venerdì 29 maggio 2015

Il soldato greco e spartano: l'oplita

L'oplita (od oplite; in greco antico Ὁπλίτης, traslitterato in hoplìtes), al plurale opliti, era un soldato della fanteria pesante dell'antica Grecia.

oplita spartano


La sua armatura, definita con il termine panoplia, era costituita da un elmo, in greco kranos, da una corazza pesante, da schinieri in bronzo, da una corta spada in ferro (xiphos), da una lancia (dory) ed infine da uno scudo bronzeo rotondo (oplon) fornito di un passante centrale e di un'impugnatura lungo il bordo (antilabē).
Questo tipo di scudo, che consentiva una tenuta molto salda in posizione di difesa contro gli assalitori, costituì un'innovazione decisiva e sembra da mettere in relazione con il sorgere della falange, formazione compatta di combattenti che con gli scudi si coprivano a vicenda.
L'innovazione consisteva nelle dimensioni dello scudo, che variavano dai 60 cm ai 90 cm, sufficienti a proteggere le parti del corpo più vulnerabili.

Il termine oplita indica i soldati di fanteria pesante greca provvisti del caratteristico scudo chiamato oplon, variante argiva dell'aspis.
A partire dal 1300-1200 a.C. alcune popolazioni anatoliche iniziarono ad utilizzare, presto imitate nell'Egeo, armature pesanti e ampi scudi, atti a ripararsi adeguatamente dalle armi degli arcieri a cavallo, dei carri da guerra e dalle avverse fanterie. Questi guerrieri iniziarono anche ad utilizzare ben presto lunghe lance, invece di corti giavellotti e lance leggere.
Lo scudo di legno e di vimini che copriva l'intera persona fu sostituito da quello di metallo, il quale copriva tre quarti del guerriero. Le parti esposte venivano protette con armature specifiche per le gambe, le braccia e la testa. Il complesso di queste armi, compresa la spada, costituiva la panoplia. Essa era meno costosa della dotazione del cavaliere e quindi poteva essere posseduta dai cittadini della classe media. Gli opliti spartani erano tenuti ad avere armature tutte uguali, mentre nelle altre polis si stabiliva solo il tipo di dotazioni necessarie ed ogni singolo oplita se le procurava in base ai suoi gusti ed alle sue possibilità
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Gli opliti in battaglia operavano in ranghi serrati costituendo un muro di metallo da cui spuntavano le lunghe lance, tale formazione fu tanto efficace che il ruolo della fanteria leggera, della cavalleria e dei carri da guerra, fu notevolmente ridimensionato in Grecia. La filosofia bellica dell'oplite si basava sulla moderazione e l'aiuto reciproco e non sulle gesta valorose di un eroe, non esistono infatti opliti nei poemi omerici.
Nei sec. VII-VI a.C. gli opliti divennero la forza preponderante negli eserciti di Atene, di Sparta e di altre città greche, e tale struttura militare si diffuse in Occidente sia nelle comunità della Magna Grecia, sia attraverso la società etrusca a Roma, dove furono valorizzati politicamente nella metà del VI secolo a.C. con la costituzione centuriata di Servio Tullio. In seguito, con il decadere dei regimi aristocratici, gli opliti rimasero il corpo militare per eccellenza, nel quale venivano però arruolati, ormai a spese dello stato, anche cittadini delle classi meno abbienti.
La struttura militare dell'esercito oplitico venne superata prima dagli eserciti organizzati sempre in falange, macedoni, e infine dai romani, la cui tecnica militare si era evoluta nella tattica manipolare (basato su unità chiamate manipoli).

