sostanze entrano in circolo e arrivano alla nostra cellula fruttivora, essa non le riconosce e viene intossicata da queste sostanze aspecifiche, portandoci nel tempo a tutte le possibili patologie.
I semi oleosi (noci, nocciole, ecc..) sono “cibo” per animali semivori (da “semen”= seme) detti anche roditori (da “radere”= raschiare, che infatti è la procedura che usano per rompere i gusci dei semi), la cui struttura digerente è quasi opposta alla nostra: hanno una dentatura scalprodonta (da “scalprum”= scalpello), al contrario della specie umana sono dotati cioè di incisivi enormi e affilatissimi, oltre che a crescita continua, per contrastare l'usura dovuta alla raschiatura, e di molari con corona dotata di cuspidi a creste trasversali, perfetti per triturare i semi; non hanno i canini (proprio come gli uccelli granivori, infatti nessuna specie animale adatta a nutrirsi di semi possiede i denti canini). La loro mascella effettua una basculazione masticatoria longitudinale (all'opposto della specie umana) per permettere ai molari scalprodonti e alle cuspidi a creste di polverizzare la struttura del seme, sempre all'opposto della specie umana la muscolatura dell'apparato masticatorio è molto sviluppata e le differenze continuano in tutta la restante struttura dell'apparato digerente.
Ogni pianta, come del resto qualsiasi essere vivente cerca in ogni modo di salvarsi la vita (quando strappiamo delle radici stiamo uccidendo una pianta) e di non farsi amputare qualsiasi sua parte vitale, come quando tagliamo il fusto di una pianta di lattuga per mangiarne le foglie (i suoi polmoni). Pertanto ogni pianta e ogni sua parte vitale è dotata di metaboliti secondari killer (gli stessi che mette nei suoi figli, i semi) per difendersi da qualsiasi animale dovesse provare a mangiarla.
Gli erbivori sono gli unici animali che riescono a limitare i danni di queste sostanze tossiche, però anch'essi hanno una struttura digerente diversissima dalla nostra, a partire dalla dentatura selenodonte (a “raspa”) con molari a crescita continua (al contrario dei nostri), la loro mascella effettua una basculazione masticatoria latero-rotatoria, diversamente da quella della specie umana, la cui mascella effettua una basculazione laterale e non rotatoria.
Inoltre gli erbivori sono provvisti dell'enzima cellulasi, che la specie umana non ha, che serve per digerire la cellulosa, oltre ad ospitare all'interno del sistema digerente un particolare tipo di batteri (che ovviamente noi non abbiamo) che aiutano l'enzima cellulasi nella scissione molecolare della cellulosa.
Come se non bastasse la digestione delle piante erbacee è talmente complicata che necessita di un'intestino lungo 24 volte la lunghezza del loro tronco, e cioè quasi il doppio della lunghezza dell'intestino degli animali fruttivori come la specie umana.
Le differenze continuano poi in tutti gli altri organi dell'apparato digerente.
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