Per capire quanto incidano le diseguaglianze economiche e sociali sulla salute basta un dato su tutti: i maschi italiani laureati possono sperare di vivere 3 anni in più rispetto a chi non è andato oltre l’istruzione obbligatoria
Ancora, «esempi analoghi si osservano anche in altre aree metropolitane», perché ammalarsi, curarsi, fare prevenzione o non subire danni da stress lavorativo dipende più di quanto possa immaginarsi dalle condizioni sociali
A rilevarlo è il Rapporto “L’Italia per l’equità nella salute” promosso dal Ministero della salute e realizzato da una task force composta da Istituto superiore di sanità, Aifa, Agenzia per i servizi sanitari regionali e Inmp, l’Istituto per il contrasto delle malattie nella povertà
Una fotografia delle diseguaglianze evidenti quando parliamo di patologie gravi, favorite da stili di vita insalubri, più diffusi tra i ceti meno abbienti e poco istruiti
L’Aids ad esempio tra le donne a basso tasso di istruzione miete vittime quasi sei volte tanto che tra i laureati
Il diabete circa quattro volte di più e nel tumore allo stomaco i casi sono doppi sia tra gli uomini che tra le donne
Tra le persone con reddito superiore alla media, la metà della popolazione inizia a dichiararsi non più in buona salute intorno ai 70 anni
Tra quelle a basso reddito ci si comincia a sentire acciaccati tra i 60 e i 64
Poi ci sono i fattori di rischio psicosociale
Nella provincia torinese la percentuale di persone esposte a stress lavorativo tra gli operai è doppia rispetto a quella riscontrata tra gli impiegati
E il passaggio da quella condizione al disturbo psichico vero e proprio è breve
Diseguali siamo anche davanti alle cure e agli accertamenti per prevenire le malattie
Le barriere economiche si fanno insormontabili per i pazienti a basso reddito quando parliamo di cure dentarie o di liste d’attesa troppo lunghe che dirottano nel privato
O ancora quando bisogna fare un accertamento prima che un grave problema di salute venga diagnosticato, esonerandoci così dai super-ticket
Fatto è che il 7,8% degli italiani, circa cinque milioni, ha rinunciato a curarsi
Le differenze comunque non finiscono qui
Gli italiani meno istruiti ricorrono più spesso alle visite generiche e all’ospedale, meno agli esami diagnostici e alle visite specialistiche, dove ticket e liste d’attesa fanno da ostacolo
Così tra i meno abbienti cresce anche il tasso di cure inappropriate
«E’ emerso un problema di deprivazione ma se riusciamo ad intervenire in modo selettivo su 6-7 milioni di persone sarà un cambio di rotta per il Paese», ha detto il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin. Che intanto è pronta a presentare un nuovo piano taglia-liste d’attesa
http://www.lastampa.it/2017/12/01/italia/cronache/di-fronte-alla-malattia-non-siamo-tutti-uguali-la-speranza-di-vita-dei-laureati-di-anni-in-pi-k1p7WOQQFMDGsSFe31hfAK/pagina.html
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