mercoledì 18 febbraio 2015

CASI MAJORANA E ORLANDI: la procura chiude i gialli storici

L’archiviazione sulla scomparsa del fisico catanese precede la conclusione di un’altra indagine pluridecennale, quella sulla «ragazza con la fascetta». Analogie e retroscena

di Fabrizio Peronaci


Le analogie - dando per scontate le ovvie specificità dei due casi - sono numerose: le scomparse di Ettore lo scienziato catanese e di Emanuela la figlia del messo pontificio hanno segnato periodi importanti del Novecento italiano; su entrambe ha aleggiato lo spettro di deviazioni e di oscure ragioni di Stato; sia per l’uno sia per l’altra si è fatta l’ipotesi di una segregazione in ambiente religioso,
fosse esso un monastero in Calabria o un convento di clausura sperduto tra l’Alto Adige, il Lussemburgo e il Liechtenstein; in ambi i casi sono state offerte consistenti somme di danaro (30 mila lire da Mussolini, un miliardo dagli Orlandi) a chi fosse stato in grado di fornire notizie utili e decisive; le relative inchieste sono andate avanti per decenni.

Ora, per un bizzarra coincidenza che forse proprio casuale non è, il caso Majorana e il caso Orlandi arrivano nello stesso periodo al loro esito giudiziario presso la stessa Procura, quella di Roma. Per il giallo del fisico svanito nel nulla dopo aver lasciato Napoli nel 1938 a bordo di un piroscafo diretto a Palermo i magistrati, dopo averne accertato la presenza in Venezuela negli anni Cinquanta, hanno optato per la richiesta di archiviazione, sentendosi certi di poter escludere «condotte delittuose o autolesive», vale a dire l’omicidio o il suicidio. Appurato che il genio degli studi sull’atomo era in vita molti anni dopo, e non essendo emersi elementi sospetti, il giallo è stato insomma considerato chiuso, anche se la fine non è nota. Diverso, almeno nel paradigma conclusivo, appare il quadro investigativo legato alla scomparsa della «ragazza con la fascetta», avvenuta nel giugno 1983. L’inchiesta per sequestro aggravato dalla morte dell’ostaggio (che sta per concludersi con la richiesta di rinvio a giudizio davanti a una Corte d’assise o, al contrario, con un’archiviazione) ha infatti portato nel corso degli ultimi sette anni all’iscrizione di sei persone sul registro degli indagati.

Lo scenario di un’azione violenta ai danni della vittima, nell’ambito di un presunto ricatto attuato contro il Vaticano di Giovanni Paolo II e del capo dello Ior Marcinkus, con la partecipazione «operativa» di elementi della banda della Magliana, è stato ritenuto concreto, sulla base di precisi indizi. Tre dei sei indagati erano infatti agli ordini del boss «Renatino» De Pedis: uno avrebbe guidato la macchina in cui c’era Emanuela, al Gianicolo, prima della consegna a un non meglio specificato prelato, mentre gli altri due «sgherri» avrebbero pedinato la ragazza nei giorni precedenti il rapimento. Oltre a monsignor Pietro Vergari, discusso rettore della basilica di Sant’Apollinare dove fu poi inspiegabilmente sepolto il boss, e Sabrina Minardi, l’ex amante di «Renatino»che ha confusamente ricordato di aver visto gettare due sacchi (con dentro, forse, il corpo di Emanuela), in una betoniera, la conta degli indagati chiama in causa l’ultimo arrivato (nel 2013), il più sorprendente, reo confesso: quel Marco Fassoni Accetti che si è autoaccusato di aver avuto un ruolo come organizzatore e telefonista nel sequestro Orlandi (e in quello collegato di un’altra quindicenne, Mirella Gregori), per conto di un gruppo di laici ed ecclesiastici favorevoli alla Ostpolitik del cardinale Casaroli, all’epoca impegnati in una guerra di potere contro il fermo anticomunismo di papa Wojtyla e la (mala) gestione dello Ior da parte dello spregiudicato Marcinkus.

Per sciogliere l’enigma Orlandi, adesso, la Procura di Roma è chiamata a valutare uno ad uno centinaia di indizi, riscontri, prove; dovrà essere definito il ruolo avuto dagli indagati o, in caso di archiviazione, andrà motivata la loro uscita di scena dalla cerchia dei sospettati. Procedere per sottrazione, come nel caso Majorana, non è possibile. Anche perché, purtroppo, quella ragazzina dal viso simpatico e i lunghi capelli scuri nessuno l’ha mai più rivista.


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