Il 4 agosto il colonnello Sergio De Caprio, meglio noto con il nome di capitano Ultimo, è stato sollevato dal comando del Noe. Solo un mese prima Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato l’intercettazione tra il numero 2 della Gdf Adinolfi e il premier Renzi nell’ambito dell’inchiesta di Napoli sulla Cpl Concordia, condotta proprio dal Noe.
Sconcertanti le modalità del siluramento di Ultimo, fatto fuori con una lettera del Comando generale dei carabinieri datata 4 agosto viene sollevato dalla guida operativa dei suoi duecento uomini del Noe, addestrati a perseguire reati ambientali, ma anche straordinari segugi capaci di scovare tangenti, abusi, traffici di denari e di influenza. La firma sulla lettera è del generale Tullio Del Sette, il numero uno dell’Arma. Stabilisce che da metà agosto il colonnello De Caprio non svolgerà più funzioni di polizia giudiziaria, manterrà il grado di vicecomandante del Noe, ma senza compiti operativi. Motivo? Non specificato, normale avvicendamento. Anzi: “Cambiamento strategico nell’organizzazione dei reparti”. Cioè? Frazionare quello che fino ad ora era unificato: il comando delle operazioni.
Uomini che stanno nel cuore delle più clamorose inchieste di questi ultimi anni sull’eterna sciagura italiana, la corruzione ad esempio quella sul tesoriere della Lega Francesco Belsito,
Scontata la reazione di De Caprio che in data 18 agosto, prende commiato dai suoi reparti con una lettera avvelenata contro i “servi sciocchi” che abusando “delle attribuzioni conferite” prevaricano “e calpestano le persone che avrebbero il dovere di aiutare e sostenere”. Lettera destinata non a chiudere il caso, ma a spalancarlo in pubblico.
Ultimo ha trasformato i Nuclei operativi ecologici a sua immagine, macinando indagini, rivelazioni e facendo cadere nella sua rete nomi altisonanti: l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, Giuseppe Orsi, l’amministratore delegato di Finmeccanica, Luigi Bisignani discusso finanziere, Alfonso Papa, deputato Pdl.
Le sue ultime indagini riguardavano il tesoro di Massimo Ciancimino seguito fino in Romania; quelle su una banda di narcotrafficanti a Pescara, Roberto Maroni, il presidente di Regione Lombardia, accusato di abuso di ufficio per aver fatto assumere due sue collaboratrici grazie a un concorso appositamente truccato e , infine, quella sulla Cpl Concordia, ricca cooperativa rossa che incassava appalti in mezza Italia, distribuiva consulenze e teneva in conto spese il sindaco pd di Ischia, Giosi Ferrandino, e comprava vino e libri da un amico speciale, l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema. appartengono a queste indagini due intercettazioni importantissime; quella tra Renzi e il generale della Gdf Adinolfi, nella quali l’allora soltanto leader del Pd svelava l’intenzione di fare le scarpe a Enrico Letta per spodestarlo da Palazzo Chigi e quella relativa a un pranzo tra lo stesso Adinolfi, Nardella (allora vicesindaco di Firenze), Maurizio Casasco (presidente dei medici sportivi) e Vincenzo Fortunato (il superburocrate già capo di gabinetto del ministero dell’economia) in cui si faceva riferimento a ricatti attorno al presidente Napolitano per i presunti “altarini” del figlio Giulio.
“Tutto vanificato”- scrive Il Fatto Quotidiano-” ora per il “cambiamento strategico nell’organizzazione dei reparti”. Motivazione d’alta sintassi burocratica che a stento coprirà gli applausi della variopinta folla degli indagati (di destra, di centro, di sinistra) e la loro gratitudine per questa inaspettata via d’uscita che riapre le loro carriere, mentre chiude quella di Sergio De Caprio
http://www.net1news.org/cronaca/silurato-il-capitano-ultimo-nelle-sue-indagini-i-nomi-di-renzi-napolitano-e-dalema/
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