La Repubblica di Siena nacque nel 1125, anno in cui venne deposto il vescovo, allora a capo della città e del contado attorno ad essa.
Fu nominato un governo consolare per amministrare lo Stato nel suo primo periodo: nel 1125 la carica di Consul Sænensis fu attribuita a Manco.
Convenzionalmente è indicato il 1186 come l'anno del riconoscimento ufficiale del nuovo Stato da parte del Sacro Romano Impero, anno in cui l'Imperatore Federico Barbarossa concesse la possibilità di battere moneta e di eleggere liberamente i consoli.
Nel 1199 il governo consolare fu sostituito dall'esecutivo podestarile, retto per la prima volta da Malapresa da Lucca.
Nella prima parte del XIII secolo Siena strinse alleanza con Perugia, Orvieto e con gli Aldobrandeschi. Nel 1228 venne sancito un accordo con Pisa, Pistoia e Poggibonsi (chiamata Poggio Bonizio). Gli scontri con la repubblica di Firenze si susseguirono, momentaneamente conclusi nel 1201 con la pace di Fonterutoli, rotta però pochi anni dopo da Firenze. Nel 1224 Siena conquistò Grosseto, allargando così i suoi confini territoriali. Dieci anni più tardi prese il potere il Governo dei Ventiquattro, un governo ghibellino formato da dodici borghesi e dodici popolani rimasto alla guida della città fino al 1270.
Guelfi e ghibellini
La ghibellina Siena poteva contare come alleato principale sul re Manfredi di Sicilia, capo in pectore della Dinastia Sveva, figlio di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia della famiglia aleramica dei Lancia. In Toscana, Siena confidava altresì su altri cobelligeranti, come le ghibelline Pisa, Arezzo e Pistoia; tra i centri minori, la appoggiavano Poggibonsi, Montepulciano e Montalcino. La situazione politica in Toscana era molto instabile fin dall'inizio del Duecento. La fazione ghibellina, sparsa in tutta la regione, trovò in Siena e Pisa due roccaforti.
Le mire espansionistiche di Firenze, acuite dai conflitti economici con Siena, fecero innalzare il livello del conflitto tra ghibellini e guelfi, che culminò nella nota battaglia di Montaperti: il 4 settembre 1260 la Siena ghibellina, insieme ai suoi alleati, sconfisse lo schieramento guelfo fiorentino.
L'ampliamento territoriale conseguente fu notevole: Siena acquisì le terre di Montalcino, Montepulciano, Colle di Val d'Elsa, Casole d'Elsa, Talamone, Poggibonsi, Campiglia d'Orcia, Castiglioncello e Staggia Senese. Ma quello che parve rappresentare l'esordio dell'egemonia ghibellina sulla Toscana si dimostrò presto un'occasione mancata per Siena e le altre città ghibelline toscane.
Nel giro di pochi anni infatti la fazione guelfa riprese il potere in Toscana e già nel 1269 Siena subì una sconfitta da parte di Firenze nella battaglia di Colle di Val d'Elsa, durante la quale trovò la morte il comandante senese Provenzano Salvani. Nell'estate del 1270 la città sopportò l'assedio dei guelfi ed il 15 agosto dovette cedere alle truppe del re di Napoli Carlo I d'Angiò. Nacque quindi il nuovo Governo dei Trentasei (espressione della classe dei mercanti) del quale potevano far parte solo i guelfi dichiarati; nel 1277 i trentasei escludono espressamente dal governo i casati nobiliari. Nel 1280 si addivenne alla costituzione del Governo dei Quindici, in carica fino al 1286 e sostituito dal Governo dei Nove.
Siena, lacerata dalle lotte interne tra guelfi e ghibellini, con l'instaurazione del Governo dei Nove (espressione di un centinaio di famiglie guelfe, con l'esclusione dei nobili) diventò guelfa. Si inaugurò così un periodo di relativa calma e prosperità economica, tra i più fecondi e prolifici per la Repubblica
Il susseguirsi di gravi epidemie, insieme ad una grave crisi economica, portò la comunità senese esclusa dal governo a ribellarsi. I Nove vennero sostituiti nel 1355 da un Governo dei Dodici (dodici rappresentanti del popolo, assistiti da dodici nobili), rimasto in carica per pochi anni.
