lunedì 7 dicembre 2015

Il Pepe ha cambiato la storia del mondo

Il pepe (Piper nigrum L.) è una pianta della famiglia delle Piperacee, coltivata per i suoi frutti, che vengono poi fatti essiccare per essere usati come spezie. Lo stesso frutto, attraverso procedimenti di lavorazione diversi, è utilizzato per produrre il pepe bianco, il pepe nero e il pepe verde.

La pianta è nativa dell'India del sud ed è coltivata in modo estensivo sia in India che nei paesi tropicali. Il frutto maturo si presenta come una bacca color rosso scuro, ha un diametro di circa cinque millimetri e contiene un solo seme.

Il pepe è una delle spezie più comuni nella cucina europea ed i suoi derivati sono conosciuti ed apprezzati sin dall'antichità sia per il loro sapore che per il loro impiego nella medicina ayurvedica. Il suo gusto piccante è dato dalla piperina.

La parola pepe deriva dal latino piper, a sua volta dal greco antico πέπερι péperi, da confrontare con le voci indiane antiche (India dell'ovest) pippalī e pippalam "bacca, grano di pepe". Dall'accusativo pipere(m) derivano l'italiano settentrionale pévere (cfr. toscano antico [salsa] peverada), il veglioto pipre, il francese poivre e il provenzale, catalano e spagnolo (in disuso) pebre; questa è anche alla base del tedesco Pfeffer, dell'inglese pepper, del gallese pwbyr, del basco biper e del greco moderno πιπέρι pipéri.

La pianta del pepe è una liana legnosa perenne che raggiunge i quattro metri di altezza. Le sue foglie, alterne, coriacee, ovali, sono lunghe dai cinque a dieci centimetri e larghe da tre a sei. I fiori sono piccoli e sbocciano su un gambo pendulo, lungo circa otto centimetri, legato all'attaccatura delle foglie. Le infiorescenze portano fiori sessili, a perianzio nullo, che possono essere unisessuali od ermafroditi. Il frutto è una drupa, contenente un solo seme, di circa 5 mm di diametro, prima verde, poi rossa, a maturità. Il gambo raggiunge la lunghezza di sette/quindici centimetri quando i frutti sono maturi. L'albero del pepe cresce in terreni né troppo secchi né allagati, quindi in terreni umidi e ben concimati con materiali organici.

Le piante si propagano per talea (si usano i rami vegetativi e non quelli fruttiferi perché radicano male in quanto meno ricchi di carboidrati) di circa 50 centimetri che si aggrappa agli alberi vicini o che si arrampica a sporgenze dei muri.
Favoriscono questa azione gli alberi dal tronco grinzoso. Le piante non devono essere molto folte ma tali da favorire l'ombra e permettere la ventilazione. Le radici vanno coperte di strame ed i germogli vanno potati due volte l'anno. Su suoli secchi le piante devono essere irrigate ogni due giorni, per i primi tre anni, nella stagione calda. Le piante producono frutti dal quarto/quinto anno e continuano a fruttificare per circa sette anni.
Le varietà vengono scelte per la qualità del frutto e per la loro longevità.
Un singolo ramo produce in media dai 20 ai 30 germogli. La raccolta inizia appena una o due bacche alla base del peduncolo diventano rosse e prima che i frutti arrivino a maturazione. I frutti che restano sulla pianta cadono da soli e sono perduti per il raccolto. Le drupe raccolte vengono messe al sole per l'essiccazione e quindi vengono sgranate per estrarre i frutti.

Pepe nero viene prodotto dal frutto acerbo della pianta di pepe. I frutti vengono sbollentati brevemente in acqua calda sia per lavarli che per prepararli all'essiccamento. La rottura della polpa, durante l'essiccamento, velocizza l'annerimento del grano di pepe. I grani vengono essiccati al sole, o con appositi essiccatoi, per diversi giorni durante i quali i frutti si disidratano e anneriscono. Una volta essiccati prendono il nome di pepe nero. Il pepe nero è spesso denominato secondo il luogo di produzione: India, Malabar, Malesia, Indonesia ed altri paesi.

