Capitolo terzo
L’economia dovrebbe esistere affinché tutte le persone abbiano ciò di cui hanno bisogno.
Manitonquat (Medicine Story)
Durante la notte sono accadute molte cose.
Il Biondo, dopo aver ammazzato Costa, si dilegua con la calma di un vero professionista.
Levatosi i guanti sporchi di sangue li ripone in una busta che premurosamente aveva portato con sé. Questa volta, però, sa bene che le cose non sono andate come previsto.Il suo vero nome è Angelo Carìa, ma tutti lo conoscono come il “Biondo”. È un uomo di origine siciliana, cresciuto a Gela, fin da piccolo inserito negli ambienti malavitosi. A sedici anni aveva già commesso il suo primo omicidio.
Oggi faceva il killer di professione, su commissione. Aveva avuto un’infanzia difficile, a causa di un padre violento perduto nell’alcol e una madre che cercava di tenere in piedi una famiglia inesistente, ma era l’unica che meritava veramente le sue attenzioni. Intorno ai quattordici anni fu preso sotto la protezione di don Salvatore, un capo mafia, discendente da una delle più importanti famiglie della zona.Dopo aver passato alcuni anni al suo servizio, oggi lavorava in proprio ed era diventato un vero professionista, stimato e ben pagato: un killer famoso per la sua alta professionalità.Il modo per contattarlo era semplice: bastava telefonare a un cellulare e lasciare un messaggio in segreteria telefonica. Il mandante sarebbe stato ricontattato da lui stesso in tempi opportuni.
Due mesi prima dell’omicidio, lo aveva chiamato il suo amico, Tonino. I due erano cresciuti insieme e avevano fatto le stesse esperienze, poi un giorno le loro strade si erano divise. Tonino era rimasto al servizio di don Salvatore, in Sicilia, mentre lui si era trasferito nella capitale.Nella telefonata, l’amico gli chiedeva di scendere giù a Gela perché don Salvatore gli
voleva Parlare.Il Biondo sapeva bene che a quella richiesta non poteva dire di no. Se il
capo dei capi voleva parlargli di persona, voleva dire che la cosa doveva essere molto seria.
Si diedero appuntamento per il giorno dopo, al solito bar, situato nella piazza del paese, dove i due avevano passato gran parte del loro tempo...
... era un bel po’ che non si vedevano. Dopo aver preso un caffè e aver salutato un po’ di vecchie conoscenze, i due entrano in macchina diretti verso la masseria, dove il padrino con i suoi più stretti collaboratori prendono importanti decisioni. La struttura è una imponente costruzione eretta a metà Ottocento, quando all’epoca, una delle più rinomate famiglie della zona, proprietaria di buona parte dei terreni del posto, dava lavoro alla maggior parte dei concittadini.Quando arrivano davanti all’entrata, Tonino suona il clacson per farsi aprire. La struttura si presenta con grosse mura perimetrali, alte circa tre metri e piene di videocamere. L’enorme portone centrale si apre e il Biondo rimane affascinato dalla splendida vista: un sontuoso giardino con un viale interrotto da una splendida fontana, collocata al centro. Si intravede una monumentale doppia scalinata costruita a semicerchio che porta a una grande veranda sorretta da imponenti colonne. Alla sinistra della struttura si trova un boschetto, mentre sulla destra c’è uno folto aranceto.Durante il tragitto, lungo il viale, si vedono uomini ben armati, che lo squadrano dalla testa ai piedi.
«Angelo, non ti preoccupare, sono come buoni cani da guardia. Sono addestrati bene», sdrammatizza l’amico. Lui lo guarda, ride e lo abbraccia.Tonino si muove come se fosse il padrone di casa. Oggi infatti è diventato l’uomo di fiducia di don Salvatore, lui lo tratta come il figlio che non ha mai avuto. I due salgono su per le scale ed entrano in casa. All’improvviso il boss esce da una stanza, li vede e gli va incontro.