Instabilità politica
Dopo i Nove vi fu una fase di seria precarietà politica. Nel 1368 sorse il breve Governo dei Tredici, un sorta di dittatura nobiliare composta da dieci nobili e tre rappresentanti del popolo; rimasero in carica per pochissimo tempo: nel 1369 fu istituito il Governo dei Quindici, riformatori che diedero vita ad una vera assemblea democratica dalla quale non facevano parte i nobili. Dal 1385 al 1399 il governo di Siena fu affidato ai priori (dapprima dieci, poi undici, infine dodici).
L'autonomia
Dopo una brevissima parentesi durata appena cinque anni sotto la signoria dei Visconti (1399-1404), Siena riprese la propria autonomia. Intanto, nel 1471, un trattato tra la la Repubblica di Siena e la Contea di Santa Fiora sancì l'alta sovranità della prima sulla seconda, lasciandola comunque indipendente. Il mutato scenario quattrocentesco fece sì che anche Siena avesse la sua signoria dal 1487 al 1525, con Pandolfo Petrucci ed i suoi discendenti Borghese (1512-15), Raffaello (1515-22), Francesco (1522-23) e Fabio (1523-25). Anche questa esperienza sarà effimera e con il 1525 si registrò un ritorno alle antiche istituzioni repubblicane.
Sconfitta nella guerra di Siena
La lenta decadenza della repubblica di Siena, avvelenata da lotte intestine e dalla perdita di competitività commerciale, raggiunse l'epilogo con la Battaglia di Scannagallo. Le truppe senesi guidate dal fiorentino Piero Strozzi cedettero all'esercito ispano-mediceo assoldato dal duca di Firenze, Cosimo I de' Medici, comandato dal capitano di ventura Gian Giacomo Medici, che già da diversi mesi aveva stretto d'assedio la città di Siena.
Siena si arrese definitivamente al nemico il 21 aprile 1555, e circa seicento famiglie di gentiluomini locali, dopo aver resistito alle sofferenze del lungo assedio da parte dell'esercito rivale, abbandonarono la città per raggiungere la fortezza di Montalcino, con il proposito di mantenere in vita la Repubblica. I senesi esiliati crearono così la repubblica di Siena riparata in Montalcino, con lo scopo di riordinare le forze e organizzare la resistenza.
Il 2 e 3 aprile 1559, dopo la morte di Carlo V d'Asburgo (1558), con la pace di Cateau-Cambrésis si concluse tra le due potenze egemoni il lungo conflitto franco-spagnolo. In esecuzione di quel trattato, anche l'ultimo baluardo senese costituito dal presidio di Montalcino venne annesso, per volere di Filippo II di Spagna, nel ducato fiorentino, retto da Cosimo I de' Medici.
Lo stato senese continuò formalmente ad esistere, all'interno del Granducato di Toscana, fino al XVIII secolo, benché retto da un governatore di nomina granducale.
Economia
La repubblica era un importante centro commerciale: venivano prodotti grano e sale, provenienti dalla Maremma e controllati grazie ad un accordo di monopolio stipulato con gli Aldobrandeschi, vassalli di Siena, la lana e altri prodotti agricoli, come il vino.
La principale risorsa economica della città derivava dall'attività di cambiavalute e prestavalute che i banchieri svolgevano in città
Arte
Dal XIII secolo Siena divenne oggetto di un radicale rinnovamento. Ne furono protagonisti due grandi scultori e architetti del medioevo italiano: Nicola Pisano e il figlio Giovanni. L'intervento dei due artisti nella cattedrale riuscì a combinare in un'unica struttura lo stile romanico con il gotico. In seguito venne ammodernata tutta la città, che, alla fine del XV secolo, appariva come una splendida città rinascimentale.
In campo pittorico fiorì la Scuola senese: Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti, Domenico e Taddeo di Bartolo, Stefano di Giovanni, Matteo di Giovanni.
Stemma
Stemma della Repubblica
L'arme della repubblica, diversa dallo stemma della città di Siena, era uno scudo azzurro che riportava la scritta Libertas, colorata in oro, disposta in senso obliquo
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