«”Si vota per una persona e non per un partito, per un’idea e non per un’ideologia, per il futuro e non per il passato”, diceva Jaques Seguela. Questo ci era molto chiaro ed è la linea che abbiamo tenuto in tutta la campagna». Una linea che nel 1982, quando Chiara Appendino e quasi tutto il suo staff non erano nemmeno nati, premiò la campagna di comunicazione di François Mitterand e dello slogan «La force tranquille» che Seguela, storico pubblicitario francese, aveva coniato per lui.
Se Chiara Appendino ha vinto le elezioni è anche grazie al lavoro di uno staff che, per quanto giovane, sa applicare le regole della comunicazione. La strategia c’è, eccome, e c’è anche lo storytelling, la capacità di costruire una narrazione che seduca e in cui si riconoscano migliaia di elettori. Una narrazione che, rivendica la squadra grillina, è partita dalle caratteristiche della candidata che è stata solo aiutata “a mostrarsi per come è veramente”
A spiegarlo è Xavier Bellanca, attivista da 6 anni, 29 anni, laureato in filosofia, master in Comunicazione e Media. In molti si sono chiesti in campagna elettorale: ma perché Chiara Appendino non è più aggressiva? La nuova sindaca non ha cavalcato alcune vicende che avrebbero potuto mettere in difficoltà il rivale Piero Fassino, certamente avrebbero potuto portarle consensi (vedi le magagne legate al Salone del Libro e la vendita del Padiglione V). Gli attacchi sono stati pochi, studiati e, soprattutto, quasi mai sono state repliche al rivale: l’agenda della discussione, gli argomenti, li ha sempre imposti lei. Tutto questo è frutto di «una precisa scelta editoriale», spiega ancora Bellanca: «Non c’era alcun motivo di attaccare, era molto più semplice parlare del nostro programma. In comunicazione politica – aggiunge – bisogna sempre essere quanto più in linea possibile con il carattere e la natura del candidato. Chiara non è polemica, non attacca se non per motivi più che fondati e sempre con un approccio costruttivo. Non c’era alcun motivo di snaturare ciò, anche quando i dati ci dicevano che poteva essere conveniente farlo».
Bellanca si è occupato soprattutto degli aspetti digitali della campagna. Ed è l’autore del testo che si legge sui cartelli dell’ultimo video postato dai 5 Stelle, visto da oltre 2 milioni di persone.
Partito da un’idea del marito di Chiara, Marco, e di Caterina Pregliasco (anche lei nello staff) mentre Maura Paoli (neo-eletta in consiglio comunale) ha girato e montato le riprese. Anche il video costruisce una narrazione: «Prima ci hanno ignorato, poi deriso, infine attaccato». Soprattutto, propone un candidato muto alla fine di una campagna in cui tutti si dichiaravano stanchi di sentire fiumi di parole. Ancora una volta, è riuscito nella sfida di imporre gli argomenti alla parte avversaria. Anche la polemica sulla presunta contrapposizione tra povertà e cultura non ha fatto altro che far girare il video, le immagini e i temi lanciati da Appendino, che aveva gioco facile, con un prodotto appositamente studiato per i social, più calzante sui social dei pannelli rossi con i (troppi) numeri dell’amministrazione Fassino rilanciati dai social dei rivali.
«Io credo - dice Bellanca - che siamo riusciti nella sfida più difficile di tutte le campagne: definire una narrazione e rimanere coerenti anche quando le cose sembrano non andare o gli eventi prendono il sopravvento. La campagna è partita con un’analisi dei dati (durata tutta la campagna) e la creazione di una strategia di lungo termine con obiettivi di comunicazione ed elettorali precisi. Si è articolata in una definizione dello scenario, delle peculiarità del candidato, nella definizione del tono di voce, in un costante ascolto del web attraverso specifici strumenti (web listening), in una attenta creazione dei contenuti in modo che fossero immediatamente riconoscibili e in una fortissima pratica di dialogo con gli utenti».
Scelte studiate, parole mirate, un’ottimizzazione delle risorse economiche «attraverso le sponsorizzazioni online per le quali abbiamo creato dei micro-target a cui rivolgerci: ogni utente vedeva le parti del programma che erano più vicine ai suoi interessi».
Insomma, non c’era nulla di improvvisato. La «spontaneità» di Chiara Appendino nasce dunque a tavolino? Per il giovane Bellanca è il contrario e rivendica l’ingrediente fondamentale della loro campagna elettorale: «Un costante presidio del territorio da parte di Chiara e di tutti gli attivisti. Perché puoi avere quanti like vuoi, ma se i cittadini non ti guardano negli occhi e non ti stringono la mano, non ti votano».
http://www.lastampa.it/2016/06/21/italia/speciali/elezioni/2016/amministrative/il-messaggio-di-speranza-ha-vinto-sulle-polemiche-infondate-TIe4rDvGJDSfXvk9zuQ4DK/pagina.html
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