venerdì 1 giugno 2018

Corte UE STANGA L'ITALIA: mancano le FOGNE in 100 CITTA', multa da 25 milioni €


La Corte di giustizia ha ribadito che l'Italia è inadempiente per il sistema fognario e il trattamento delle acque reflue
Le città non in regola sono soprattutto in Siclia, Calabria e Campania


Nuova sonora bocciatura dell'Italia in campo ambientale da parte dell'Europa

La Corte di giustizia della Ue ha infatti inflitto una maxi multa da 25 milioni di euro, 
più 30 milioni per ogni semestre, 165 mila euro al giorno, 
per il ritardo nella messa a norma di oltre 100 centri urbani o aree sprovvisti di reti fognarie o sistemi di trattamento delle acque reflue

In gran parte in Sicilia, seguita da Calabria e Campania

L’Italia era già stata condannata dalla Corte nel 2012 e deferita per la seconda volta dalla Commissione europea per una procedura di infrazione cominciata nel 2004

Invano
A oltre sei anni di distanza dalla prima sentenza, fa notare la Corte, il numero degli agglomerati non conformi si è ridotto da 109 a 74, ma è comunque grande il ritardo nel seguire le disposizioni Ue, che si applicano dal 31 dicembre 2000

 Inoltre l’Italia è già stata condannata dalla Corte per la gestione inadeguata delle acque di scarico urbane e ha in corso due procedure di infrazione per lo stesso motivo, una delle quali ha portato a una prima sentenza nel 2014

Per questi motivi i giudici hanno stabilito la multa che è comunque la metà di quella prevista dalla Corte nel 2012 e che arrivava a 62 milioni oltre a 61 per ogni semestre

Perché nel frattempo qualcosa è stato fatto
Il ministro dell'Ambiente, esercitando i poteri 
sostitutivi previsti dallo "Sblocca Italia", tra aprile 2015 e luglio 2016 ha nominato sei commissari straordinari per 94 interventi

Ma non è bastato
Così nel aprile 2017 è stato nominato commissario unico il professor Enrico Rolle e nel luglio successivo sono stati presentati i cronoprogrammi che prevedono l'adeguamento degli agglomerati entro il 2023

Qualcosa, dunque, si è mosso ma non a sufficienza per evitare la multa

La Corte ritiene che l’inadempimento dell’Italia, oltre ad esser durato quasi sei anni, sia particolarmente grave per il fatto che l’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane sono idonee ad arrecare pregiudizio all’ambiente

Per uscire da questa situazione sono stati programmati 124 interventi dei quali ben 89 in Sicilia, 16 in Calabria, 9 in Campania, 5 in Puglia, 2 in Friuli e Liguria, 1 in Abruzzo

Ma solo 12 sono stati ultimati


I giudici avevano già constatato una prima volta l'inadempimento dell'Italia in una sentenza del 2012: allora avevano stabilito che la Repubblica, non avendo garantito che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle norme, è venuta meno agli obblighi previsti dalla direttiva

Dato che alla scadenza del termine, l'11 febbraio 2016, l'Italia non aveva ancora preso le misure necessarie per adeguarsi alla sentenza del 2012, la Commissione Europea ha fatto un secondo ricorso alla Corte, chiedendo di multare Roma. Oggi la Corte constata che, alla data limite, l'Italia non aveva preso tutte le misure necessarie

Nel frattempo gli agglomerati fuori norma sono stati ridotti, da 109 a 74: le uniche due regioni in cui tutti gli agglomerati abitati rispettano le norme sono Emilia Romagna e Molise

Per la Corte l'inadempienza dell'Italia, oltre ad essere durata quasi sei anni, è particolarmente grave per il fatto che l'assenza o l'insufficienza di sistemi di raccolta o di rattamento delle acque reflue urbane provocano danni all'ambiente, cioè agli stessi cittadini italiani, oltre che alle attività turistiche

La Corte sottolinea, in particolare, che il numero di agglomerati è ancora significativo


“La multa ha radici lontane, nella mancanza di investimenti negli ultimi 60 anni
Salvo un breve periodo a inizio degli anni ’80 di finanziamenti speciali per il Mezzogiorno, solo oggi grazie all’esistenza di un’Autorità di regolazione, possiamo dire che si sta migliorando

È questa la causa del gap infrastrutturale che oggi ci porta ad essere nuovamente bacchettati dall’Ue
Bisogna mettersi in regola, anche perché pagare per avere impianti adeguati è meglio che continuare a ‘regalare’ soldi in sanzioni comunitarie”

Così commenta Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia (l’associazione delle imprese di acqua energia e ambiente)

“Gli investimenti sono ripartiti da quando l’Arera ha varato il Metodo Tariffario – dice Colarullo – che consente di calcolare gli effetti economici delle scelte industriali, ma siamo ancora molto lontani dal recupero del nostro ritardo

In particolare le sanzioni Ue si concentrano in quella parte del Paese, le regioni meridionali, nel quale prevalgono gestioni dirette di Enti Locali anziché di aziende strutturate

E poi bisognerà stare attenti a non passare dalle multe sulla depurazione a quelle sui fanghi

Il direttore di Utilitalia ricorda che c’è una questione aperta su una bozza di decreto relativo ai fanghi di depurazione, ovvero sui fanghi che residuano dalla pulizia delle acque

“L’Italia deve decidere come si possano smaltire

In un’ottica di economia circolare si possono usare per produzione di biocarburanti o per l’agricoltura

Oppure si può portarli a incenerimento o in discarica
In ogni caso l’iter della bozza di questo decreto è nelle mani dei Ministri dell’ambiente, dell’agricoltura e dello sviluppo economico del prossimo Governo, che dovranno tener dare indicazioni su cosa fare oggi per evitare di trovarci domani a pagare multe anche per questo”

Nei fanghi – spiega Utilitalia – si concentrano sostanze utili in agricoltura (nutrienti per il terreno) che dovrebbero altrimenti essere aggiunte per via chimica (fertilizzanti, concimi minerali)

L’utilizzo dei fanghi in agricoltura, con il rispetto delle normative nazionali ed europee, consente quindi di “chiudere il cerchio” ovvero di restituire al terreno le sostanze che ci sono servite per l’alimentazione

I fanghi vengono anche usati nella produzione di compost, un materiale stabile e igienizzato, pronto per l’utilizzo in agricoltura o nel florovivaismo

 “I gestori degli impianti di depurazione  – conclude Colarullo –  si augurano che le norme, a tutela degli utenti e dell’ambiente , siano approvate prima possibile

È anche un passaggio culturale importante, quello di pensare in chiave di economia circolare

Occorre applicare all’acqua gli stessi principi che già si applicano ai rifiuti: 
ridurre gli scarti e riutilizzarli per quanto possibile”













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