Guarda il Biondo negli occhi con uno sguardo penetrante, gli tira un leggero schiaffo in segno di affetto, gli sorride e lo abbraccia.Erano un bel po’ di anni che non lo vedeva. «Fagli visitare casa e poi andatevi a sedere in giardino accanto alla piscina. Fra un po’ vi raggiungo», ordina don Salvatore a Tonino.L’interno della masseria sembrava non finire mai, tanto era grande.Ma lo spettacolo più bello doveva ancora arrivare.Sul retro della casa c’era una terrazza con un balcone che si affacciava suuna stupenda piscina immersa nel verde, con l’acqua che scrosciava da alcune rocce collocate al centro. L’ambiente era incantevole. I due vanno a sedersi all’ombra di un gazebo, nell’attesa che arrivi don Salvatore.Mentre bevono un cocktail ricordando i vecchi tempi, arriva il padrone di casa. Don Salvatore è un uomo all’antica, di forte presenza, legato ancora al codice d’onore della vecchia mafia siciliana. Fisicamente si tiene molto bene, sempre ben vestito ed elegante con abiti cuciti a mano dal suo sarto di fiducia. Un uomo di poche parole abituato ai fatti. Si accomoda e si rivolge ad Angelo.
«Angelo, mi conosci, sai che non mi piace parlare molto, quindi vengo subito al sodo. Mi ha chiamato un personaggio molto importante chiedendomi di risolvergli un problema»..
«Si può sapere chi è?»
«Diciamo che si tratta di un fratello, il suo nome non puoi conoscerlo. Mi ha chiesto un favore».
«Di cosa si tratta?»
«Si deve eliminare un personaggio famoso, ma scomodo. Lavora nell’ambiente dell’informazione e con il suo socio ha deciso di intraprendere una ricerca un po’ fastidiosa».
«Don Salvatore, sapete la considerazione che ho per voi però»....
Don Salvatore lo interrompe: «Angelo, so che non lavori mai senza sapere chi ti commissiona il lavoro, ma è un favore che mi hanno chiesto e io non posso rifiutare».
«Chi dovrei ammazzare?»
«Il giornalista Enrico Costa e chi lo sta aiutando nell’ultima inchiesta.Stanno lavorando su qualcosa che non deve essere divulgato».
«Deve essere qualcosa di grosso, se questi individui lo hanno chiesto a lei».
«Caro Angelo, tutti siamo pedine di un sistema molto più ampio. Dal nostro piccolo punto di vista non riusciamo a capire. Tutti abbiamo un padrone a cui dare conto. Noi siamo il braccio armato e facciamo il lavoro sporco, poi ci sono gli individui nascosti nel più stretto anonimato che ordiscono le vere trame della storia, lavorando dietro le quinte».
«Se le cose stano così, non posso tirarmi indietro, sapete il rispetto che ho per voi. Ditemi cosa devo fare».
«Ti darò un numero di telefono. Contatta questa persona, e mettiti d’accordo sui dettagli. Con quest’uomo non parlare di denaro, per quello ci penso io. Per te ci sono già duecentocinquantamila euro d’anticipo, altri duecentocinquantamila a lavoro finito».
«Questi tipi pagano bene!» commenta Angelo
«Per loro il denaro non è un problema, però è molto importante che tu faccia un lavoro pulito e senza errori. Ne andrebbe di mezzo la mia reputazione».
«Don Salvatore, è tutto chiaro, non dite altro, ho capito bene la situazione».
«Quando lo chiami non fare nomi. Digli soltanto che sei il Biondo. Lui capirà».
«Va bene!»
«Ora basta con il lavoro, questa sera trattieniti qui, sei mio ospite. Darò una festa, ci saranno un po’ di amici, ti divertirai e domani mattina con tutta calma ripartirai per Roma».
Il Biondo, passa la serata in compagnia di Stefania, una delle donne messa a sua disposizione da don Salvatore. Con lei trascorre anche tutta la notte. L’indomani, Angelo si sveglia tardi, fa una doccia, si veste e, avvicinandosi al letto per salutare la sua nuova amica, le lascia una cospicua mancia.
Lei lo guarda soddisfatta, gli accenna un sorriso e lo saluta con un bacio.Durante il rientro nella capitale, chiama al numero che gli aveva procurato don Salvatore. Dopo alcuni squilli risponde un uomo.
«Pronto chi parla?»
«Sono il Biondo».
«Ah!»....
L’uomo fa una piccola pausa, riflette un istante e subito dopo: «Domani a mezzogiorno, si faccia trovare in piazza di Spagna seduto ai primi gradini della scalinata. Porti con sé un libro con la copertina rossa, servirà per identificarla, un mio incaricato le consegnerà una busta chiusa dove troverà un numero di telefono. Da quel momento potrà chiamarmi solo ed esclusivamente su quel numero, ci siamo intesi?»
