Igloo o zucche? Da via Melchiorre Gioia, dove finisce il Naviglio, basta percorrere via Tarvisio e salire sul ponte che scavalca la ferrovia. Da qui sopra, guardando verso piazza Carbonari, sulla destra si notano delle piccole cupole rosse nascoste tra gli altri palazzi. Sono loro le casette a igloo, chiamate anche case a zucca per la copertura rossa del tetto, realizzate dall’ingegnere Mario Cavallè nel 1946 sull’esempio di casette realizzate negli Stati Uniti. (Richard Buckminster Fuller)
Se non le avete mai viste, prendete carta e penna e programmate la vostra prossima gita in Martesana alla ricerca delle case a igloo.
Igloo con giardino. «Una casetta piccola, a forma di sogno, che fa sorridere chi ci passa vicino. Sorridere e provare un po’ di invidia». Così descrive le abitazioni di via Lepanto Micol Beltramini nel suo 101 cose da fare a Milano.
Oggi delle 12 case originarie ne sopravvivono solo 8, di cui una con ingresso in via Stefini, per amore dei fotografi. Le altre, attorniate dal loro piccolo giardino, quasi non si notano più dietro agli alberi ormai più alti dei loro tetti.
Disegnare lo spazio. Stando ad osservarle dalla strada sembra di fare un viaggio indietro nel tempo, quando l’architettura cercava soluzioni minimali e innovative per rendere più confortevoli spazi angusti. L’interno infatti non si può certo definire spazioso.
Eppure, a suo modo, Cavallè divise lo spazio interno di circa 45 metri quadrati in modo ancora oggi funzionale: due livelli, uno seminterrato a cui si accede dall’esterno, l’altro a livello strada composto da ingresso, mini bagno, cucina con soggiorno e camera da letto. Nelle foto storiche di Getty si vede bene l’interno… e sembra perfino più ampio di quello che si immagina!
Funghi come case. Non contento delle sue case igloo, l’ingegnere Cavallè si spinse ancora più in là e realizzò un altro tipo di abitazioni ancora più fantasiose. Si tratta delle case a forma di fungo. Sì, avete capito bene… avete presente i funghetti velenosi per antonomasia, l’Amanita Muscaria? Anche le due case a fungo avevano un primo piano che fungeva da gambo e un secondo colorato di rosso con poix bianchi che formava il cappello del fungo. Purtroppo delle due case sono rimaste solo le foto. Ironia della sorte furono demolite dal figlio di Mario Cavallè all’inizio degli anni ’60.
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