mercoledì 14 dicembre 2016

Disinformazione su Facebook, ecco cosa farà Zuckerberg per rimediare

Il fondatore del social, con un lungo post, spiega le mosse per limitare il fenomeno delle false notizie, che si possono già segnalare



Dopo l’elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, l’opinione pubblica e i media americani di tendenza liberal hanno aperto un fuoco di fila contro Facebook e il suo fondatore. L’accusa è chiara: per colpa di un’omissione nel controllo editoriale, la piattaforma social per eccellenza ha accelerato la diffusione di notizie false, principalmente avverse alla Clinton, favorendo così il candidato Repubblicano alla Casa Bianca.

La risposta di Zuckerberg

Zuckerberg, che aveva già definito “folle” l’idea che Facebook potesse aver favorito l’elezione di Trump è tornato a rispondere a chi gli chiede conto del problema. Lo fa senza ritrattare completamente quanto sostenuto finora, cioè che le “fake news” siano solo una sparuta minoranza dei contenuti condivisi su Facebook. Ma apre ai critici e ammette che la questione è rilevante e l’azienda ha intenzione di affrontarla da subito con impegno.

“Sono problemi complessi, sia sul piano tecnico che su quello filosofico”, scrive Zuckerberg nel suo intervento. “Crediamo nel dare una voce alle persone, che significa tendere a lasciar dire alle persone quello che vogliono ogni volta che sia possibile. Dobbiamo stare attenti a non scoraggiare la condivisione delle opinioni o a limitare per errore i contenuti accurati. Non vogliamo essere arbitri della verità, ma vogliamo fare affidamento alla comunità e a soggetti terzi”.

Il piano delineato pubblicamente da Zuckerberg consta di 7 punti. Innanzitutto un rafforzamento del rilevamento delle false notizie. Poi una semplificazione dei meccanismi di segnalazione da parte degli utenti. E ancora l’aggiunta di etichette che segnalino la veridicità di una notizia, il miglioramento della qualità degli articoli correlati che compaiono nelle Sezioni Notizie, il taglio degli incentivi economici per chi produce falsi contenuti a fini di lucro, e infine l’ascolto delle opinioni dei giornalisti e degli esperti del settore dei media.


Il ruolo degli utenti

“Storicamente abbiamo sempre fatto affidamento sulla comunità per aiutarci a capire che cosa è falso e cosa non lo è,” aggiunge inoltre Zuckerberg. “Chiunque su Facebook può riportare un link come falso”. Incrociando le segnalazioni degli utenti con altri indicatori, spiega ancora Zuckerberg, “siamo in grado di capire quali storie si possono classificare senza esitazione come disinformazione. Come per il clicbait, lo spam e le truffe penalizziamo questi contenuti nella Sezione Notizie, in modo che si diffondano il meno possibile”.

Come si segnala una notizia falsa



Nel caso vi imbattiate in una notizia palesemente falsa, ecco dunque come agire. Fate clic sulla freccetta in alto a destra nel box della notizia. Nel pop-up che si aprirà fate clic su “Ritengo che non dovrebbe essere su Facebook” e poi su “Continua”. Dall’elenco successivo selezionate “È una notizia falsa”, e fate di nuovo clic su “Continua”. Nell’ultima schermata si può scegliere se bloccare la pagina, nasconderne i post (che non compariranno più nella vostra Sezione Notizie), oppure inviare un messaggio ai gestori

Capro espiatorio?


Studi condotti da numerose pubblicazioni (BuzzFeed su tutte) durante la settimana post-elettorale sembrano mostrare le “fake news” pro-Trump, spesso inventate da autori anonimi che lucrano grazie ai clic sulle pubblicità, abbiano effettivamente scorrazzato incontrollate su Facebook durante tutto il periodo della campagna elettorale.

Mancano tuttavia di far notare che il problema delle notizie false è più ampio e coinvolge anche altri media, compresi quelli di stampo più tradizionale.

Come fa notare Jonathan Albright, professore associato alla Elon University, North Carolina, la maggior parte delle “fake news” diffuse prima delle elezioni è stata condivisa con metodi tradizionali, quali link diretti, motori di ricerca (Google, di fatto) e metodi di condivisione “old school”, come newsletter e messaggistica istantanea.

Facebook è diventato, in sostanza, un capro espiatorio cui addossare una colpa esagerata (quella di aver favorito, praticamente da solo in tutto il panorama mediatico, l’elezione di Trump), mentre il problema è più ampio e riguarda il confine ormai troppo sottile fra le falsità pseudo-giornalistiche e la libera interpretazione dei fatti a scopo di propaganda politica.

 Un sottobosco in cui si muovono non solo ragazzini macedoni che inventano notizie contro la Clinton per solleticare la pancia della base Repubblicana (e incassare grazie alle visite sui loro siti), ma anche strutture ben più complesse e multipiattaforma.
Come quelle svelate da una recente inchiesta de La Stampa, che hanno come scopo non tanto il ritorno economico quanto la delegittimazione degli avversari politici



http://www.lastampa.it/2016/11/19/tecnologia/news/disinformazione-su-facebook-ecco-cosa-far-zuckerberg-per-rimediare-pVvs6E3uQbtvxNldGFf72H/pagina.html

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