Un’evasione da film
Rocco Morabito, “Il Tamunga”, uno dei più pericolosi broker della droga che la ‘ndrangheta abbia a disposizione è tornato ad essere un’ombra
Nei giorni scorsi – ha ammesso il ministero dell’Interno uruguayo – è evaso dal carcere di Montevideo, dove era detenuto in in attesa dell’esecuzione dell’estradizione, già deliberata dalla Corte d’Appello il 29 marzo scorso
“"È sconcertante e grave che un criminale come Rocco Morabito, sia riuscito a fuggire da una galera dell'Uruguay mentre era in attesa di essere estradato in Italia – ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini, che al riguardo ha annunciato"mi prendo due impegni. Primo: fare piena luce sulle modalità dell'evasione, chiedendo spiegazioni immediate al governo di Montevideo. Secondo: continueremo a dare la caccia a Morabito, ovunque sia, per sbatterlo in galera come merita"
Ma fino ad oggi, per il Tamunga, in Italia già condannato a 30 anni di carcere perché considerato il re del traffico di cocaina che ha invaso la Lombardia, il Viminale non sembrava avere fretta, nonostante gli investigatori ci abbiano messo 23 anni a rintracciarlo ed arrestarlo
Così Morabito ha avuto tutto il tempo di organizzare la sua fuga, insieme ad altri tre detenuti, i brasiliani Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, e Matías Sebastián Acosta González, e Bruno Ezequiel Díaz, che in Argentina è stato condannato per omicidio
Insieme erano detenuti e insieme sono fuggiti
Grazie ad un tunnel, scavato pazientemente e senza che nessuno se ne accorgesse, sono arrivati sul tetto del carcere, costruito nel pieno centro di Montevideo
Da lì si sono calati sul balcone di una casa confinante e sono entrati nell’appartamento della signora Elida Ituarte, sollevando una persiana
“Attorno alle 11.30 ho sentito dei rumori dal corridoio – ha raccontato l’anziana alla stampa locale – ero in camera da letto e sono andata a vedere cosa stesse succedendo
Ho trovato quattro uomini ed ero così sconvolta che l’unica cosa che mi è saltata in mente di chiedere è da dove fossero entrati”
A risponderle è stato proprio la primula rossa dei narcos della ‘ndrangheta
“Mi ha assicurato che non mi avrebbero fatto del male” ha detto l’anziana ai media uruguayi, poi “con garbo” – ha specificato – le ha detto di dover andar via di fretta perché una delle sue figlie sarebbe molto malata
Prima però insieme ai complici Morabito ha pensato bene di ripulire il portafoglio della signora per finanziare quanto meno la prima parte della sua fuga
Problemi che il Tamunga non aveva quando si spacciava per Francisco Antonio Capeletto Souza, imprenditore brasiliano d’origine, ma da oltre 12 anni residente in Uruguay, dove si era fatto un nome nel campo dell’import-export e nella coltivazione intensiva di soia
Una copertura che ha tenuto per decenni e che Morabito considerava così sicura da non preoccuparsi di mantenere un basso profilo
Al contrario
Prima dell’arresto, viveva in una delle località più esclusive dell’Uruguay e per di più in una villa - con piscina, ovviamente – nei pressi del quartiere di Beverly Hills, scopiazzato in tutto e per tutto dall’omonima città californiana
Quando viaggiava, sceglieva solo i migliori hotel
E proprio nella hall di uno dei più prestigiosi alberghi della capitale è stato arrestato nel settembre del 2017, quando in Italia era considerato fra i 5 latitanti più pericolosi e l’Interpol per lui aveva diramato un’allerta rossa
Figlio di Domenico Morabito e Carmela Modafferi, nipote di Antonio Mollica e parente del temuto boss Peppe Tiradritto Morabito, “U Tamunga” porta un cognome importante nel mondo della ‘ndrangheta, tanto in Calabria e nella natia Africo, come a Milano dove ha costruito il suo impero fondato sulla coca
