L'agente del Mossad divenne noto come capo dell'operazione "Ira di Dio", la campagna di assassinii di fedayn palestinesi implicati nella strage ai Giochi del '72
Israele dice addio a uno dei suoi agenti segreti più leggendari (e controversi), passato alla storia come uno dei "vendicatori" del massacro di Monaco 1972, in cui il 5 settembre di 42 anni fa persero la vita 18 persone, tra ostaggi, fedayn e un poliziotto tedesco. La morte, avvenuta ieri a 87 anni, ha fatto riaffiorare dall'oblio il nome di Mike Harari, spia del Mossad approdata anche ai fasti del cinema
. Harari divenne noto come capo dell'operazione "Ira di Dio", la caccia ai fedayn palestinesi ritenuti mandanti o comunque implicati nell'irruzione alla palazzina israeliana del Villaggio olimpico bavarese, divenuta poi soggetto di un film di successo di Steven Spielberg, "Munich" del 2005.
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La spia che correva
Cominciò a correre presto. A sedici anni, Harari era già un portaordini dell’Haganah, l’organizzazione paramilitare ebraica che nella Palestina del mandato britannico combatteva gl’inglesi e gli arabi. E quando lo Stato d’Israele non era ancora nato, già organizzava reti coperte di spionaggio a Roma, nell’Est Europa, in Africa. Una volta, raccontò, si salvò per un nulla da un tentativo d’avvelenamento del Kgb. Stupì tutti, Mossad compreso, con l’operazione «Fulmine» e il celebre blitz di Entebbe del 1976: fingendosi un affarista italiano, diede le informazioni necessarie ai corpi speciali israeliani che erano penetrati nell’aeroporto ugandese, facendo liberare quasi tutti gli ostaggi del volo Air France dirottato da un commando palestinese (nelle sparatorie, morì il fratello dell’attuale premier israeliano Netanyahu). Settembre Nero e l’Olp di Arafat sono stati i suoi obbiettivi. Non sempre centrati: nell’operazione «Lillehammer» del 1972, in Norvegia, gli capitò d’ammazzare per errore un cameriere marocchino scambiandolo per il super-ricercato palestinese Ali Hassan Salameh (che sette anni più tardi sarebbe saltato su una bomba del Mossad, a Beirut). Dopo quell’incidente, Harari presentò una lettera di dimissioni, ma Golda Meir la stracciò.
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