Pepe bianco è dato dal solo seme del frutto. Si ottiene tenendo a bagno per circa una settimana il frutto del pepe. In questo modo la polpa si decompone e può facilmente essere eliminata. Rimosso il pericarpo, il seme viene essiccato. Processi alternativi sono usati per rimuovere la polpa dal frutto compresa la rimozione della pelle essiccata dal pepe nero.

Il pepe nero è il più diffuso, mentre il pepe bianco viene utilizzato soprattutto nella preparazione delle salse colorate, dove il nero della polpa rimarrebbe visibile.

Pepe verde, così come il nero, viene prodotto dal frutto acerbo. Nel procedimento di essiccazione viene trattato con diossido di zolfo in modo da mantenere il colore verde del frutto.
Il pepe verde in salamoia è un pepe acerbo conservato in salamoia o sotto aceto. Nella cucina del sud est asiatico e in modo particolare nella cucina tailandese, viene comunemente usato il pepe acerbo in grani appena raccolto dalla pianta.

Pepe grigio: con questo nome si indicano due differenti prodotti:
una miscela di pepe bianco e pepe nero macinati finemente.
il cubebe, bacche della pianta Piper cubeba.

Pepe rosa o falso pepe peruviano: è la bacca di colore rosa, dal gusto simile a quello del pepe, di un albero del genere Schinus.
Pepe lungo: bacche della pianta Piper longum; molto simili per sapore al pepe nero, ma di forma allungata.

Creola: miscela di pepe bianco, pepe nero, pepe verde, pepe rosa e pimento.

Pepe garofanato: è il pimento, spezia erroneamente associata al pepe per via del suo nome (che in spagnolo significa appunto pepe).

Pepe di Sichuan: bacche di una pianta asiatica del genere Zanthoxylum.

Il pepe è stato usato come spezia in India sin dalla preistoria. È stato coltivato per la prima volta, molto probabilmente, lungo le coste del Malabar in India, attualmente corrispondente allo stato del Kerala.
Il pepe era una merce pregiata e spesso era chiamato l'oro nero ed usato come moneta di scambio.
La storia del pepe nero è spesso intrecciata e confusa con il pepe lungo. Gli antichi romani conoscevano entrambi i frutti che spesso confondevano ed equiparavano gli uni agli altri. Alla scoperta del continente americano, e quindi del pepe del Cile, il pepe lungo cominciò a declinare fino all'estinzione. Il pepe del Cile, che per forma e gusto è simile al pepe lungo, era più facile da coltivare e situato in una zona che rendeva più agevole il trasporto. Fino a ben oltre il Medioevo tutto il pepe nero che si trovava in Europa, Medio Oriente e Nord Africa proveniva dalla regione indiana del Malabar. Dal XVI secolo il pepe veniva importato anche da Indonesia, Madagascar, Malesia e da altri stati del Sud Est Asiatico. Questi ultimi stati commerciavano prevalentemente con la Cina o lo usavano per il consumo interno.

Il pepe nero, assieme ad altre spezie prodotte in India e nei paesi del Sud Est Asiatico, ha cambiato la storia del mondo. Fu dovuta alla preziosità delle spezie la ricerca pervicace, da parte degli stati europei, della rotta per le Indie e la conseguente colonizzazione di quei paesi, così come era avvenuto prima con il continente americano.

