A 87 anni. Fu il fondatore dell’unità Kidon. Aveva diretto l’Operazione Ira di Dio del Mossad negli anni Settanta. Ispirò il film «Munich» di Steven Spielberg
di Francesco Battistini, inviato a Gerusalemme
Nel Mossad di oggi, dove gli agenti si cercano sul sito web come se si trattasse d’offrire un lavoro normale, l’immagine di Mike Harari era diventata un mito seppiato dal tempo. «Non sapremo mai la maggior parte delle cose che ha fatto per noi» nei suoi settant’anni da spia, ha detto il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, indicandolo a esempio. «Ho compiuto soltanto il mio dovere», ha sempre spiegato lui: «Non sono mai stato un killer. Quel che ho fatto, è sempre stato per difendere Israele». A 87 anni, Mike Harari è morto domenica nella sua casa di Afeka, mare a Nord di Tel Aviv, dove teneva ancora esposta in bella mostra la pistola di tante missioni. Un super-agente che Steven Spielberg ha reso famoso in tutto il mondo nel 2005, quando ha girato il film «Munich»
e raccontato una delle più impressionanti «vendette» mai ordite da un servizio segreto: l’operazione Ira di Dio, nella quale gl’israeliani andarono a eliminare ai quattro angoli del mondo, uno per uno, gli undici palestinesi responsabili della strage alle Olimpiadi di Monaco ’72. «Moshe Ivgy, l’attore che mi ha interpretato, è stato bravo», si limitò a commentare Mike.
Anche a fine carriera, invece della pensione, l’uomo di Entebbe e di Munich si trovò un’altra, chiacchierata attività: amico personale del dittatore panamense Manuel Noriega, «faccia d’ananas», instaurò rapporti d’affari fra lo Stato dello Stretto e Israele, creando problemi all’amministrazione Usa che finì per condannare Noriega per traffico di droga. La divisione Cesarea, che la superspia Mike fondò e diresse fino al 1980, esiste e opera. Ed è ancora oggi quella incaricata delle missioni specialissime. Degli assassinii mirati. Di colpire senza troppo rispetto delle regole. «Voglio dai miei uomini concentrazione assoluta e dedico a loro tutta la mia concentrazione», è sempre stata la regola di Harari: «Una volta, mi accorsi che un mio agente era così impegnato da dimenticarsi del suo anniversario di matrimonio. Lo lasciai lavorare. E ci pensai io: mandando un regalo e un mazzo di fiori alla moglie, a suo nome naturalmente. La signora non ha mai saputo»
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LA CARRIERA — Approdato nel Mossad nel 1954, l'intelligence estera, Harari prese parte a diversi blitz - tuttora coperti da segreto di stato - e fece rapidamente carriera fino a divenire capo della temibile sezione operazioni speciali: molte delle quali comportavano l'eliminazione fisica di nemici e bersagli dello Stato ebraico. Un'attività che non gli turbò mai il sonno: "Noi - ebbe ad affermare imperturbabile in età più avanzata - non siamo stati killer. Abbiamo fatto solo ciò che era necessario per difendere lo Stato d'Israele". Fra le tante missioni, ve ne fu peraltro almeno una - proprio nell'ambito dell'operazione "Ira di Dio" - marcata da un clamoroso insuccesso: l'uccisione del cameriere marocchino Ahmed Bushiki, nel 1973 a Lillehammer in Norvegia, erroneamente scambiato per Ali Hassan Salameh, primula rossa palestinese ritenuta dal Mossad la mente dell'attacco di Monaco. Il commando israeliano, che secondo varie pubblicazioni era guidato proprio da Harari, fu scoperto in quel caso dalla polizia norvegese e solo una parte degli agenti, Harari incluso, riuscì a fuggire in tempo. Altri furono invece arrestati e incarcerati a lungo. Mike Harari, secondo alcune voci, pare abbia d'altra parte avuto un ruolo non irrilevante pure nella mirabolante azione di salvataggio dei passeggeri dell'aereo Air France, dirottato da un commando terroristico a Entebbe, in Uganda, nel 1976. Nella falsa veste di uomo d'affari italiano avrebbe condotto una ricognizione nell'aeroporto ugandese per preparare il raid.
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