di Fabio Duranti
Quello
che sicuramente risalta della figura dello scarno Ramana, è la
sua tranquillissima descrizione che sovente faceva del particolare
processo a cui fu sottoposto prima della sua completa liberazione
dalla ruota del samsara.
Questo indiano dall’aspetto sicuramente
anche non piacevole, parlava di tale esperienza fondamentale per la
sua anima , come di una vera e completa , assoluta e definitiva
morte. Ciò deve farci molto riflettere. Possiamo avere
molteplici esperienze mistiche, incredibili samadhi ed illuminazioni
parziali, percezioni paradisiache dei livelli superiori
dell’universo, ma la cosa fondamentale, l’unico necessario in
ogni vero sistema di liberazione interiore è LA MORTE. Un
detto antico, probabilmente proveniente dalla genuina tradizione
alchemica occidentale, afferma che “ Chi muore mentre ancora vive,
quando muore in realtà non muore”. Non è questa
un’ulteriore conferma dell’esistenza della cosiddetta filosofia
perenne?
Nel
sistema profondamente iniziatico degli antichi catari, misconosciuti
e mal compresi, si parla di un triplice processo, raffigurato
con dei segni tratti dalla natura. Un processo che inizia col
simbolo del bruco che, morendo, si trasforma in crisalide che a sua
volta, scomparendo, si trasforma in una farfalla alata colorata da
dei bellissimi riflessi d’oro di fenice.
Ecco
il misterioso triplice enigma che la sfinge pone ad ogni
candidato all’alchimia trasformatrice interiore, enigma triplice
come triplice è il processo alchemico classico. Ramana
Maharshi è morto totalmente al suo pesante piombo interiore,
TOTALMENTE!
Solo
così ha incominciato veramente a vivere, dopo esser passato
per la morte mistica, chiamata anche in altre tradizioni, la dolce
morte… che molti riescano a seguir fino in fondo la
disssoluzione assoluta dell’ego…. Totalmente, dolcemente…
per divenir come Ramana, una farfalla dalle ali dorate che ancora
adesso spande il suo nettare di beatitudine su tutti…
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