Opliti spartani
Gli Spartiati consideravano se stessi gli unici veri opliti.
Infatti i bambini venivano educati alla guerra e all'uso delle armi da una apposita struttura voluta da Licurgo e definita agoghé.
Tale sistema venne introdotto a Lacedemone intorno al 669 a.C. dopo aver subito una durissima sconfitta ad opera di Argo, precursore dell'utilizzo della falange e la conseguente rivolta messenica. L'ordinamento che ne seguì, l'eunomia, permise l'affermazione, sul piano militare prima e su quello sociale poi, dell'oplita spartano. Gli uguali, “homoioi”, vivevano solo per la guerra e la politica, i lavori umili erano affidati agli iloti.
Di etnia dorica erano gli unici abitanti della città che detenevano diritti civili e politici, avevano l'obbligo di coltivare l'arte della guerra e, partecipare alla syssitia. Il significato letterale era “comunità dei pasti”: si trattava di pasti comuni ai quali era severamente vietato mancare, tuttavia non erano semplici banchetti, il valore dei sissizi era di natura quasi sacrale, poiché rinsaldava i legami tra gli spartiati. Agli spartiati era vietata qualsiasi forma di attività commerciale a cui si dedicavano i perieci, i quali partecipavano alla guerra al fianco degli opliti spartiati in qualità di opliti leggeri o di membri di altri contingenti, mentre gli iloti, lavoravano la terra degli spartiati, ed erano obbligati a servire i “signori” spartani in guerra accompagnandoli portando loro la panoplia e le vettovaglie.
Gli opliti spartani non erano famosi solo per l'addestramento e la disciplina, ma anche per il modo di combattere; soltanto loro, ad esempio, aprivano le ostilità marciando cadenzati al passo della musica dei flauti (i suonatori di flauti, all'interno della società spartana godevano di particolare rispetto) in luogo di una carica spesso disordinata.
« "A questo punto le armate avanzarono i primi passi; gli Argivi e gli alleati si spingevano avanti con il cuore in tumulto, fremendo: gli Spartani con fredda disciplina, al suono regolato di molti flautisti, come usa tra loro, non per devozione al dio, ma perché la marcia di avvicinamento proceda misurata e composta, ad evitare lo scompiglio che suole nascere tra le file dei grandi eserciti nella fase di attacco." »
(Tucidide. La guerra del Peloponneso, Libro 5 paragrafo 60)
Demarato, rispondendo a Serse I, disse:
« “E così i Lacedemoni, che ad uno ad uno non sono inferiori in combattimento ad alcun popolo, uniti insieme sono i più valorosi uomini del mondo” »
(Erodoto, Storie VII 104 4,5)
« La vista dei mantelli scarlatti e dei lunghi capelli degli uomini di una falange spartana instillava la paura nell'animo di quasi tutti i nemici »
(Senofonte, Repubblica Lacedemone 10.3.8)
gli stessi ateniesi, soldati di grandissimo valore, non erano esenti da ciò: poiché Cleonte, comandante degli ateniesi ad Anfipoli nel 422:
« “si diede alla fuga non appena vide la “Lambda” scarlatta che brillava sugli scudi degli spartani dall'altra parte della piana” »
((Eupoli, F. 359:99))
Infine, per citare Plutarco:
« “era uno spettacolo grandioso ed insieme terrificante vederli avanzare, al passo cadenzato dei flauti, senza aprire la minima frattura nello schieramento o provare turbamento nell'animo, calmi e allegri, guidati al pericolo dalla musica.” »
((Plutarco, Vita di Licurgo 22.2.3))
Non deve sorprendere, dunque, che Sparta sia stata, per secoli, l'esempio da seguire e da imitare per ciò che riguardava ogni aspetto della marzialità e della capacità militare.

Opliti greci
In Beozia l'oplita praticava il culto del proprio corpo praticando quotidianamente ginnastica e allenamenti che lo preparassero alla guerra. Al contrario degli altri fanti il soldato beota combatteva completamente nudo, cosa che gli permetteva una maggiore elasticità; la panoplia, quindi, consisteva nel paio di stivaletti che gli permettevano una aderenza maggiore in fase di spinta durante lo scontro tra falangi.
Gli altri contingenti al contrario combattevano a piedi scalzi, ma rivestiti della pesante e costosa panoplia.
Anche ad Atene come a Sparta l'oplita veniva seguito da un attendente chiamato SKENOPHOROS o da un parente più giovane al fine di fare esperienza.

Opliti ificratei
Nel IV secolo a.C., durante la Guerra di Corinto, lo stratega ateniese Ificrate riformò l'armamento dei suoi opliti cercando di superare il modello dominante imposto dai continui successi bellici degli spartani. L'oplita ificrateo era armato di una picca più lunga rispetto alla dory tradizionale, un accorgimento molto probabilmente derivato dall'osservazione delle armi in uso presso i soldati d'Egitto che spesso gli strateghi professionisti greci erano chiamati a comandare per conto dei faraoni. Per impugnare quest'arma più lunga, l'oplita necessitava di entrambe le mani, motivo per il quale Ificrate abbandonò l'uso del pesante aspis ed adottò la pelta in uso presso le truppe degli schermagliatori (i peltasti); la corazza venne allegerita e l'elmo corinzio sostituito con uno di tipo beotico conico, a forma di Pileo. Obiettivo della riforma dell'armamento era mettere le truppe ificratee nella condizione di poter bloccare la carica degli opliti spartani e vanificarne l'urto pesante, tenendo i fanti pesanti nemici a distanza con le lunghe picche per farne poi facile bersaglio agli attacchi rapidi degli arcieri (toxotes) e dei peltasti.

Opliti macedoni
La riforma ificratea dell'armamento oplitico fu un passaggio fondamentale verso il successivo sviluppo della falange macedone creata da Filippo II di Macedonia. La falange macedone era composta da 8000 fanti su 16 file con opliti dotati di lance lunghe da 5 a 7 m, a seconda della fila che occupavano.

Ricostruzioni cinematografiche
Tra le tante che si sono succedute nel tempo, è possibile vedere una recente ricostruzione delle armi e delle tecniche di battaglia degli opliti nel film del 2004 Alexander e in quello del 2007 dal titolo 300 a sua volta basato sull'omonimo fumetto. Va detto, tuttavia, che nel primo si tratta di formazioni falangite, un'evoluzione macedone successiva e molto differente dalla falange oplitica.

http://it.wikipedia.org/wiki/Oplita








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