Colpo di scena nella vicenda di Albert Woodfox, l’afroamericano di 68 anni che negli ultimi quattro decenni è stato in isolamento dopo esser stato giudicato colpevole dell’assassinio nel 1972 di una guardia del penitenziario di Angola, in Louisiana. Un crimine per cui l’ex esponente delle Pantere Nere ha sempre professato la sua innocenza. Dopo che un giudice federale ha ordinato la sua scarcerazione immediata, il procuratore generale della Louisiana ha temporaneamente bloccato il suo rilascio, affermando che Woodfox è «un assassino» e dovrebbe rimanere in carcere. Sul blocco della scarcerazione è ora attesa una decisione nei prossimi giorni.
43 anni in isolamento
Albert Woodfox, 68 anni, ha passato gli ultimi 43 in una cella di isolamento negli Usa. Ed era sicuro di essere rilasciato dopo una lunga battaglia portata avanti anche da organizzazioni internazionali come Amnesty international. Woodfox era stato condannato due volte per l'omicidio della guardia carcere Brent Miller, morta nel 1972 appunto ad Angola, il penitenziario di Stato della Luoisiana durante una rivolta. Woodfox si è sempre proclamato innocente dell'omicidio e alla fine in appello è stato rovesciato l'esito delle sentenze di condanna. Ma ora la decisione del giudice federale James Brady, che metteva in libertà il prigioniero, è stata bloccata.
I 3 dell'Angola
Woodfox era uno dei «3 dell'Angola», ovvero quel gruppo di detenuti (gli altri erano Robert Hillary King ed Herman Wallace, anche loro afroamericani) il cui isolamento ventennale in celle di due metri per tre venne alla luce nel 1997 e scatenò un'ondata di indignazione pubblica. Di loro si è occupata spesso anche Amnesty International. I processi ai tre sono tutti risultati, alla luce di quanto successivamente emerso, poco equi e impostati sul pregiudizio razziale e politico, poiché erano o divennero impegnati nel gruppo delle Pantere Nere.
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