lunedì 1 giugno 2015

A Firenze si può ospitare un paziente psichiatrico

Il servizio ha l’obiettivo di inserire a scopo terapeutico-riabilitativo persone sofferenti di disturbi non gravi presso famiglie ma anche singoli

Il progetto si chiama IESA (Inserimenti eterofamiliari supportati e assistiti di adulti con problemi psichici) ed è seguito da tre psicologi che operano nella villa Margherita all’ex Istituto Palagi in viale Michelangelo a Firenze. Il servizio è attivo dal 2006 ed ha l’obiettivo di inserire a scopo terapeutico-riabilitativo e con una forte valenza etica, persone sofferenti di disturbi psichici non gravi presso famiglie ma anche singoli, chiedendo loro se hanno in casa una camera in più e del tempo da dedicare ad un'altra persona. Un’esperienza affettiva e relazionale che ha arricchito tutti coloro che vi hanno aderito, determinando un significativo miglioramento delle condizioni di salute mentale delle persone assistite e, nella maggior parte dei casi, un apprezzabile reinserimento sociale reso possibile proprio dalla ripresa di una vita familiare.

Il progetto prevede che i singoli o le famiglie affidatarie possano ricevere un rimborso spese adeguato all’impegno richiesto, al massimo comunque di 1.200 euro. Naturalmente le convivenze sono supportate e monitorate dagli psicologi del progetto IESA e dagli operatori dei servizi di salute mentale. Attualmente il progetto IESA è nuovamente alla ricerca di famiglie, di Firenze o provincia. Chi fosse interessato a sperimentare questa esperienza di grande impatto emotivo e di indubbia rilevanza sociale può mettersi in contatto con l’equipe telefonando allo 055-6937318 il martedì e il venerdì dalle 11 alle 12 o inviando una e-mail a progetto.iesa@asf.toscana.it
per prendere un appuntamento e avviare un colloquio informativo di reciproca conoscenza.

I nove casi di inserimento finora sperimentati hanno dati ottimi risultati, consentendo significativi recuperi delle competenze acquisite, dei livelli di autonomia e delle capacità relazionali degli ospiti, che presso le famiglie hanno gradualmente intrapreso un percorso di cura di sé, della propria persona e del vestiario, una maggiore regolarità nell'alimentazione, collaborando anche alla preparazione dei pasti. Inoltre, hanno imparato a gestire meglio il proprio tempo e i propri spazi sia all'interno dell'abitazione sia all'esterno. L’inserimento talvolta ha consentito alle famiglie originarie di trascorrere un periodo di distanza dal proprio congiunto, proficuo anche per gli altri membri del gruppo, per far fronte ad altre loro emergenze e per ristabilire flussi comunicativi e relazionali meno viziati dalla routine.

Raffaella Fonda

http://www.iltempo.it/rubriche/salute/2015/05/27/ospitare-un-paziente-con-disturbi-psichici-a-firenze-si-puo-1.1419521

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