giovedì 4 dicembre 2014

COME USCIRE DALLA CRISI: Teoria economica del Dott. Paolo Tanga

Di seguito riporto l'articolo in esclusiva per FAHRENHEIT 912 del Dott. Paolo Tanga e la sua premessa alla "Teoria economica sulla condivisione del valore dei beni" che potrete scaricare direttamente sul vostro dispositivo come file pdf.



Laureato in Economia e Commercio con 110 e lode, dopo varie esperienze nell'Amministrazione dello Stato, ha ricoperto per anni il ruolo di Direttore Principale di Succursale della Banca d'Italia. Oggi in pensione da circa 4 anni.
Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana,
Commendatore con Placca dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro

Articolo di Paolo Tanga
Perchè questo articolo? perché quello che ci viene detto non ci convince, perché ci dicono che siamo in crisi, che le imprese non assumono e non c'è lavoro in quanto l'Italia è indietro con le riforme; perché le imprese devono crescere e diventare competitive; perché la soluzione dei nostri politici è fare tutto quello che ci dice la Commissione Europea.
Ma noi che facciamo? Litighiamo per dire che la colpa è della Germania o, invece, della Merkel e quant'altro senza soffermarci nell'individuare le cause di questa crisi e incidere su queste.
 Sondaggio Euro
Qualcuno chiede l'efficientismo . . .; facendo un esempio, nella ristorazione, forse ci sono troppe persone che vi lavorano; un nuovo ristorante senza cuoco né camerieri, con mini tavolini unipersonali consentirebbe di accelerare il tempo per la consumazione di un pasto, a costi supereconomici, grazie all'utilizzo di macchine per sfornare pasti completi al ritmo di 1 ogni dieci secondi, 6 al minuto, dalle 12 alle 14 più la sera, dalle 19 alle 22 – in cinque ore – ho un totale giornaliero di 1800 pasti che venduti a 4 euro l'uno, con un guadagno di 1 euro, in trenta giorni mi fanno realizzare 54.000 euro di utili. Infatti con la nuova apparecchiatura mi basta una persona che aggiunga alla stessa gli ingredienti che si consumano. Ho una struttura grande, efficiente e competitiva! Ho fatto chiudere tutti i ristoratori della mia zona mandandoli sul lastrico, ho fatto licenziare tanti lavoratori dipendenti; posso essere ricco . . . ovviamente da solo.
Ma se non vengono 1800 avventori al giorno? Se non vengono 1800 persone a mangiare? E in ogni caso ho così risolto i problemi dell'Italia?
Evidentemente no! Il problema non è la crescita, non è l'efficienza, non è la competitività: se un imprenditore produce e non trova chi acquista i suoi prodotti si deve fermare. Il problema non è produrre di più, ma è che non ci sono abbastanza soldi per comprare quello che viene prodotto. Se così è, gli imprenditori sono poveri e instaurare una guerra tra poveri distrugge gli uni a favore degli altri, ma non si risolve il vero problema: la mancanza dei soldi!
Alcune domande …. perché non abbiamo i soldi? …. perché il nostro reddito è diminuito?
La risposta è semplice …. perché entrando nell'euro, l'Italia ha rinunciato ad emettere la propria moneta. Quindi, quando lo Stato ha bisogno di moneta deve chiederla in prestito, ma non all'Istituto al quale ha delegato l'emissione, cioè alla BCE (Banca Centrale Europea), bensì a una delle banche private, che sono le sole facoltizzate ad indebitarsi con la BCE. Questa, oggi presta i soldi allo 0,05%, cioè per 1.000.000.000 di euro percepisce in un anno 500.000 euro di interessi; ma nello stesso tempo la banca privata presta questi soldi al 2,50%, cioè in un anno gli interessi percepiti sono pari a 25.000.000 euro, ben 24.500.000 euro in più per una partita di giro, senza far nulla; in pratica 24.500.000 euro per ogni miliardo di euro intermediati.