Il pepe nell'antichità
Un grano di pepe nero fu trovato nella narice del corpo mummificato del faraone Ramesse II deceduto nel 1212 a.C. Poco si conosce circa l'uso del pepe nell'antico Egitto né si sa come potesse raggiungere le rive del Nilo dall'India.
Il pepe, nero ed il pepe lungo, erano conosciuti in Grecia già prima del IV secolo a.C., come un genere poco diffuso e molto costoso che solo i ricchi potevano comperare. Le rotte di allora erano sicuramente per via terrestre o per via marittima costeggiando il mar arabico.
Il pepe lungo che cresceva nel nord-ovest dell'India era meno caro del pepe nero. Questo fatto avvantaggiò maggiormente il commercio del primo a discapito del pepe nero. Dai tempi dell'Impero romano, specialmente dopo la conquista dell'Egitto da parte di Roma nel 30 a.C., la traversata dell'oceano indiano fino alle coste del Malabar era abbastanza diffusa. Dettagli di questa rotta commerciale attraverso l'oceano indiano ci sono stati tramandati dal Periplus Maris Erythraei. Secondo lo storico romano Strabone, il primo Impero inviò una flotta di circa 120 navi per un annuale viaggio per l'India e ritorno. La flotta programmò il viaggio attraverso il mar arabico in modo da trarre vantaggio dai monsoni che spirano in quella zona in alcuni mesi dell'anno.

Nel viaggio di ritorno, le navi attraversarono il mar Rosso, dalle cui rive furono trasportate via terra o navigarono per il canale del Nilo fino al fiume Nilo e da qui su chiatte fino ad Alessandria. Da qui proseguirono per Roma. Questa rotta commerciale dall'India per l'Europa dominerà il commercio del pepe per i prossimi 1500 anni a venire. Con le navi che partivano direttamente dalle coste del Malabar, il pepe nero percorreva ora una rotta più breve rispetto al pepe lungo e quindi il suo prezzo divenne più conveniente. Plinio il vecchio nella sua Storia naturale ci dice i prezzi a Roma intorno al 77 d.C.: Il pepe lungo costava 45 denari al chilogrammo mentre il pepe bianco costava 18 denari ed il pepe nero soltanto 9 denari. Plinio si lamentava "non vi è anno in cui l'India non dreni 50 milioni di sesterzi all'Impero romano" e altri moralismi sul pepe:
« È sorprendente che l'uso del pepe sia diventato così di moda, vedendo che nelle altre sostanze che usiamo è la dolcezza o la loro apparenza che ha attratto la nostra attenzione; il pepe non ha nulla in se che possa implorare una raccomandazione come altri frutti, avendo come unica qualità una certa piccantezza; ed è per questo che ora lo importiamo dall'India! Chi fu il primo che fece di esso un genere alimentare? E chi, per mia meraviglia, non fu contento di preparare per sé stesso un pasto che servisse soltanto a saziare un robusto appetito? »
Il pepe nero era quindi molto conosciuto e diffuso nell'Impero Romano, anche se era molto costoso. Apicio nel De re coquinaria, un libro di cucina del III secolo basato almeno in parte su uno del I secolo, inserisce il pepe nella maggioranza delle ricette. Edward Gibbon scrisse nel libro The History of the Decline and Fall of the Roman Empire, che il pepe era «l'ingrediente preferito nella più esclusiva cucina romana».

Il pepe nell'Europa postclassica
Il pepe aveva una così alta quotazione da essere spesso usato come valore di scambio nei mercati finanziari e spesso addirittura come moneta. Il gusto del pepe (o l'apprezzamento del suo valore monetario), aumentarono l'appetito di chi voleva la caduta di Roma. Si dice che sia l'unno Attila che il visigoto Alarico chiesero per la salvezza di Roma un riscatto di oltre una tonnellata di pepe, quando assediarono la città nel V secolo. Dopo la caduta di Roma, prima i Bizantini e poi gli Arabi assunsero il controllo del traffico del pepe. Alla fine del primo medioevo il controllo del traffico del pepe era saldamente nelle mani degli islamici. Un tempo nel Mar Mediterraneo il commercio era monopolizzato da alcuni stati italiani quali la Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova. Lo sviluppo di queste città-stato fu dovuto per la massima parte al commercio del pepe.