«Sì, è tutto chiaro».
L’indomani mattina il Biondo segue le indicazioni stabilite e attende che arrivi l’uomo che gli dovrà consegnare la busta.Dopo una lunga attesa, quando la pazienza si sta esaurendo, ecco che gli si presenta davanti un uomo molto distinto, in abito nero, che lo saluta con molto garbo: «È lei quello che chiamano il Biondo?»
«Sì!» risponde Angelo.
«Mi hanno incaricato di darle questa, con la raccomandazione di farsi sentire il più presto possibile».
Angelo non perde tempo e apre immediatamente la busta. All’interno c’è un foglio con uno simbolo, che conosce molto bene, una piramide con un occhio collocato al suo vertice. È l’occhio che tutto vede dalla cima della piramide, lo stesso simbolo massonico che si trova sul dollaro. Al centro del foglio c’è scritto un numero di telefono. Questa situazione un po’ anomala lo eccita e comincia a piacergli.Mentre si dirige verso l’auto, digita il numero che gli era stato consegnato.
Il telefono squilla, risponde una persona.
«Ah! Vedo che non perde tempo... bene! bene! Mi piacciono le persone
puntuali che non mi fanno attendere».
Angelo è sempre più perplesso: «Come faceva a sapere che fossi io?»
«Questo è un numero di telefono che ha solo lei, è una linea diretta. Quando si hanno delle amicizie influenti si può ottenere qualunque cosa».
«La penso come lei».
«Le sarò sincero, lei mi piace. Le referenze sul suo conto sono ottime. Lo sa che abbiamo degli amici in comune?»
«Penso di sapere a chi si riferisce». Il pensiero di Angelo va a don Salvatore.
«Voglio farle una proposta che potrà interessarle».
«Di che si tratta?» risponde il Biondo.
«Al di là del lavoro che lei dovrà svolgere per noi, penso che potrà farle piacere, naturalmente se lo desidera, entrare nella nostra fratellanza. Sa... a noi serve un uomo come lei».
Il Biondo rimane ancora più perplesso per questa richiesta, ci sta prendendo gusto, ma è cauto. Sicuramente, don Salvatore non lo avrebbe mai messo nei guai, di questo ne era certo.
Poi, quel simbolo trovato sul foglio lo conosceva bene, era lo stesso inciso sull’anello d’oro del padrino.
Si trattava di una delle logge massoniche siciliane più antiche.
«La cosa mi interessa. Questo significa che don Salvatore mi stima».
«Certamente, altrimenti non le avrei proposto tanto!»
«Unirmi a voi, sicuramente avrà dei vantaggi ma anche dei doveri?» chiede il Biondo.
«Sicuramente. Ma io la vedrei in questo modo: siamo una grossa comunità che all’occorrenza, quando serve... ci diamo una mano a vicenda, per raggiungere degli obiettivi comuni. Lavoriamo come una squadra e ci copriamo le spalle».
«Ok! mi dica cosa devo fare».
«Sono contento! Lei non si deve preoccupare di nulla, organizzo tutto io, domani sera alle ventuno in punto si faccia trovare davanti alla piramide di marmo, ben vestito con giacca e cravatta. Verrà a prenderla un mio incaricato».
«Va bene!»
«A domani».
Il Biondo si ferma per un attimo a riflettere. Gli stanno accadendo un po’ di cose fuori dall’ordinario, persino la proposta di entrare in una loggia massonica! Solitamente è un tipo freddo, distaccato dagli eventi che gli capitano, ma questa volta è sulle spine e attende ansiosamente l’indomani. Entrare nella loggia di don Salvatore era un onore e per l’occasione decide di comprare un nuovo vestito, nel più rinomato negozio di Roma; vuole fare bella figura!
Il giorno dopo, alle ventuno in punto, si fa trovare davanti alla piramide di marmo e con altrettanta puntualità, vede fermarsi una Mercedes nera, con i vetri oscurati.
L’autista si affianca ad Angelo facendogli cenno di salire.
Senza perdere tempo, ingrana la marcia e riparte. Gli passa intanto una benda nera, chiedendogli gentilmente di mettersela sugli occhi: «Non ne faccia una cosa personale, non è come pensa lei, è la prassi per i novizi».
«In questo caso se le cose stanno così»...
