Nei giorni peggiori, in Cina, i colori scompaiono e si fatica a vedere a 50 metri di distanza. Tutti vorrebbero lasciare le città, ma è impossibile
CECILIA ATTANASIO GHEZZI
PECHINO
Come i britannici parlano del tempo, a Pechino si parla di smog. Si discute animatamente delle migliori maschere in commercio, della frequenza con cui si cambiano i filtri per i purificatori d’aria o dei nuovi misuratori portatili di microparticelle. Chiunque ha sullo smartphone almeno un’applicazione che lo tiene aggiornato sul livello di pericolosità raggiunto dall’inquinamento atmosferico. Si confrontano i dati e ci si improvvisa meteorologi.
Le città fantasma
Le giornate grigie condizionano l’umore e la vita di 460 milioni di persone della Cina settentrionale. E anche la loro percezione della realtà. I colori scompaiono e quando il livello sale si fatica a vedere ad appena cinquanta metri di distanza. Le strade si svuotano e gli edifici simbolo della città scompaiono. In uno scenario fantascientifico le insegne luminose si trasformano in aloni colorati. L’aria puzza. Frequenti emicranie e un costante principio di vomito accompagnano chi è costretto a rimanere all’aperto.
In giorni come questi tutti parlano di lasciare la città. E invece no. Sei intrappolato. Le autostrade sono chiuse, i voli cancellati per assenza di visibilità. «Dove pensate di andare?» ironizza qualcuno su Weibo, il Twitter cinese. Qualcun altro rincara sarcastico: «Non siate naïf, con questo smog non riuscireste nemmeno a trovare la porta di casa».
Allerta rossa
Il 16 dicembre l’agenzia di stampa Xinhua ha twittato il «timelapse» di quello che ha classificato come «un disastro meteorologico» sui cieli della capitale e ha titolato: «Lo smog sta invadendo Pechino».
Il governo ha dichiarato l’allerta rossa per 23 megalopoli del Nordest cinese fino al 21: niente scuola, targhe alterne, cantieri e autostrade chiusi e 1200 fabbriche costrette a chiudere o a dimezzare la produzione.
Nonostante tutto questo, lunedì sera nel capoluogo dello Hebei, la regione che circonda Pechino, il livello di polveri pm 2,5 (quelle più pericolose perché penetrano in profondità attraverso le vie respiratorie) ha superato i mille microgrammi per metro cubo, ovvero era 40 volte più alto del livello massimo tollerabile definito dall’Organizzazione mondiale della Sanità che è di «appena» 25 microgrammi per metro cubo.
Martedì nella capitale il livello ha stazionato sempre sopra i 400. Gli ospedali sono attrezzati per un aumento dei ricoveri per difficoltà respiratorie.
L’epidemia silenziosa
Sono anni che a Pechino si parla di «airpocalipse» e il problema non è certamente confinato a capitale e dintorni. Si calcola che in Cina, a causa dello smog, muoiano prematuramente tra le 300 mila e il milione di persone.
Una vera e propria epidemia che infiamma l’opinione pubblica come niente prima d’ora. Flash mob studenteschi mettono mascherine alle statue e ai leoni di pietra che vigilano gli ingressi degli edifici tradizionali.
Ci sono blogger che scattano la stessa foto tutti i giorni e poi le affiancano in un inquietante mosaico che mostra quanto siano rari i giorni di cielo blu.
Sui Moments di WeChat, una piattaforma simile a Facebook, è un gioco collettivo tratteggiare sulle foto i contorni degli edifici resi invisibili dalla coltre di smog.
I bar e le caffetterie offrono «airpocalypse happy hours» o cercano di attirare i clienti esponendo un cartello su strada: purificatori d’aria all’interno.
Ci sono persino siti che ti insegnano come costruire da solo un purificatore.
Vivere con la maschera
E poi, a tutto ci si abitua. In Cina ormai le maschere sono diventate un accessorio come un altro. Diversi stilisti le hanno inserite nel loro catalogo e può succedere di vederle sulle passerelle delle sfilate di moda.
Gli uffici più grandi le forniscono ai propri impiegati e non è raro che qualcuno ti offra una maschera usa e getta se hai dimenticato la tua.
Persino il governo sta cercando di porre rimedio. Nel piano quinquennale lanciato quest’anno, c’è l’obiettivo di ridurre l’inquinamento del 18 per cento entro il 2020.
Nell’attesa ai cittadini non rimane che rimanere in casa e accendere i purificatori. E aspettare che tiri forte il vento.
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