domenica 6 settembre 2015

Emergenze in mare: cosa fare davanti a un barcone in difficoltà

Ci sono le navi militari di Triton, la colossale operazione di pattugliamento del Mediterraneo. Che ha salvato (e sta salvando) migliaia e migliaia di migranti in arrivo dalle coste del Nord Africa. E che cercano una vita lontana da guerre e fame. C’è la buona volontà dei pescatori siciliani, in primis quelli di Lampedusa, la cui generosità è commovente. Ma chi va per mare lo sa: occhi (e cuore) in più per un soccorso possono risultare talvolta decisivi. Magari a partire dalla semplice segnalazione al centralino di emergenza della Guardia costiera - ricordiamolo: il 1530, è un po’ quello che 112, 113, 115 e 118 sono sulla terraferma - di un battello visto in difficoltà. Insomma: l’aiuto che al dispositivo di sicurezza nel Canale di Sicilia può giungere dai diportisti della domenica certe volte diventa determinante. Lo testimonia la storia, raccontatadalla rivista «Svn lavelanelweb» di quel manager britannico, Stewart Chamber, che un paio d’anni fa nello Stretto di Messina a bordo di uno yacht riuscì a salvare 11 migranti che stavano affogando in mare.

Dubbi e rimorsi: e torna per salvarli
Il racconto è drammatico: è estate, è notte, c’è il mare mosso. Chamber, sui 50 anni, timona uno yacht. A bordo ci sono solo la moglie e i due figli piccoli. A un tratto sente delle urla: e in lontananza vede la sagoma di un’imbarcazione. Sulle prime ipotizza un attacco di pirati, forse è un trabocchetto: lui pensa alla famiglia e vira così di 180°. Poi lo colgono dubbi e rimorso. Questione di istanti. Torna indietro. Cala in acqua il tender - il gommoncino di salvataggio - e si dirige verso quelle grida disperate. Vede gente che annaspa tra i flutti. Ne carica tre. E riesce a portarli a bordo dello yacht. Poi altri tre. E altri tre. Mentre la moglie ha già lanciato l’allarme, stavolta Stewart va a cercare il barcone. Lo trova. Partito chissà da dove, sfuggito ai radar forse per la sua sagoma bassa, invisibile, piccola. Sta affondando. Ci sono già cadaveri tutt’intorno... Riesce a salvare ancora un’altra persona.

Il «decalogo»
Ma intendiamoci. L’impresa compiuta dal manager britannico non è alla portata di tutti. Ed è ancora «Svn lavelanelweb» a elencare una specie di «decalogo» di come per mare sia meglio comportarsi imbattendosi in un barcone stivato di migranti. «Consigli utili» forniti da Capitanerie, ministero dell’Interno e gente che va per mare da sempre.

Chiamare sempre la Capitaneria

In quei momenti di concitazione estrema i passi basilari non sono scontati, e per questo è meglio ribadirli: in caso di avvistamento chiamare la Capitaneria di porto più vicina al telefono, componendo il 1530 se a ridosso della costa o attraverso il Vhf (la frequenza d’emergenza marittima) canale 16, se il telefono non prende. Nella seconda ipotesi si farà una chiamata di mayday.

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