domenica 3 gennaio 2016

IVREA: addio a Laura Olivetti ultima figlia di Adriano

È morta nella serata di sabato, nella sua casa di strada del Bidasio, una casa dove non mancavano mai i fiori freschi ed era lì, a due passi da Villa Girelli e da dove, tra gli alberi, lo sguardo poteva abbracciare Palazzo uffici e la parte di via Jervis che meglio rappresenta la storia di un’impresa.

Laura Olivetti aveva appena compiuto 65 anni ed era malata da tempo. Era figlia di Adriano Olivetti e quando lui morì, sul treno, quel sabato di Carnevale del 1960, lei aveva nove anni. Quel padre, però, lei lo aveva conosciuto nella complessità della sua figura solo negli anni a venire. E non ha mai smesso di scoprirlo e, soprattutto, di indagare come gli altri (sempre di più) ne condividono oggi il pensiero e hanno la forza di essere persone del futuro.

Fin dal 1979, Laura Olivetti è stata componente del consiglio di amministrazione della Fondazione Adriano Olivetti, dal 1997 presidente. Quella Fondazione che, ieri, in segno di lutto, ha spento tutte le immagini, rendendole nere.

Non più tardi del luglio scorso, raccontando l’attività della Fondazione in occasione del conferimento, a lei, del premio Unesco ombre della sera alla cultura diceva: «Forse non vi sembrerà vero, ma la Fondazione Olivetti è un posto per giovani. Ed è bellissimo». Giovani che scrivono tesi di laurea, dottorandi, ricercatori, in un’attenzione crescente a ciò che è accaduto e a ciò che è stato lasciato e tutto ciò che è immateriale e quindi pensiero intangibile. Un’attenzione che si era moltiplicata nell’ultimo anno da quando la storia di Adriano Olivetti era uscita dai libri e dai ricordi per incontrare il grande pubblico nella fiction dove Adriano aveva il volto di Luca Zingaretti.


Laura Olivetti amava Ivrea e, in città, tutti l’hanno sempre chiamata Lalla, come quando era bambina. Nel 2008, in occasione del centenario per la nascita della prima fabbrica italiana per macchine per scrivere, attraverso la Fondazione regalò quella che aveva definito, sulle orme della filosofia del padre, «un’idea di futuro». E sì, perché candidare Ivrea, città industriale del ventesimo secolo a patrimonio dell’Umanità era come regalare una nuova idea di futuro che parte dal passato, ne reinventa gli spazi, li mostra, li valorizza. In quegli anni, tra i vari progetti, fu realizzata anche un’interessante ricerca sull’intangibile, su ciò che esiste nel pensiero e nelle azioni e in questo territorio c’è molto dell’intangibile Olivetti.

Laureata, con lode, in lettere e filosofia all’Università La Sapienza, a Roma, dagli anni Sessanta, dopo la morte del padre ha vissuto sempre tra Roma e Ivrea. Sempre attenta ai temi sociali, collaborò, subito dopo la laurea, alla ricerca commissionata dal ministero del Lavoro e in collaborazione con la Caritas sulla “Valutazione del disagio psicosociale degli immigrati in Italia”. Ha fatto parte dell’associazione dello studio del problema mondiale dei rifugiati, tra i fondatori della società italiana studi disturbi del comportamento alimentare, si è occupata di dispersione scolastica per gli studenti della secondaria di primo grado, era iscritta all’ordine degli psicologi. E poi, negli ultimi vent’anni, c’è stato l’impegno forte nella Fondazione, con un’attività poliedrica: dal lavoro sugli archivi a (di Camillo e Adriano e acquisendo i depositi dell’archivio di Ludovico Quaroni e di Friedrich Friedmann, curato la traduzione di saggi, seguendo i rapporti tra Fondazioni e comunità europea, seguendo progetti nelle città per giovani imprese e periferie.


L’addio a Ivrea a Laura Olivetti sarà domani, martedì 22 dicembre: prevista una camera ardente a palazzo civico, dalle 8 alle 11 e, alle 12, i funerali in duomo. Lascia i tre figli: Beniamino, Giacomo e Nicolò.

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