martedì 1 agosto 2017

Dura vita delle programmatrici di Facebook

Il social network ammette che l’integrazione della forza lavoro femminile è un problema irrisolto a livello di settore. Ma le accuse sulle discriminazioni contro le dipendenti che ricoprono in ruoli tecnici è «fuorviante e controproducente»

A settembre dello scorso anno uno studio condotto internamente da una programmatrice di Facebook, diffuso dal Wall Street Journal , mostrava dati allarmanti sulla discriminazione nei confronti del lavoro svolto dalle programmatrici donne. Come in tutte le grandi aziende software, i processi di Facebook prevedono una revisione interna del codice in più passaggi prima che le modifiche - che possono influire sulla funzionalità della piattaforma - finiscano “in produzione”, ovvero vengano rese pubbliche sulla versione della piattaforma accessibile agli utenti. Secondo i dati dello studio il codice sottoposto a revisione da un’impiegata aveva il 35% di probabilità in più di essere respinto rispetto a quello sottoposto dai colleghi uomini

Un mese più tardi il capo della divisione tecnica di Facebook, Jay Parikh , ha pubblicato un nuovo report, condotto usando dati sensibili dei dipendenti cui l’autrice del primo studio non aveva accesso. I nuovi risultati smentivano le discriminazioni cui alludeva l’analisi, mostrando che in realtà le differenze finivano per normalizzarsi considerando, tra gli altri fattori, anche il livello di inquadramento (e dunque l’esperienza) del programmatore.  
“Ogni discrepanza rilevante che emerge dall’analisi dei dati completi,” aveva detto in quell’occasione un portavoce di Facebook, “è chiaramente attribuibile non tanto al genere quanto all’anzianità del dipendente”.  
Ma il problema dell’inclusione femminile in ruoli tecnici rimane pressante, come ammette in primis proprio il social network, spiegando che “l’attuale rappresentazione di programmatrici donne in ruoli senior, sia presso [di noi] sia in tutto il settore, non è neppure lontanamente ai livelli auspicabili”


DONNE E TECNOLOGIA  
I dati sull’impiego femminile nel settore scientifico e tecnologico nel 2016, raccolti dal National Science Board degli Stati Uniti , confermano la tendenza. Negli Stati Uniti le donne sono circa la metà della forza lavoro laureata, ma meno di una su tre lavora in settore scientifici o ingegneristici. Nell’ambito puramente tecnologico, la presenza femminile è persino inferiore: le donne sono solo il 10,7% degli ingegneri impiegati nel settore elettrico, elettronico o informatico. Numeri peggiori si registrano soltanto nel settore della meccanica (7,9%).  

La diffusione di studi come quello condotto l’anno scorso dall’anonima dipendente e riportato dal Wall Street Journal, precisano però dall’azienda, non aiutano a migliorare la situazione. Anzi, finiscono per essere controproducenti.  
“Un fattore chiave nella nostra capacità di assumere più donne in ambito ingegneristico è il nostro ‘recruiting brand’”, si legge in un memo interno redatto dalla responsabile delle risorse umane di Facebook, Lori Goler, pubblicato dal Guardian. “Sfortunatamente una storia basata su dati incorretti che ci dipinge in una luce negativa avrà effetti negativi sulla nostra capacità di attrarre candidate donne; non è il massimo neppure per chi già lavora per noi. In altre parole ci spinge nella direzione sbagliata”.  

IMPEGNO REALE  
L’impegno del social network, va detto, è concreto e va oltre i proclami: Facebook, come altri giganti della Silicon Valley, ha investito risorse ingenti nel tentativo di rendere più plurale e inclusiva la propria forza lavoro. La Chief Operative Officer Sheryl Sandberg, ad esempio, segue in prima persona gli sforzi del social network per aumentare la “diversity” degli impiegati dell’azienda. Sforzi che tuttavia non sembrano funzionare più di tanto. I dati più recenti diffusi da Facebook mostrano che nei ruoli tecnici le dipendenti donne sono solo il 17,5%, una percentuale che è rimasta stabile nel corso degli ultimi anni. 

PROBLEMA CULTURALE  
ll problema ha profonde radici nella percezione del ruolo femminile nella società. Per convincersi delle basi culturali della carente parità di genere nel settore tecnologico basta consultare le statistiche che arrivano dalla Russia.  
Nei paesi dell’ex-URSS le famiglie e la scuola incoraggiano le bambine a mostrare interesse nelle materie scientifiche, che sono considerate importanti per il futuro lavorativo indipendentemente dal genere dello studente. Anche la forte presenza di educatrici donne in ambiti scientifici gioca un ruolo fondamentale nello stabilire modelli positivi per le giovani donne.  

È un retaggio del periodo sovietico, quando l’educazione scientifica era funzionale alla prosperità della nazione e lo studio delle materie tecniche obbligatorio per tutti. Il risultato è un generale aumento di interesse della popolazione femminile per una carriera in ambito scientifico.  

Un recente studio promosso da Microsoft mostra che nel resto d’Europa la tendenza è esattamente opposta . L’interesse delle ragazze per le materie scientifiche, informatica in testa, comincia a diminuire verso i 15 anni. Un periodo chiave, in cui lo studente inizia a valutare più concretamente le proprie scelte di studio future. La colpa, secondo i ricercatori, è da attribuirsi agli stereotipi di genere, all’assenza di modelli femminili forti, alla pressione e alle aspettative della società, e soprattutto alla mancanza di stimoli e incoraggiamento da parte delle famiglie e degli insegnanti



http://www.lastampa.it/2017/07/23/tecnologia/idee/la-dura-vita-delle-programmatrici-di-facebook-3iol0jFX90twvtWj8Tar1N/pagina.html

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