Dopo circa mezz’ora di strada, lasciata Roma alle spalle, percorrendo una strada provinciale in direzione Nord, l’autista, ad un certo punto, svolta a destra e imbocca una strada di campagna.
Giungono davanti a un imponente cancello, realizzato in ferro battuto.
L’auto si ferma, l’autista apre il finestrino, suona il campanello del videocitofono e avvisa che è arrivato con l’ospite. Il cancello si apre e l’auto procede a velocità ridotta lungo un viale alberato con una serie di cipressi. Arrivati al portone d’ingresso della villa, scende per andare ad aprire la portiera del Biondo. Lo aiuta a scendere e, sempre bendato, lo accompagna all’interno.
Solo a quel punto la benda gli viene tolta. Quando apre gli occhi si trova davanti un’imponente doppia porta di rovere, sulla quale è scolpito un bassorilievo di incantevole fattura.
Angelo chiede al suo accompagnatore che cosa rappresenti.
«Il bassorilievo simboleggia Prometeo che regge in mano una torcia. Era uno dei Titani della mitologia greca, figlio di Giapeto e della ninfa Climene. Secondo la mitologia greca, raggiunse il Sole con lo scopo di accendere una torcia per donarla all’umanità, creata da lui. Questo fece scaturire l’ira di Zeus, non solo per aver donato la torcia agli uomini, simbolo della conoscenza, ma anche per aver ingannato gli Dèi».
«Cos’altro combinò questo Prometeo per far adirare gli Dèi?» chiede sarcasticamente il Biondo.
«La leggenda racconta che si prese gioco di loro, infatti, dopo aver ucciso un bue prese le ossa e le ricoprì di grasso, mentre la carne la coprì con delle pelli e invitò Zeus a scegliere. Il dio scelse la parte ricoperta di grasso perché aveva un aspetto più invitante, mentre la carne fu donata da Prometeo agli uomini. Quando Zeus si accorse dell’inganno, si arrabbiò e lo fece incatenare ad una montagna del Caucaso, dove un’aquila, tutti i giorni gli divorava il fegato».
«Meno male che qui non abbiamo queste pene», commenta sorridendo Angelo.
«Però, in seguito fu aiutato dall’eroe Eracle, che uccise l’aquila e lo liberò dal supplizio».
Angelo, stupito dalla spiegazione si complimenta con il suo accompagnatore.
«Non è la prima volta che mi tocca spiegare il significato del bassorilievo. Questa è la prima lezione che un novizio deve apprendere prima di entrare nella stanza».
A quel punto apre la porta e Angelo entra in uno splendido studio. Le pareti sono completamente circondate da alte librerie. Alcuni libri dovevano essere sicuramente molto antichi, a giudicare dal loro aspetto. Al centro della stanza si trova un’imponente scrivania con due poltrone. Si accomoda è attende l’arrivo del Maestro. Dopo qualche minuto di attesa, si apre una porta dietro una libreria. Da lì esce un uomo con il volto coperto da un cappuccio nero a punta. Si intravedono solo gli occhi. Angelo per un attimo rimane perplesso. L’uomo incappucciato lo saluta con molta educazione, smorzando immediatamente la tensione che aveva percepito da parte di Angelo. Gli chiarisce che questa riservatezza è necessaria per salvaguardare la segretezza degli adepti alla loggia. L’uomo con passo calmo e sicuro, si dirige verso la sua poltrona collocata dietro la scrivania e si accomoda.
«Io la conosco come il Biondo... ma qual è il suo vero nome?»
«Mi chiamo Angelo Caria».
«Come preferisce che la chiami?»
«Va benissimo Angelo».
«Bene Angelo, lei sa che cosa è la Massoneria?»
«Ho una vaga idea al riguardo. So che si tratta di una fratellanza, una società segreta, alla quale si accede mediante dei gradi d’iniziazione. Mi ha sempre affascinato e ho sempre desiderato farne parte».
«Angelo, questo è un buon inizio, infatti nella Massoneria non si può accedere se non è il candidato stesso a volerlo. Però, se lei vuol diventare un buon fratello è giusto che cominci a conoscere alcune cose. È questo lo spirito che bisogna avere per crescere, conoscere, evolversi e migliorarsi. Cominceremo con qualche cenno storico sulla vera storia della Massoneria».
«Le premesse sono alquanto interessanti».
«Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Fino al secolo scorso si credeva che risalisse ai tempi delle corporazioni medievali dei muratori, da alcuni considerate come reminiscenze delle accademie romane. Ma in realtà gli studiosi degli antichi Misteri, anche loro massoni, sanno che per trovare le sue origini bisogna cercare la stirpe filosofica della Massoneria.
I suoi insegnamenti, le sue cerimonie, i suoi rituali e giuramenti si rifanno ad antiche civiltà, tra cui anche quella egizia.Alcuni studi dimostrano che la razza egiziana era di sangue misto. Gli stessi provano che verso il 13.500 avanti Cristo un gruppo di uomini appartenenti alle classi superiori del vasto impero dell’India meridionale dell’epoca, intrapresero una spedizione in Egitto prendendo la via di Ceilan.I regnanti dell’Egitto di quel periodo si ritiene che appartenessero alla “sottorazza” che, nei libri geofisici, viene chiamata tolteca. Probabilmente corrisponde alla “sottorazza” cromagnon, che circa 25.000 anni fa viveva in Europa e in Africa.Degli antichi toltechi si hanno tracce anche in centro America, dove sono state costruite enormi piramidi attribuite al popolo Maya, ma si suppone che anche queste, come quelle egizie, siano state costruite da questo popolo, molto più antico, il civilizzatore di gran parte dei continenti.
Questa civiltà antecedente al Diluvio, è collegabile alla mitica storia di Atlantide; la “sottorazza” antecedente alla nostra, secondo alcuni studiosi non era affatto primitiva, ma era fisicamente e mentalmente, molto evoluta. Fu trovato un cranio di una donna che apparteneva a questo ceppo etnico e si scoprì che la massa encefalica era maggiore rispetto a quella dell’uomo medio moderno. Questi uomini erano molto alti, oltre un metro e novanta, avevano spalle molto ampie, braccia corte rispetto alle gambe. Nelle leggende vengono ricordati come il popolo dei Giganti, di cui troviamo traccia anche nella Bibbia, nella storia che parla della lotta tra Davide e Golia.Queste antiche conoscenze, tramandate dai vari gruppi di iniziati, sono rimaste a lungo segrete. Uno dei pochi profani a cui fu concesso l’accesso ai segreti, fu Mosè. La Bibbia ci dice che fu istruito alla sapienza egizia. In seguito trasmise la sua conoscenza alla classe sacerdotale israeliana rimanendo in uno stato più o meno puro fino all’epoca di Davide e Salomone. Quest’ultimo incaricò il grande architetto Hiram Abif di far costruire un tempio conforme alle leggi. La leggenda poi tramanda che in seguito venne assassinato.La Massoneria giunse così in Europa, principalmente tramite gli ebrei. A quanto pare, la introdussero a Roma alcuni soldati dell’esercito di Vespasiano e Tito che avevano soggiornato a Gerusalemme. Fu così che entrò a far parte degli insegnamenti dei Collegi romani, da dove passò ai Comacini e ad altre società segrete che la conservarono fino al Medioevo, fino a quando le persecuzioni non fecero pulizia. Poi, nel 1717 si formò la Grande Loggia d’Inghilterra, così come la conosciamo oggi».
Angelo interrompe per un attimo il maestro: «Non avrei mai pensato che oggi avrei potuto ascoltare una lezione di storia così ben articolata».
«Si sta annoiando?»
«No! No! Al contrario. Sono affascinato e mi farebbe piacere saperne di più».
«Bene, ma ora dobbiamo passare a qualcos’altro. Dobbiamo capire le ragioni profonde che devono spingere un individuo ad entrare nella Massoneria. Ogni loggia, si muove con i suoi iscritti, che la costituiscono, come se fosse l’immagine di un uomo. Mi spiego meglio. Ogni individuo al suo interno, ha un ruolo ben preciso che raffigura una parte dell’uomo. C’è chi rappresenta lo spirito, chi la sapienza, chi la forza, la volontà, chi la mente creatrice, chi il desiderio e le sensazioni, chi il cervello, chi il corpo fisico fino ad arrivare alla saggezza maturata con l’esperienza. Ogni individuo, al suo interno di conseguenza si deve evolvere per accedere ai gradi superiori, come accade nella reincarnazione. Nello stesso tempo per i più evoluti della Massoneria si apriranno le porte della grande Loggia Bianca».