Quindi nell'esempio fatto, per restituire il prestito, lo Stato dovrà chiedere ai propri cittadini, alla fine dell'anno, 1.025.000.000 di euro di imposte in più: se la spesa pubblica non è avvenuta per fare un investimento produttivo e la proprietà della banca privata è estera, la ricchezza della Nazione si riduce e avremo meno soldi per comprare: la spirale negativa continua ad impoverirci, per inciso è recente la notizia che le banche americane, per i clienti che hanno conti creditori espressi in euro, applicano un tasso di interesse negativo a motivo del fatto che la BCE applica un tasso negativo dello 0,20% agli istituti di credito che depositano presso di lei somme in euro). Capite le conseguenze negative?.
Prima dell'euro non era così: le banche italiane erano pubbliche,
cioè i loro utili aumentavano la ricchezza dello Stato, che poteva emettere moneta facendosi finanziare dalla Banca d'Italia, oppure, in presenza di alta inflazione, emetteva titoli pubblici con cedola tale da far recuperare parte dell'inflazione. I risparmiatori italiani si sono sempre ritenuti soddisfatti, in quanto lo Stato non aveva mai avuto problemi a reperire capitali sul mercato interno. C'era, poi, anche la valvola di sicurezza che i titoli eventualmente rimasti invenduti sarebbero stati acquistati dalla stessa Banca d'Italia. La crescita del valore nominale del debito pubblico non spaventava nessuno perché in termini reali si riduceva. Il risparmio svolgeva la sua funzione benefica perché i risparmiatori, tra il risparmio già accumulato, gli interessi e i nuovi risparmi, accrescevano in termini reali la loro ricchezza; il governo, con la crescita della spesa pubblica alimentava un circolo virtuoso non solo di spesa corrente, ma anche di spesa di investimento: pagamento di stipendi e di opere pubbliche come ospedali, strade, ferrovie. Ora, invece, si è arrivati a dire che tutto deve essere privato, ed ai privati lo Stato ha venduto quasi tutto.