Arrivato a 25 anni sotto la Madonnina, dalla Calabria ha portato con sé l’autorità criminale e il soprannome, forse legato al Dkw Munga, fuoristrada militare tedesco, considerato pressoché indistruttibile, con cui pare che il giovane Rocco scorazzasse per le strade della jonica
A Milano si divideva fra traffici e la bella vita nei locali che solo il rischio di un imminente arresto lo ha convinto ad abbandonare
Esponente di primo piano della ‘ndrangheta di Africo, Morabito è il narcos calabrese che si era trasferito in Sudamerica da ormai più di 10 anni prima di essere arrestato, nel 2017, in un hotel nella località di Punta del Este, dove faceva la bella vita con tanto di villa con piscina, assegni e soldi in contanti, una Mercedes, 13 cellulari, 12 carte di credito e un passaporto brasiliano
Latitante per quasi metà della sua vita (per oltre 25 anni), con il suo arresto avrebbe dovuto scontare 30 anni di carcere per associazione mafiosa e un traffico di cocaina tra il Sudamerica e Milano
Prima che venisse catturato, mentre era ancora nell’albergo di Montevideo aveva tentato l’ultima carta presentando alla polizia locale un documento falso intestato a Francisco Antonio Capeletto Souza
Gli agenti non gli avevano creduto ed era finito dietro le sbarre
Quando, però, l’estradizione sembrava cosa fatta, Rocco Morabito è diventato di nuovo un fantasma grazie a un passaggio creato sul tetto dell’infermeria del carcere
È imparentato col più noto boss Giuseppe Morabito, detto “u Tiradrittu”, e con i fratelli Domenico Leo e Giovanni Morabito soprannominati gli “Scassaporte”
Per Rocco gli anni d’oro sono stati gli ’80 e i ’90
Era uno dei rampolli degli “africoti” che hanno studiato all’università di Messina nei tempi in cui la ‘ndrangheta si laureava con la pistola sulla cattedra
Non era un caso che, nel 1988, era stato arrestato per minacce a un docente universitario
Lo riporta una vecchia nota dei carabinieri di Bologna, dove prima di darsi alla macchia, Morabito gestiva le quote della società Mistigrì a cui venivano intestate le auto utilizzate e le utenze degli affiliati alla cosca di Africo
Ma quegli anni sono stati segnati anche da scontri tra cosche e lutti
Nel 1989, infatti, suo fratello Leo Morabito è stato ucciso in un agguato mafioso e l’anno successivo proprio Rocco è stato ferito in un altro attentato
Per il traffico di droga i suoi contatti non erano solo negli ambienti della ‘ndrangheta ma anche della camorra
Prima di diventare latitante, assieme ad altri affiliati, Rocco Morabito è stato identificato a Baia Domizia di Sessa Aurunca, all’interno dell’abitazione di Alberto Beneduce, boss e narcotrafficante camorrista conosciuto con il soprannome di “A cocaina” e trovato qualche settimana dopo carbonizzato nel bagagliaio di un’auto
Ben presto, i suoi affari si concentrarono su Milano dove la sua rete di contatti rispondeva sempre a cognomi calabresi legati all’ambiente di Africo
Si tratta di Antonio Morabito, Domenico Antonio Mollica e Francesco Sculli
Quest’ultimo, nel 1992 era stato arrestato a Fortaleza, in Brasile, assieme a Waleed Issa Khamayis detto “Ciccio”
Avevano messo in piedi un carico da oltre mezza tonnellata di cocaina
Dopo il periodo “milanese”, per Rocco Morabito iniziò la fuga
Di lui si erano perse le tracce e il suo nome da tempo non compariva negli atti delle recenti inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria
Scomparso nonostante sulla sua testa pendesse sempre la condanna a 30 anni emessa dalla Corte d’Appello di Milano
Nel 2017 l’arresto
Sarebbe uscito dal carcere a 81 anni
Oggi, nel 2019, ne ha 53 ed è di nuovo libero
https://www.repubblica.it/cronaca/2019/06/24/news/boss_della_ndrangheta_morabito_evade_in_uruguay-229537814/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/24/uruguay-rocco-morabito-evaso-chi-e-la-primula-rossa-della-ndrangheta-cocaina-e-sudamerica-25-anni-di-latitanza/5278917/
Nessun commento:
Posta un commento