«Quindi vuol dire, che oltre alla Massoneria ci sono altre società segrete al di sopra di essa?»
«Sì! E sono molto più segrete e meno accessibili rispetto alla Massoneria ordinaria. Infatti possono accedervi solo pochi iniziati degni. Ma ora basta con la lezione. Avremo modo di parlarne in un secondo momento».
Il maestro, dopo aver dato ad Angelo tutte le indicazioni su come comportarsi durante il rito, chiama un fratello di loggia per farlo accompagnare davanti all’ingresso del Tempio. Nel frattempo il maestro si è preparato al rituale.
Angelo ora si ritrova così davanti al Tempio. Strane emozioni cominciano a pervaderlo. Nei pressi del portone si trova un uomo, armato di spada, che lo blocca per accertarsi se il novello sia adeguatamente preparato. L’usciere armato, nel rito massonico, rappresenta la difesa al corpo spirituale della loggia, come la difesa messa in atto dagli anticorpi contro i virus che permettono di tenere in buona salute l’uomo. Deve vigilare sugli elementi che entrano nel Tempio per evitare che si infiltrino i profani. Angelo, dopo aver risposto con sicurezza alle domande poste dal guardiano, prima di entrare, gli fa indossare nuovamente una benda sugli occhi. Mentre viene accompagnato nell’angolo Nord-Ovest della loggia di fronte all’oriente, il Capo eletto, che rappresenta la sapienza, apre la riunione.
«Fratelli unitevi a me per aprire la Loggia».
Invoca, quindi, tutti i poteri che la rappresentano e che simboleggiano tutte le facoltà dell’uomo, affinché lo aiutino nell’impresa che dovrà realizzarsi. Tutti i poteri confermano che nel Tempio non ci sono profani.
A quel punto il Capo eletto dichiara aperta la Loggia e rivolgendosi ad Angelo gli chiede.
«Angelo Caria, sei pronto a diventare Massone nella tua piena consapevolezza e libertà?»
«Sì», risponde solennemente. Il Capo eletto lo invita a farsi avanti. Angelo avanza con tre passi progressivamente più veloci, come richiede il rito, e si va a collocare davanti all’altare. Il Capo eletto gli dà tre tocchi con una spada, corrispondenti ai tre aspetti della Beatissima Trinità.
Il primo tocco conferisce forza al cervello, il secondo amore al cuore e il terzo abilità e pratica al braccio destro. Una volta prestato giuramento, gli viene tolta la benda e donati tre strumenti da lavoro.Un regolo da 24 pollici, un martello e uno scalpello, attrezzi che simboleggiano l’opera dell’uomo nei confronti della natura.Completato il rito, viene invitato ad uscire dal Tempio.Angelo si ritrova nuovamente nell’ufficio del Maestro che dopo circa un’ora
d’attesa, arriva.
«Mi congratulo con lei, è andato tutto bene, però non ha ancora idea di quali prospettive le si apriranno. Adesso è troppo presto per capire, ma le garantisco che in seguito le sarà tutto più chiaro».
«Non avrei mai pensato di emozionarmi in quel modo», commenta Angelo
«Vede, nel Tempio, durante le cerimonie si muovono delle energie che pervadono tutti noi. Nulla avviene per caso... ma ora veniamo al suo incarico. Si ricordi che lei, in questo caso, rappresenta lo scalpello. Su di lei, è stata scagliata la forza delle decisioni prese dalla Loggia, per mettere in pratica il grande disegno voluto da Dio, il Grande Architetto dell’Universo. Le chiediamo di rendere innocuo il giornalista Enrico Costa e il suo collaboratore Alessandro Matus. Purtroppo le minacce preventive non sono servite a nulla. Ora, siamo costretti ad agire con durezza per debellare questi individui che vogliono scardinare il nostro grande progetto».
«Ma qual è il “grande progetto”?»
«Per adesso, non le è consentito di conoscerlo, non potrebbe comprenderlo. Gradiremmo, per ora, che lei compia un lavoro pulito. Deve sembrare un omicidio-suicidio, così il cerchio si chiuderà ad eviteremo eventuali indagini. Ci siamo intesi?»
Angelo rassicura il maestro: «È tutto chiaro, non si deve preoccupare di nulla. So come agire senza lasciare tracce».
A quel punto il colloquio si chiude. Il maestro saluta, chiama l’autista e lo fa riaccompagnare davanti alla piramide.
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