venerdì 10 luglio 2015

Mangiare male fa invecchiare già da giovani... SI A 3 MELE ROSSE AL GIORNO no alla carne

Mille individui nati nello stesso anno: alcuni a 38 anni ne «dimostravano» biologicamente 28, altri 61: l’importanza degli stili di vita prima ancora che dei geni

di Emanuela Di Pasqua

A 38 anni non si può parlare di invecchiamento, eppure quel complesso fenomeno di degenerazione delle capacità vitali dell'organismo che, anche in assenza di malattie, porta alla morte è già iniziato da tempo. Ma non è uguale in tutti gli individui e proprio in questo segmento anagrafico in cui si è ancora giovani si vede una vasta gamma di reazioni da parte dell’organismo. E se la maggior parte degli individui a 38 anni dimostra grosso modo 38 anni c’è chi invece ha l’età biologica di 28 anni e chi di 61. Ma secondo il geriatra Niccolò Marchionni «è normale che anche da giovani si invecchi diversamente: le abitudini di vita sono cruciali e ce lo confermano persino i macachi».

 Abitudini di vita e alimentazione hanno un ruolo determinante
E come gli esperti di ogni settore continuano a ribadire le abitudini di vita e di alimentazione hanno un ruolo determinante. «Basta pensare a uno studio pubblicato su Science nel 2009 – ricorda Niccolò Marchionni – che si riferiva a un esperimento, effettuato dai ricercatori dell’Università del Wisconsin (Usa), su un gruppo di macachi Rhesus di differenti famiglie (e dunque con patrimoni genetici differenti). I macachi vennero divisi in due gruppi: al primo fu dato libero accesso al frigo, mentre il secondo gruppo fu sottoposto a uno stretto regime calorico. Venticinque anni dopo l' 80% delle scimmie tenute a dieta era ancora in salute e metà di quelle mangione erano morte, mentre nel secondo gruppo si constatava una drastica riduzione di patologie legate al cuore e al metabolismo».

Lo studio
Un team internazionale di ricercatori ha seguito e monitorato un gruppo di volontari nati in Nuova Zelanda, nella città di Dunedin, tra il 72 e il 73, osservandone i principali indicatori di età anagrafica in concomitanza di varie tappe della loro vita: a 26 anni, a 32 e a 38 anni. Il risultato http://www.theguardian.com/science/2015/jul/06/old-before-your-time-people-age-at-wildly-different-rates-study-confirms è stato impressionante e ha messo in luce come il tasso di invecchiamento, a parità di età, sia estremamente variabile da individuo a individuo. Il report, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences http://www.pnas.org/content/early/2015/07/01/1506264112 , evidenzia infatti che, specialmente nel corso di alcuni anni, c’è chi praticamente non invecchia e chi invecchia tantissimo, rilevando come l’età, specialmente nel mezzo del cammin di nostra vita, sia un fattore estremamente soggettivo.

18 marcatori
Gli studiosi, guidati dal ricercatore Daniel Belsky, hanno costruito una lista di 18 marcatori fisiologici di invecchiamento finalizzati a identificare un’età biologica, tra i quali la pressione sanguigna, il metabolismo, la funzione renale, polmonare ed epatica, il colesterolo, il sistema immunitario, la salute dei denti e la lunghezza dei telomeri (piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma e che sarebbero una sorta di orologio biologico poiché in seguito alla riproduzione cellulare la loro lunghezza si riduce progressivamente),
 oltre a riferirsi alle abilità di coordinamento, di equilibrio e cognitive. La media del ritmo di invecchiamento osservato tra i mille volontari è stato di 1,2 anni ogni anno, ma nel campione osservato c’è anche chi alla fine dell’esperimento era deceduto, chi dimostrava circa 28 anni, chi 61 e chi non era invecchiato per nulla.

Il passo successivo per i ricercatori è stato poi quello di incrociare i dati in loro possesso con le informazioni sullo stile di vita dei partecipanti al lavoro, nel tentativo di capire chiaramente quale fattore (genetico o ambientale) fosse più significativo nel processo di invecchiamento o, al contrario, quale fattore fosse stato determinante nel mantenimento della gioventù. Perché, come rimarca Belsky, la traiettoria dell’invecchiamento deve essere studiata già da giovani.

«Quando si invecchia, aumenta progressivamente il rischio di tutti i tipi di malattie», fa notare Daniel Belsky, aggiungendo che l’obiettivo della ricerca deve essere dunque quello di riuscire a intervenire sul processo di invecchiamento in sé, piuttosto che affrontare le singole patologie.
Abbiamo sentito il parere di Niccolò Marchionni, Direttore della Struttura Organizzativa Dipartimentale di Cardiologia e Medicina Geriatrica per l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze: «Non stupisce che anche precocemente si registrino tassi di invecchiamento differenti. La longevità è un bilancio tra geni e ambiente, intendendo questo rapporto come il modo in cui le abitudini di vita interagiscono con il patrimonio genetico. In questo senso va visto l’invecchiamento, sempre tenendo presente che il patrimonio genetico può essere modificato in corsa. L’invecchiamento è dunque un dono che ci dobbiamo conquistare». La riflessione del professor Marchionni sullo studio è dunque di conferma che anche da giovani gli stili di vita e i geni (ma in parte minore) influenzano l’età biologica.



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