martedì 10 marzo 2015

Gli zoo sono istituzioni ottocentesche senza senso

Oltre 5 mila animali di grossa taglia vivono in cattività. La legge del 2005 impone regole più severe. Ma solo in 48 (su 86) hanno la licenza. Gli animalisti: «Ora basta»

di @GiusiFasano

Per tenere in piedi «Zoom», considerato il parco zoologico più moderno e all’avanguardia, servono ogni anno più o meno 4 milioni di euro. La voce di bilancio più alta è il personale, ovviamente, seguita dal cibo e cioè quintali e quintali di carne, pesce, ortaggi, frutta, erba, fieno, foglie. Tanto per capire: una tigre adulta può mangiare anche dieci chili di carne al giorno, servono carriole piene di frutta per sfamare una famiglia di scimpanzé, sono necessari una cinquantina di chili di verdura e fieno per nutrire un elefante adulto e ne servono 40 di erba per soddisfare un rinoceronte. E che sia cibo buono. La vita da reclusi è già dura.

Chiamatelo come volete: zoo, giardino zoologico, parco faunistico, safari park o, se preferite, zoo safari... La sostanza non cambia. Animali di specie e taglie diverse che scandiscono il tempo con pasti serviti da umani e che vivono i giorni in un eterno avanti-indietro: i più fortunati in territori grandi abbastanza per un’esistenza dignitosa, gli altri in spazi appena sufficienti a qualche salto o a pochi passi. «Stanno bene, non hanno bisogno di cacciare e non si ammalano» è la risposta standard di chi si sente chiedere «ma non starà un po’ stretto là dentro?». «Stretto? Nooo. Lui sta bene così». Sarà.

Benvenuti nel mondo degli zoo che più lo vedi da vicino più assomiglia a una giungla,
soprattutto se parliamo di norme, verbali, licenze, regolamenti, linee guida, sopralluoghi, ministeri di riferimento. Benvenuti in un argomento per il quale non sarà mai firmato un trattato di pace. Perché non ci sarà mai nessuna stretta di mano fra gli animalisti che vorrebbero gli zoo tutti chiusi per sempre e i proprietari che sono convinti di essere benefattori per gli animali, la ricerca, la riproduzione e per le famiglie con bambini.
Un passo indietro nel tempo La direttiva europea, che stabiliva il da farsi con chi aveva animali da proporre al pubblico, fu firmata nel 1999. Noi ci abbiamo messo sei anni per trasformarla in legge ma finalmente, nel 2005, anche l’Italia ha scritto nero su bianco le regole per cambiare la concezione stessa degli zoo, non più soltanto aree con animali in gabbia da esporre ai visitatori ma luoghi da trasformare fisicamente per assicurare un «elevato livello qualitativo nella custodia e nella cura» degli ospiti, chiamiamoli così. Posti e progetti in grado di garantire benessere ed esigenze biologiche, di riproduzione e di conservazione ad animali che nella stragrande maggioranza non hanno mai vissuto nei loro ambienti naturali perché nati e cresciuti in cattività.

«Solo belle parole vuote» attacca il direttore generale dell’Enpa Michele Gualano. «E invece gli zoo vanno chiusi. Ragioniamo in prospettiva per eliminarli impedendo la riproduzione e basta con la scusa che servono alla scienza e all’educazione». Gli fa eco Roberto Bennati, vicesegretario della Lega antivivisezione: «La chiusura è l’unica via possibile. Centinaia di migliaia di animali sono detenuti in strutture inadeguate, come dimostra la nostra inchiesta più recente su i più importanti dieci zoo italiani, tutti con gravissime violazioni. Cosa c’è di educativo nel mostrare un leone o una scimmia in gabbia? E poi non è vero che sono nati tutti in cattività, c’è un traffico di animali prelevati in natura». Michela Brambilla, deputata e presidente della Lega italiana difesa animali e ambiente, dice che «gli zoo sono istituzioni ottocentesche», che «non hanno più senso» e ricorda di aver depositato una proposta di legge sulla loro «abolizione e riconversione».

Quando arrivò la legge gli zoo esistenti avevano due scelte possibili: chiedere la licenza adeguandosi alle nuove norme oppure chiedere di esserne esclusi (diventando così «mostre faunistiche») perché in possesso di un numero di esemplari o specie ritenuto non significativo. Si fecero avanti in 86. Numero delle licenze concesse finora: 48, 21 sono zoo degni del loro nome, 27 sono le «mostre» degli esclusi. Cinque i parchi chiusi: tre per licenza negata e altri due perché sotto sequestro della magistratura.

Un censimento nazionale degli animali e delle specie non esiste o ,almeno, nessuno ha assemblato i dati dei singoli zoo (quelli sì esistenti) informazione completa qui




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