domenica 16 agosto 2015

La saga dell'aeroporto di Fiumicino: diossina e altri veleni dopo l'incendio

L’articolo che segue era destinato a La Stampa ma, dopo essere stato respinto con richiesta di addolcimenti, addolcimenti che vertevano su Vito Riggio ed accettati seppure di malavoglia, la pubblicazione non è avvenuta senza per questo avere spiegazioni.

di Antonietta M. Gatti

Dopo  l’incendio del Terminal 3 dell’aeroporto di Fiumicino è iniziata una saga che difficilmente terminerà in tempi brevi.

A 24 ore dall’incendio il presidente dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) ha dato l’OK per la riapertura del Terminal compresi i negozi, escluso solo il Gate D, pesantemente compromesso dall’incendio.


Dal momento dell’incidente ci sono stati più di 400 casi fra ricoveri al pronto soccorso dell’aeroporto e negli ospedali della zona, e tra i lavoratori ci sono persone che hanno fatto ricorso ai sanitari più volte.

Con un po’ di ritardo perché i rilievi sono cominciati con qualche esitazione, i dati ambientali hanno cominciato ad arrivare ed è iniziato il balletto dei numeri. Per l’ARPA e l’ISS ci sono valori d’inquinanti, per esempio per le diossine, che sforano di 30 volte il limite di sicurezza indicato dagli organi normativi, limite al di sopra del quale ci sono ufficialmente rischi per la salute. Ufficialmente vuol dire che non si discute.

Per le polveri sembra che ora vada tutto bene, anche se nessuno si è preoccupato di valutare la biocompatibilità delle particelle generate dal rogo. Indossare una giacca di plastica non pone alcun rischio per la salute, ma se la stessa giacca la incendio e tento di respirarne le esalazioni non ci riesco. In grande, molto in grande, questo è in soldoni quanto è successo a Fiumicino: materiali innocui trasformati in qualcosa di micidiale, e si vedano le valutazioni dello IARC, l’istituto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa di solo cancro, per giudicare se l’aggettivo micidiale è corretto o è l’esagerazione dei soliti allarmisti.

Giusto a titolo d’esempio delle condizioni di chi a Fiumicino ci deve stare per forza, I lavoratori della zona shopping respirano da settimane, quasi sempre senza alcun presidio protettivo, un’aria malsana per tutto il loro turno di lavoro, un turno che può arrivare alle classiche 8 ore.

Questi soggetti accusano secchezza delle fauci fino alla scomparsa della voce, il tutto accompagnato da bruciore agli occhi e lacrimazione. Alcuni hanno avuto difficoltà respiratorie importanti, qualcuno si è ritrovato ad avere la lingua scura con delle placche bianche.

Lo spasmo bronchiale che diversi di loro hanno denunciato è facile da giustificare: se i nostri polmoni inalano polveri e un cocktail di sostanze tossiche al posto dell’ossigeno, questi non gradiscono e reagiscono in modo spiacevole.

Tutti questi fatti, per evidenti e gravi che siano, trovano il presidente dell’ENAC dubbioso. Non è convinto che, se si superano i limiti normativi per gas e polveri, poi necessariamente debba succedere qualcosa al personale operante in aeroporto. Magari le 400 persone non sembrano essere un numero significativo, un numero degno di essere considerato. Magari i limiti di legge sono uno scherzo e, se fai finta di niente, niente succede. E poi sono in arrivo eserciti di turisti entro fine mese.

Così è stato chiesto in modo imperioso all’ISS e all’ARPA di dire in modo ufficiale se c’è rischio o no e di prendersi tutte la responsabilità per un’eventuale chiusura dello scalo.

Anche se ci sono eccessi di diossine fino a 30 volte rispetto al valore limite, si vedrà se è possibile andare in deroga a quei limiti, vista l’utilità dello scalo. Ma il nostro corpo è cocciuto e le deroghe proprio non le accetta. E per le diossine, poi, la situazione è molto particolare. Basterebbe confrontare i limiti di legge europei con quelli statunitensi per vedere che da noi si presume che un organismo sia capace di sopportare quantità di qualche ordine di grandezza più alto rispetto agli americani. Se, poi, si consulta la letteratura scientifica, quella vera, quella dove le cose si dicono come sono e non come fanno comodo, si scopre che il limite tollerabile è di fatto pari a zero.

Ma a Fiumicino non ci sono solo diossine: in aeroporto c’è un bel cocktail di veleni e la tossicità potrebbe mostrarsi anche non subito ma a distanza di tempo.

La cosa più saggia sarebbe attenersi al principio di precauzione. C’è stato un rogo; si sono liberati gas, polveri e una serie corposa di altri inquinanti sicuramente tossici. Quindi non bisogna inalarli o ingerirli. Non si può credere che il presidente dell’ENAC, pur non esperto di problemi sanitari, non riesca a capire questi semplici concetti. Ci sono già state delle evidenze cliniche reali e importanti: quindi, si dovrebbero prendere delle precauzioni per chi là dentro lavora e, magari, anche per chi là dentro aspetta o anche solo transita.

Chissà se il presidente dell’ENAC si rende conto che, nel caso in cui ci fossero degli effetti sulla salute umana a lungo termine, qualcuno potrebbe chiedergliene conto.


http://www.stefanomontanari.net/sito/blog/2721-la-saga-dellaeroporto-di-fiumicino.html

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