martedì 6 maggio 2014

L’influenza dei 1.700 lobbisti del settore finanziario sull’Unione bancaria

di Ivo Caizzi


Nell’ultima sessione dell’Europarlamento in scadenza è stata approvata la richiesta alla Commissione europea di introdurre nella prossima legislatura il registro obbligatorio delle lobby, che da sempre influenzano le decisioni dell’Unione europea. Ma già nel 2009 un’inchiesta del «Corriere», che aveva rivelato le carenze di trasparenza e di controlli sui circa 2.600 gruppi di pressione e sui 15 mila lobbisti stimati in attività a Bruxelles, rese noto il rinvio a questa legislatura dello stesso registro. Per l’eurodeputato Roberto Gualtieri del Pd, relatore del provvedimento sulle lobby, cinque anni non sarebbero stati inutili perché «abbiamo introdotto penalizzazioni per chi rifiuta la trasparenza e trovato una soluzione giuridica per
Sono state introdotte penalizzazioni per chi rifiuta la trasparenza
superare l’opposizione della Commissione europea, che ora riteniamo non possa non varare il registro obbligatorio dei lobbisti entro il 2016». Nel frattempo, però, nulla appare cambiato. Esempi sono emersi durante la crisi finanziaria, scaturita dalle bolle speculative provocate dalle banche. I lobbisti del settore finanziario sono riusciti a far passare politiche Ue
incentrate su una massa enorme di miliardi dei contribuenti trasferiti proprio al sistema bancario, che li ha usati per tamponare voragini prodotte spesso da spericolate speculazioni nei più riservati paradisi fiscali. Questi interventi hanno attenuato la pressione della crisi finanziaria, ma hanno anche impedito di dirottare risorse adeguate verso altre emergenze dell’Ue, come la
crescita lenta e la disoccupazione record. «Le pressioni delle lobby bancarie sono state fortissime – ammette il vicepresidente dell’Europarlamento Gianni Pittella –. Un obiettivo della prossima legislatura dovrebbe essere ridurre e controllare efficacemente questo tipo di influenze». Un rapporto dell’organismo Corporate Europe Observatory (CEO) specializzato nel monitoraggio delle lobby, appoggiato dalla Federazione dei sindacati dell’Austria, sostiene che le riforme bancarie con regole più stringenti – rese necessarie dalla crisi – non sono state attuate proprio per la «capacità di fuoco» di circa 1.700 lobbisti del settore finanziario a Bruxelles con a disposizione «almeno» 120 milioni di euro annui. CEO stima in 30 volte meno (4 milioni) i fondi per il lobbyng Ue delle associazioni dei consumatori e dei sindacati, che dovrebbero tutelare la collettività in complessi procedimenti relativi a un’infinità di settori (sanità, occupazione, welfare, alimenti, trasporti, ambiente, istruzione, ecc.). Un semplice emendamento può introdurre regole penalizzanti per circa 500 milioni di europei. E le carenze di trasparenza e nei controlli aumentano i rischi di «regali» o tangenti nei rapporti tra lobbisti, eurodeputati ed euroburocrati. Un’inchiesta del «Sunday Times» di Londra ha confermato i sospetti sull’esistenza perfino di un «mercato sommerso» degli emendamenti a pagamento. Un’idea delle somme in ballo l’ha fornita la presunta richiesta di tangente da 60 milioni di euro a una lobby del tabacco, che ha provocato le clamorose dimissioni del commissario Ue per la Salute, il maltese John Dalli.
Politiche anti-crisi
Le banche al collasso hanno ottenuto mega-aiuti di Stato dai governi nazionali (82 miliardi nel Regno Unito e 64 miliardi in Germania, secondo la Commissione europea). Ma la Banca centrale europea (Bce), quando era guidata dal francese Jean-Claude Trichet, ha speso ulteriori capitali per ripulire istituti di credito
tedeschi, francesi e di altri Paesi da titoli degli Stati a rischio di insolvenza. Con Mario Draghi alla presidenza dell’Eurotower sono partiti i prestiti Ltro alle banche per mille miliardi di euro con tasso dell’1%, che hanno consentito al sistema bancario di superare una crisi di liquidità pericolosa per il debito degli Stati e per l’economia europea. Molti banchieri, potendosi finanziare a bassissimo costo, hanno però usato quelle risorse – elargite dalla Bce anche per ripristinare il credito all’economia reale – per acquistare soprattutto i titoli di Stato. Hanno puntato su plusvalenze garantite, più che a sostenere le imprese. La Confederazione dei sindacati Ue ha parlato di «pasti gratis» regalati ai banchieri. Il Fondo salva Stati varato dai governi, contando su una disponibilità stimata circa 650 miliardi di euro, ha aiutato di fatto i sistemi bancari dell’Irlanda, della Spagna e di altri Paesi, tutti appesantiti da titoli di Stato ad alto rischio. Il Consiglio dei capi di governo Ue e la Commissione europea, su sollecitazione delle lobby finanziarie, hanno accentuato l’orientamento verso le politiche di austerità, che hanno aggravato recessione, disoccupazione e povertà in Grecia, Spagna, Portogallo, Italia. E, dopo circa duemila miliardi in vario modo attribuiti al sistema bancario, hanno stanziato soltanto sei miliardi per fronteggiare la dilagante disoccupazione giovanile con il progetto Youth guarantee e altri fondi minimi per rilanciare crescita, occupazione e piccole imprese.
L’ira dei cittadini
Ai contribuenti tedeschi, britannici o irlandesi, irritati per gli aiuti di Stato ai banchieri privati, è stata promessa l’Unione bancaria. Dovrebbe evitare in futuro nuovi esborsi di denaro pubblico per salvare banche e garantire i depositi dei cittadini fino a 100 mila euro. La prima fase prevedeva di centralizzare la vigilanza presso la Bce. L’opposizione soprattutto delle casse di risparmio tedesche, spesso interconnesse con il sistema di potere politico locale, ha ridotto l’obiettivo ai circa 130 istituti più grandi. «Invece sarebbe necessario il controllo della Bce su tutte le seimila banche europee», afferma il vicepresidente della Commissione europea
Antonio Tajani. La seconda fase impone ai banchieri di autofinanziare un fondo per i salvataggi, che è stato ridotto a soli 55 miliardi da versare a rate (in otto anni) per tutti i Paesi membri (quindi meno di quanto usato da Regno Esplora il significato del termine: Unito o Germania per le loro banche). La terza fase annunciava il fondo europeo di garanzia per i depositi dei cittadini. Ma è stata rinviata varando solo una armonizzazione degli schemi di garanzia nazionali. Anche la separazione tra le attività bancarie tradizionali e quelle speculative, che impedirebbe ai banchieri scommesse rischiose con i soldi dei depositanti, è stata annacquata e rinviata sotto la pressione delle lobby della City di Londra e di grandi banche tedesche, francesi e olandesi.Unito o Germania per le loro banche). La terza fase annunciava il fondo europeo di garanzia per i depositi dei cittadini. Ma è stata rinviata varando solo una armonizzazione degli schemi di garanzia nazionali. Anche la separazione tra le attività bancarie tradizionali e quelle speculative, che impedirebbe ai banchieri scommesse rischiose con i soldi dei depositanti, è stata annacquata e rinviata sotto la pressione delle lobby della City di Londra e di grandi banche tedesche, francesi e olandesi.

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