«Se non cacciate lui, dall’albo ci radiamo noi». Ci sono centoquaranta mail sul tavolo di Thomas Bottello, presidente dell’ordine dei veterinari di Torino e provincia. Sono quelle arrivate soltanto ieri, quando la storia di Luciano Ponzetto era già diventato un caso nazionale. Tutti chiedono di allontanare il medico di Caluso con la passione per i fucili e i safari in giro per mezzo mondo. Un pressing che lo stesso Bottello ammette di far fatica a gestire. «Mi dicono di mandarlo via, punto e basta - spiega -. Anzi, qualcuno si spinge oltre. E mi rincresce notare in questi messaggi lo stesso odio insensato, le stesse parole esagerate che ho letto sui social network».
LE MINACCE
Qualche esempio? «C’è chi arriva a dire di sparare direttamente a lui. Minacce vere e proprie che, almeno tra professionisti, avrei preferito non dover leggere». Ma la posizione del presidente, resta in ogni caso irremovibile. «Non nascondo il mio parere personale su questa brutta storia, che sta facendo del male, e non poco, a tutto il nostro settore. Io stesso non concepisco come sia possibile passare la vita a salvare gli animali e poi prendersi una vacanza per dargli la caccia e ucciderli. Detto questo, Ponzetto non ha infranto nessuna legge e non è quindi punibile in alcun modo. Quello che ha fatto può essere criticato, ma non condannato da questo ordine». Qualcuno potrebbe dunque lasciare spontaneamente l’albo? «Penso più a una provocazione che a un’ipotesi verosimile».
CANILE NEL MIRINO
Intanto, le polemiche si sono già spostate sul canile di Caluso, dove Ponzetto ricopre da sedici anni il delicato in carico di direttore sanitario. Da giorni il sito internet della struttura e il profilo Facebook sono presi d’assalto da chi si professa animalista. L’invito, anche in questo caso, è quello di boicottare il centro per costringerlo ad allontanare il dottore. «Non andrei mai da un veterinario che uccide animali così fantastici che andrebbero protetti - scrive Tiziana -. Se usa i soldi che guadagna salvando i cani per uccidere leoni, dovrebbe essere disoccupato. Chiedo ai miei paesani di cambiare veterinario».
Ma tra i tanti post, c’è anche chi lo difende. «Conosco personalmente la persona in questione - replica Flavio -, e pur non amando la caccia e la sua passione, posso affermare che si tratta di un ottimo medico. Che svolge il proprio lavoro con sincero amore verso i suoi pazienti». Ma le proteste e le critiche a valanga non si placano. Qualcuno inserisce un’altra immagine: Ponzetto accanto a un lupo bielorusso. A terra la neve rossa di sangue. «Questo personaggio è da boicottare». «Facciamogli brutta pubblicità».
http://www.lastampa.it/2015/11/05/societa/lazampa/animali/i-colleghi-contro-il-veterinario-dei-safari-o-viene-radiato-o-ce-ne-andiamo-noi-9ONH7N9HQsqIXexIU2KWFJ/pagina.html
«Sono frastornato. Mi trovo a dover rispondere per una fotografia vecchia di cinque anni. Adesso perfetti sconosciuti mettono in dubbio la mia professionalità, il mio lavoro e l’amore che ho sempre avuto per gli animali». Luciano Ponzetto, 50 anni, è il veterinario cacciatore di Caluso, nel torinese. L’immagine di lui, accovacciato alle spalle di un leone ucciso in Tanzania, ha fatto il giro del web.
In studio, lei cura gli animali. Nel tempo libero, invece, spara e uccide. Non trova che ci sia una contraddizione?
«Nient’affatto. Fa parte della cultura contadina che mi ha cresciuto. Rispetto le regole e le leggi di ogni Paese. E in Italia nessuno vieta a un veterinario di imbracciare un fucile e cacciare».
E la sua coscienza?
«Dall’età di sei anni ho sempre saputo di voler fare questo mestiere. E allo stesso tempo aspettavo il rientro dei cacciatori per vedere le loro prede. Ho questo istinto, anche se dopo aver ucciso, c’è sempre un po’ di amarezza. Ma mi creda: non sono una mosca bianca. Conosco tanti colleghi che si trovano nella mia stessa situazione. Non faccio nomi per evitare che anche loro passino quello che sto passando io».
È vero che si è già rivolto ai carabinieri?
«E che altro avrei dovuto fare. Su internet sto leggendo di tutto. C’è chi mi vuole investire con la macchina. Chi mi vuole sparare in fronte. Mi hanno cercato anche a casa. Fortuna che non tutti la pensano così».
Chi la difende?
«I clienti del mio studio di Caluso. Chi lavora con me nel canile del paese, che seguo da anni. Anche quelli che non condividono le mie passioni sanno che sono un professionista».
Tanti suoi colleghi, però, si sono rivolti all’ordine dei veterinari per chiedere la sua radiazione dall’albo…
«Mi rimetto alle loro decisioni, ma so bene di non aver fatto nulla di irregolare. Faccio questo mestiere da più di 25 anni. Qualcuno, sempre sui social network, scrive che sarei uno facile all’eutanasia. È una frottola: quando si decide di sopprimere un animale, lo si fa perché non c’è altra scelta e con il consenso del suo padrone. Non sono un assassino».
E questi viaggi, in fin dei conti non hanno lo scopo di uccidere?
«No. I safari in Africa, i tour in Nepal e in Pakistan a cui ho avuto la fortuna di partecipare, sono prima di tutto delle avventure. Ho vissuto esperienze indimenticabili, notti trascorse nella neve, in condizioni proibitive. Il fatto di poter rientrare a casa con una sorta di trofeo, una preda uccisa, è solo un aspetto secondario. Tanti dimenticano che la sopravvivenza di certi parchi è retta anche da questa forma di turismo».
Continuerà a cacciare?
«Fino a quando le leggi lo permetteranno. Se un giorno dovessi fare una scelta, di sicuro sceglierò quella professionale. Ma quello che per tanti è un hobby inaccettabile, è un pezzo della mia vita, della mia cultura e delle tradizioni che oggi tutti vorrebbero dimenticare».
http://www.lastampa.it/2015/11/04/societa/lazampa/animali/amarezza-veterinario-torinese-cacciatore-di-leoni-un-istinto-che-fa-parte-di-me-anche-se-dopo-avere-ucciso-un-sempre-l4vYWFGX3HKpGJIHLmSH7H/pagina.html
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