Nei supermercati, come nella piccola distribuzione, i sacchetti per imbustare frutta e verdura saranno sostituiti dagli shopper biodegradabili
Lo scorso agosto è stata approvata la legge di conversione 123/2017 (decreto legge Mezzogiorno) che recita: “Le borse di plastica in materiale ultraleggero non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti imballati per il loro tramite” (art.9 bis). I sacchetti leggeri e ultraleggeri, con spessore della singola parete inferiore a 15 micron, debbano avere anche un contenuto minimo di materia prima rinnovabile di almeno il 40% (50% a partire dal 2020 e il 60% dal 2021) ed essere idonei per uso alimentare
La norma riguarda piccoli negozi ed imprese della grande distribuzione che applicheranno sui sacchetti un prezzo compreso tra uno e 5 centesimi
Una delle poche ad aver reso noto ufficialmente il prezzo dei sacchetti è l’ Unicoop Firenze pari ad un centesimo; Auchan si sta orientando sulla cifra di 2-3 centesimi, mentre nei piccoli esercizi il prezzo potrebbe sfiorare i 10 centesimi
Per gli esercenti che violano le nuove regole è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 25mila euro, che può arrivare a 100mila euro se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di borse di plastica o un valore di queste ultime superiore al 10% del fatturato del trasgressore
Per ragioni igieniche sarà vietato ai consumatori di portare da casa i sacchetti per imbustare frutta e verdura
L’obbligo di pagare i sacchetti infatti sarà accompagnato dal divieto di riutilizzo delle buste biodegradabili per ragioni igieniche, come chiarisce il ministero dell’Ambiente in una nota di chiarimento inviata alla Gdo
Ma le associazioni ambientaliste: “L’innovazione ha un prezzo ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento ma sia garantito un costo equo che si dovrebbe aggirare intorno ai 2/3 centesimi a busta. Occorre affrontare con efficacia il problema dell’usa e getta e contrastare il problema dei sacchetti illegali. Si spera che l’Italia continui a seguire la strada tracciata in questi anni basata sulla corretta gestione dei rifiuti da parte dei comuni, l’economia circolare promossa dalle imprese e il contrasto al marine litter, grazie anche alle ultime novità arrivate dalla legge bilancio” dice Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente
L’Italia infatti si è dimostrata un esempio virtuoso in Europa per la riduzione dell’uso delle buste di plastica
E’ stata il primo paese europeo ad approvare nel 2011 la legge contro gli shopper non compostabili e ad oggi, anche se la misura non è del tutto rispettata, c’è stata una riduzione nell’uso di sacchetti del 55%
Ma resta in Europa un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti e la maggior parte di questi finiscono in mare e sulle coste
Dal 1° gennaio 2018 i consumatori dovranno dire addio ai sacchetti distribuiti gratis nel banco self-service di frutta e verdura dei supermercati
La nuova legge recepisce una direttiva europea (art. 9 bis d.l. n. 91/2017 ) e impone l’uso esclusivo di buste biodegradabili e compostabili (*)
Le nuove shopper – precisa la norma – non potranno essere regalate come avviene adesso, ma dovranno essere vendute e il prezzo va riportato sullo scontrino
La multa oscilla da 2.500 a 25 mila € ma può arrivare a 100 mila €
La questione è destinata ad avere un’ampia eco, perché il 66% degli italiani acquista la frutta e verdura al supermercato e oltre l’80% ritiene quella sfusa “più sana” rispetto a quella in vaschetta
Secondo una ricerca realizzata da Ipsos per Novamont la novità non dispiace al 58% degli italiani, che però ritengono equo pagare per ogni busta un importo massimo di 2 centesimi di euro
I problemi sollevati dalla nuova legge sono diversi. Il primo riguarda il prezzo. Ipotizzando un costo di 2 centesimi (quanto ritenuto equo dai consumatori intervistati) e considerando che una famiglia di 3 persone ne utilizza 50 al mese, la spesa mensile sarebbe di 1 €
Sappiamo che i sacchetti di plastica per l’ortofrutta attualmente in uso e distribuiti gratuitamente costano al supermercato poco più di 1 centesimo di euro. Dal 1° gennaio queste buste saranno sostituite da quelle biodegradabili che costano 2 centesimi. Facendo i conti si scopre che alla fine la grande distribuzione ne trae comunque un vantaggio economico, perché copre i costi di acquisto dei sacchetti bio vendendoli, e non deve più accollarsi la spesa delle buste di plastica che prima distribuiva gratis
A questo punto le catene che decideranno di fare pagare più di 2 centesimi la busta avranno molte difficoltà a giustificare la scelta
Il ragionamento che abbiamo fatto è semplice ma non bisogna dare nulla per scontato. I supermercati da anni applicano un pesante ricarico sulle shopper vendute alle casse, le comprano a 5 a 7 centesimi di euro e le vendono a 10-15! Considerando che il fatturato dell’intera filiera dei sacchetti supera i 300 milioni di euro l’anno, forse esiste anche un guadagno.
Un altro mito da sfatare è quello della fragilità dei sacchetti bio, che in realtà hanno caratteristiche del tutto simili a quelli di plastica
La resistenza dipende dalla spessore del materiale e non dalla materia prima
I consumatori devono pretendere dai supermercati di comprare sacchetti per l’ortofrutta biodegradabili con un buon livello di resistenza per poterli riutilizzare in casa come contenitori per il rifiuto umido
Il riutilizzo è forse la novità più rilevante del provvedimento
Nelle città dove si pratica la raccolta differenziata dell’organico le persone comprano i sacchetti pagandoli 13-15 centesimi l’uno
Da gennaio sarà possibile utilizzare per l’umido di casa quelli dell’ortofrutta pagati 2 centesimi di € e, in alternativa, quelli venduti alle casse dei supermercati a 10 centesimi l’uno
Facendo bene i conti alla fine per molte famiglie l’operazione potrebbe risolversi in un vantaggio economico
Una questione irrisolta riguarda l’etichetta del prezzo da appiccicare sul sacchetto, che adesso non è biodegradabile
La norma non dice nulla al riguardo, ma considerando lo spirito della legge europea votata alla salvaguardia dell’ambiente, è auspicabile l’uso di etichette compostabili di materiale simile a quello dei bollini presenti su alcuni marchi di banane e mele
Il problema non risolto riguarda sia la carta termica (che spesso contiene bisfenolo) e anche la colla adesiva a base acrilica non biodegradabile
Ci sono sistemi evoluti che usano carta senza supporto e senza bisfenolo, ma resta la questione della colla adesiva
A parer nostro le catene di supermercati devono modificare il sistema attuale e usare per le etichette del prezzo materiali il più possibile biodegradabili, eliminando i componenti tossici (bisfenolo) e riducendo al minimo la presenza di sostanza non biodegradabili, in attesa di migliorie tecniche su cui si sta lavorando
Utilizzare le etichette attuali sui sacchetti bio vuol dire renderli non più utilizzabili per la raccolta dell’umido a livello domestico
C’è chi pensa di toglierle ma è un lavoro inutile, perché il contenitore si lacera
(*) Sacchetti e shopper per la spesa dovranno contenere almeno il 40% di materia prima da fonte rinnovabile. La percentuale salirà al 50% nel 2020 e al 60% dopo. Per i sacchetti destinati a venire a contatto con il cibo è richiesta l’idoneità alimentare
https://www.teleambiente.it/sacchetti-frutta-verdura-oggi-pagamento/
http://www.ilfattoalimentare.it/sacchetti-ortofrutta-bio-prezzo.html
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