L’Oceano, un’enorme distesa di mare il cui fondale è quasi sconosciuto. Luci misteriose guizzanti vi si muovono, si tratta di strani e bizzarri pesci, a volte mostruosi, con bocche enormi, adattatisi alle profondità abissali ed agli inospitali territori delle profondità sottomarine. Tra queste immensità a volte piccoli sottomarini robotizzati, battiscafi e battisfere con equipaggio umano si fanno strada con flebili luci che scalfiscono l’abissale oscurità. Sottomarini sofisticati e con equipaggio umano si muovono tra impervi fondali per studi dell’ecosistema marino, della geologia del territorio, della sua morfologia e per tanti altri scopi (alcuni anche militari).Tra tutti questi però spiccano quelli che si occupano della manutenzione sottomarina di impianti umani come le piattaforme petrolifere, le istallazioni di ricerca e via discorrendo. Da qualche tempo ad esse si aggiungono quelli che compiono anche un altro tipo di missione: il controllo e la manutenzione di impianti per lo sviluppo di energia dal mare. Ma andiamo con ordine.
Immaginiamo una spettacolare struttura umana a forma tronco conica con la parte più stretta rivolta verso il fondale, una struttura metallica apparentemente atta ad un qualche esperimento uscito da un film di fantascienza sottomarina. Invece si tratta di un innovativo sistema di produzione di energia elettrica dal fondale oceanico, che sfrutta alcuni principi semplici ma importantissimi.
Nel 1979 un giornalino per ragazzi a carattere scientifico trattante anche ufologia, fumetti e scienze di confine dal nome “Big Bang”, pubblica un articolo che parla di un impianto di produzione di energia sottomarina, la cui strutturazione è in fase di ideazione in molte compagnie del mondo e che si pensa possa essere costruito e testato entro la fine del secolo, ovvero entro il 2000. Poi l’abisso ritorna a regnare su questo progetto, almeno fino a pochi anni fa.
L’Ocean Thermal Energy Conversion è un’isola galleggiante che sprofonda negli abissi da dove recupera acqua. Il progetto nasce da un’idea del fisico francese Jacques Arsene alla fine del 1800, di usare il mare come un gigantesco collettore solare. Secondo alcuni studiosi per la quantità di acqua presente nel nostro Pianeta, sarebbe possibile dare energia a tutti usando soltanto questo tipo di centrale in tutte le parti del mondo.
Il primo progetto di OTEC risale al 1930 e fu effettuato a Cuba dall’ingegnere Georges Claude, così come il secondo impianto, che era mobile e fu costruito su una nave. Questo tipo di impianto si basa sullo sfruttamento del mare e le differenze di temperatura tra le acque profonde e le acque superficiali generando energia elettrica. La superficie delle acque oceaniche nelle zone tropicali per esempio raggiunge i 29 C°. Ad un solo chilometro di profondità in queste acque calde la temperatura è notevolmente più bassa, spesso è ben al di sotto dei 5 C°. Queste estreme differenze di temperatura possono essere sfruttate da speciali turbine a vapore, in unità per la produzione di energia elettrica. Addirittura alcuni studiosi sostengono, con dati alla mano, che se si producesse energia con questo metodo, basterebbe uno sfruttamento dello 0,001% dell’energia raccolta dal Sole dai nostri mari per produrre un’energia pari a 20 volte il fabbisogno giornaliero degli Stati Uniti.
Mentre alcuni architetti ed ingegneri lavorano per migliorare la tecnologia di questo tipo di centrali sperimentali, altri sostengono che non solo si produrrebbe energia a costi limitati ed inquinamento limitato, ma l’acqua che entrerebbe nelle turbine sarebbe depurata, persino dal petrolio o altri liquidi contaminanti, quindi farebbe bene anche al Pianeta e il petrolio si potrebbe anche recuperare. Altri sostengono anche che le isole-piattaforma potrebbero diventare coltivazione di alghe nutrienti e medicinali non contaminate, di serre idroponiche ed altro ancora. Sicuramente questo tipo di impianto potrebbe proiettarci verso un futuro fantascientifico e più ecologico. Indubbiamente vale la pena non solo sfruttare questa tecnologia ma sponsorizzarla al massimo per via delle proprietà benefiche multiple che potrebbero risolvere molti dei nostri problemi planetari dal punto di vista dell’ecosistema e dell’inquinamento.
Di Gabriele LombardoFonte originale: Seven network
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