È comune credenza che nel medioevo il pepe fosse usato per migliorare il sapore della carne parzialmente andata a male; non vi è alcuna evidenza che supporti questa diceria e gli storici ritengono questo altamente inverosimile. Nel medioevo il pepe era un genere di lusso che poteva essere comperato soltanto da gente facoltosa e non aveva bisogno di questi sotterfugi potendo comperare carne fresca.
Altri sostengono che il pepe veniva aggiunto al vino o alla birra andata a male per migliorarne il sapore, ma anche in questo caso vale quanto considerato sopra. Altrettanto inesatta è la credenza che il pepe venisse usato largamente come antibatterico; pur essendo vero che la piperina, la sostanza che dona al pepe la sua piccantezza, ha alcune proprietà antimicrobiche, è altrettanto vero che la concentrazione usata per la speziatura delle vivande aveva uno scarsissimo effetto terapeutico.

Il suo prezzo esorbitante durante il medioevo ed il monopolio del commercio detenuto dalle Repubbliche marinare italiane, fu uno dei motivi che indusse il Portogallo a cercare una rotta marina per l'India. Nel 1498 Vasco da Gama fu il primo europeo a giungere in India via mare. A Calcutta gli Arabi gli chiesero perché fosse venuto e lui rispose "cerchiamo cristiani e spezie". Benché questo primo viaggio in India, passando per il capo di Buona Speranza, sia stato un modesto successo, i portoghesi tornarono presto in gran numero ed usando la loro superiore potenza navale ottennero il controllo completo del traffico delle spezie nell'oceano Indiano.

Questo fu l'inizio del primo impero europeo in Asia che ebbe maggiore legittimazione (almeno da una prospettiva europea) dal trattato di Tordesillas che garantiva al Portogallo diritti esclusivi sulla metà del traffico mondiale del pepe.
I Portoghesi non furono però capaci di mantenere a lungo la loro supremazia sul traffico del pepe. La vecchia rete commerciale di Arabi e Veneziani contrabbandò con successo enormi quantità di pepe evitando la scarsa sorveglianza portoghese. Ancora una volta enormi quantitativi di pepe raggiungevano Alessandria e l'Italia.

Nel XVII secolo i Portoghesi cedettero quasi interamente i loro possedimenti dell'oceano Indiano a Olandesi e Inglesi. Il porto di Malabar cadde in mani olandesi fra il 1661 e il 1663.
A causa dell'incremento dell'importazione il prezzo del pepe declinò molto rapidamente. Questa spezia che nel medioevo era appannaggio dei soli ricchi, divenne così diffusa da poter essere usata giornalmente da tutti o quasi.

Il pepe in Cina
È possibile che il pepe fosse conosciuto in Cina già nel II secolo a.C., se la notizia riportata da un esploratore di nome Tang Meng (唐蒙) è corretta. Inviato dall'imperatore cinese Wu Han nella regione che è ora il sud-ovest della Cina, Tang Meng disse di essere venuto attraversando qualcosa chiamato jujiang o salsa di betel. Egli disse di venire dal mercato di Shu, l'attuale provincia cinese di Sikiang. Il punto di vista degli storici è che la salsa di betel sia una salsa fatta con le foglie di betel, ma alcuni fondati argomenti fanno pensare che si tratti di pepe. Nel III secolo d.C., il pepe appare per la prima volta in modo sicuro in testi cinesi come hujiao o pepe straniero.

Marco Polo testimoniò sulla popolarità del pepe nella Cina del XIII secolo quando relazionò sul suo consumo nella città di Kinsay (Zhejiang): ...Messer Marco udì da uno degli ufficiali delle dogane del Gran Khan che la quantità giornaliera di pepe introdotta nella città ammontava a circa 4.100 chilogrammi. Marco Polo non è considerato un testimone molto attendibile riguardo alla Cina, con le sue notizie di seconda mano, ma se la sua testimonianza fosse reale l'importazione di pepe della Cina avrebbe superato quella della intera Europa.


