In assenza di fondi pubblici tre ingegneri aerospaziali hanno progettato un pallone e una capsula per lo studio dei venti e per avvicinare la gente alle stelle. Prezzo: 150 euro.
di Andrea Pasqualetto
Obiettivo: studio dei venti, delle temperature. Lo scopo? «Analizzare l’atmosfera, avvicinare la gente allo spazio». Costo del lancio: 150 euro. Eccola la missione spaziale fai da te, la più economica del mondo. L’hanno inventata tre ingegneri della Sener, il colosso spagnolo che sviluppa progetti milionari per l’Agenzia spaziale europea (Esa). Lorenzo Tarabini, quarantatreenne emiliano dal duemila all’estero, prima come ricercatore all’Università di Monaco e poi come ingegnere della Sener, è uno dei tre: «Volevamo realizzare qualcosa di accessibile a tutti, soprattutto alle nostre tasche, non avendo fondi pubblici a disposizione, soprattutto in questo periodo. E così ci siamo messi a progettare una tecnologia semplice che ci consenta di fare missioni importanti e divertenti al tempo stesso».
Qualche esempio? «Nella stratosfera abbiamo fotografato i pupazzetti dei bambini della scuola con i loro nomi, riprendendoli con l’ovale scuro della terra sullo sfondo. Un successo pazzesco. Poi l’aspetto scientifico: il profilo dei venti che cambia in funzione della quota, il jet stream , la tropopausa». Non è una malattia, sono le autostrade dei venti.
Il pallone e la capsula
Ma vediamo in pratica cosa fanno questi tre colleghi ingegneri che amano le stelle. La fase preparatoria è preso detta. Usano un pallone di aeromodellismo, una sorta di piccola mongolfiera del costo di 40 euro. Lo riempiono di gas elio, 100 euro, e ci legano una capsula di polistirolo che creano appositamente, 2 euro. Nella capsula c’è il cuore elettronico della missione, due piccoli computer, un monitor, quattro macchine fotografiche, due antenne. Tutto collegato a terra via radio. Il computer manda le foto quasi in tempo reale. «Quelle piccole arrivano in cinque minuti. Quelle ad alta risoluzione le recuperiamo dalla telecamera, quando torna a terra con la capsula». Il pallone, che prima del lancio ha un diametro di un metro e mezzo, quando sale aumenta di dimensioni a causa della pressione. Raggiunti i sei metri esplode nella stratosfera. Nel frattempo ha scattato centinaia di foto e fatto vari video. Dopo l’esplosione, la capsula precipita a terra. «Con una paracadute e un sistema di gps che ci consente l’individuazione. L’ultima, la settimana scorsa, l’abbiamo ritrovata a 250 chilometri». Erano nel deserto spagnolo della Mancha, vicino a Madrid, la loro Cape Canaveral, una rampa di lancio mobile e decisamente semplice.
Serve un’autorizzazione dell’Enav per evitare che i palloni incrocino gli aerei . «Bisogna chiederla 45 giorni prima del lancio».
Di missioni ne hanno già fatte cinque. Oggi è prevista la sesta, per la prima volta in Italia, nelle campagne emiliane di Correggio. . I tre ingegneri hanno un sogno. «Volare sempre più in alto, fino a lanciare in orbita un CubeSat, un satellite miniaturizzato per scopi dilungativi». Non sarà come quelli della Nasa ma costerà meno di mille euro, volerà nello spazio e aiuterà a sognare.
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