Malgrado il pepe venga abbondantemente usato nella cucina di tutto il mondo, esistono pesanti riserve riguardanti gli effetti tossici sull'organismo umano, riserve che inspiegabilmente vengono prese in scarsa considerazione dalla classe medica. Questa tossicità dipende dal fatto che le particelle costituenti la droga macinata non sono solubili, a differenza di quelle del peperoncino.

Di conseguenza ogni minuscolo granello di pepe ingerito non viene assorbito e si trova a contatto con le mucose dell'apparato digerente sulle quali è in grado di provocare uno stato di infiammazione. 
Sono note le correlazioni tra infiammazione e possibile facilitazione all’ insorgenza di malattie cancerogene.

Il pepe dovrebbe quindi essere bandito dalla tavola di persone affette da: reflusso gastro-esofageo, esofagite, ulcera gastrica, ulcera duodenale, tutte le malattie dell'intestino, dalle coliti al morbo di Crohn, da diverticolite a semplice icolon irritabile, emorroidi di qualsiasi grado, ragadi anali. In poche parole il pepe è controindicato in tutti i casi di patologia dell’apparato digerente.
Particolare cura andrebbe posta nell'evitare l'uso del pepe ai bambini e agli anziani.

Il pepe riceve la sua piccantezza quasi completamente dalla piperina, una sostanza che si trova sia nella polpa che nel seme.

La piperina raffinata è piccante circa l'uno per cento rispetto alla capsaicina contenuta nei peperoncini. La polpa, lasciata nel pepe nero, contiene anche importanti aromi quali: terpene, pinene, sabinene, limonene, caryophyllene e linalool che danno sapore di limone, di legno e di fiori. Questi profumi sono molto ridotti nel pepe bianco in quanto completamente privo della polpa. Il pepe bianco può contenere altri sapori (compreso odore di stantio) a causa della lunga fermentazione.
Il pepe perde sapore ed aroma per evaporazione, pertanto la conservazione sotto vuoto aiuta a mantenere più a lungo l'originale fragranza della spezia. Il pepe perde sapore quando viene esposto alla luce, a causa della trasformazione della piperina.

Il pepe macinato perde subito il suo aroma e pertanto molte ricette di cucina raccomandano di macinare il pepe al momento. Macina pepe manuali vengono usati per macinare la spezia sia a tavola che in cucina. Macinini si trovavano nelle cucine europee sin dal XIV secolo ma il mortaio ed il pestello usati in precedenza rimasero in uso ancora per secoli.

Commercio mondiale
Il pepe rappresenta, in valore monetario, il 20% del commercio di spezie nel mondo (2002). Il prezzo del pepe è volatile e fluttua molto di anno in anno. Ad esempio nel 1998 il valore del pepe rappresentò il 39% di tutte le spezie commercializzate.
Il mercato mondiale del pepe è a Kochi. Il Vietnam è recentemente diventato il maggior produttore mondiale di pepe. I maggiori produttori mondiali sono: Vietnam (85.000 tonn.), Indonesia (67.000 tonn.), India (65.000 tonn.), Brasile (35.000 tonn.), Malesia (22.000 tonn.), Sri Lanka (12.750 tonn.), Thailandia e Cina.Inoltre anche la Cambogia è stata un importante produttore storico di pepe .Celebre era infatti quello proveniente dalla località di Kep. Il Vietnam domina l'esportazione mondiale vendendo sul mercato quasi totalmente la sua produzione.

Linguaggio dei fiori e delle piante
Il pepe ha un preciso significato nel linguaggio dei fiori e delle piante: una persona "tutta pepe" indica una persona vivace; una persona che non è "né sale, né pepe" avendo queste due cose un gusto deciso e determinato, significa "essere insignificante".

https://it.wikipedia.org/wiki/Piper_nigrum#Variet.C3.A0_di_pepe_e_spezie_erroneamente_ad_esso_collegate


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