Ma i privati non devono pensare al benessere dei propri concittadini, devono pensare solo a rendere efficienti e remunerative le loro imprese e per farlo, approfittando pure degli incentivi all'uopo stanziati da questa Europa dell'euro, hanno delocalizzato la produzione e perciò in Italia sono sempre meno i posti di lavoro, occorre abbassare i salari per essere competitivi e quindi il reddito disponibile non solo è minore per la maggiore imposizione fiscale, ma anche perché il settore privato segue quello che l'Europa gli indica.
Tornando alla BCE e all'euro, un altro aspetto dilaniante è la crescita abnorme delle masse monetarie e speculative attraverso operazioni definite “derivate” o “di copertura” per abbellirne il termine, oppure con i “subprime”. In Italia erano proibite; poi sono state rese in tutta fretta regolari; le conseguenze sono ufficiali per Montepaschi e Carigenova.
Devo dire fortunatamente a fine 2006 la crisi dei subprime scoppiò. di essa ne troviamo traccia sulla stampa italiana solo nel marzo 2007. Le conseguenze per le banche italiane non sono state disastrose, grazie alla lungimiranza di chi aveva guidato la Banca d'Italia fino ad allora. Una cosa mi pare abbastanza chiara: Paolo Baffi, Governatore della BI dal 1975 che affermava pubblicamente, anche nei suoi libri, che l'inflazione non era un problema, fu incriminato nel 1979 e costretto alle dimissioni; suo successore fu Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1981 firmò il divorzio tra Tesoro e BI.
Una volta nell'euro, lo Stato non ha fatto altro che distruggere la ricchezza che aveva. In che modo?
Il processo che ha seguito è questo: Dapprima non ha aumentato le imposte, eppure sarebbe stato necessario, invece per aumentare le entrate ha privatizzato di tutto e quel poco che aveva incassato dalla svendita non è stato nemmeno investito oculatamente. Il crescente deficit pubblico ha imposto una politica di stabilità monetaria che ha arricchito la grande finanza, nel frattempo divenuta privata e sempre più in mano straniera: perciò deflusso di ricchezza e impoverimento della nazione.
A fronte di questo processo, i primi provvedimenti hanno instradato l'Italia verso una politica pseudo virtuosa: un abbassamento progressivo della spesa pubblica, accompagnata però dalla crescita del debito per interessi e un innalzamento della pressione fiscale che, però, era neutralizzato dal venir meno degli utili di gestione dell'ingente patrimonio pubblico privatizzato. I vincoli di austerità imposti dal modo in cui è stato costruito l'euro non sono mai stati contrastati, ma accompagnati da una significativa politica recessiva che ha ulteriormente indebolito le possibilità di sopravvivenza delle imprese italiane.
Lo Stato, la Repubblica, il Governo hanno rinunciato a svolgere il proprio ruolo. Qual è questo ruolo? Soprattutto quello più importante di entrare nel contesto sociale per prendersi cura del funzionamento corretto delle relazioni fra i cittadini, preoccupandosi specialmente di coloro che si trovano in condizioni di indigenza e quindi di prestare servizi come la sanità pubblica a favore di tutti perché venga assicurata l'eccellenza anche a coloro che non potrebbero accedervi; assicurare l'ordine pubblico anche a coloro che non possono pagarsi le guardie del corpo; pagare medici del pronto soccorso perché in caso di urgenza ogni cittadino sappia a chi rivolgersi; gestire le scuole perché chi non ha i mezzi per istruirsi possa farlo senza chiedere prestiti privati, ammesso che possa accedervi. Questo caratterizza una Repubblica, questa è la Repubblica.
Voglio fare un paragone: una banca finanzia un imprenditore che vuole costruire uno stabilimento su un terreno di proprietà e si accorge che subito dopo l'erogazione il finanziato vende tutto il suo patrimonio, compreso il terreno dove doveva costruire lo stabilimento; cosa dovrà fare la banca? Se ne dovrà stare tranquilla? Questo modo di agire dell'imprenditore non sarà illecito?
Ebbene, la Repubblica Italiana deve assicurare i servizi che la caratterizzano come Repubblica; ma essa va a cedere, senza corrispettivo, la possibilità di emettere la moneta per finanziare quelle attività: non si è spogliata di una possibilità operativa, anzi della possibilità operativa; e se non fa più quello che deve fare, quella cessione non sarà illecita?
ABBIAMO INDIVIDUATO LA CAUSA PRIMA DELLA CRISI: L'EURO, CHE E' ACCOMPAGNATA DALLA CRESCITA ESPONENZIALE DELLA FINANZA.
Ma cosa succede se usciamo dall'euro?  Uscirne semplicemente senza approntare un progetto, un piano, sarebbe da suicidi: la finanza internazionale, con le sue possibilità economiche ha accaparrato tutto quello che poteva, le sue forze ci farebbero precipitare nella peggiore inflazione, faremmo il suo gioco.
Ma c'è un'opposizione crescente . . ., alla quale bisogna aggregare gli sfiduciati, cioè il 50% degli elettori che rifiutano di andare alle urne. I tempi sono maturi per farlo, ma occorre un progetto completamente nuovo.
QUELLO CHE PROPONGO E LA TEORIA DELLA CONDIVISIONE DEL VALORE DEI BENI
I presupposti di questa teoria economica sono:

uscire dall'euro e dimagrire la finanza;
tener conto che uno Stato non ha solo il conto economico, ma anche uno stato patrimoniale. Invece questa Europa è stata costruita per distruggere il patrimonio dello Stato imponendone la cessione;
la sovranità monetaria deve essere ricondotta in capo ai cittadini e non in capo allo Stato;
l'emissione della nuova moneta per conto dei cittadini, sarà curata dallo Stato, che dovrà curare anche la concessione di prestiti a quei cittadini che li chiedono per piani di investimento produttivo.

Questa teoria coinvolge tutti, senza mettere gli uni contro gli altri. Non c'è lotta tra generazioni, tra dipendenti e datori di lavoro, tra occupati e non occupati, tra pensionati al minimo e pensionati d'oro, tra ricchi e poveri: ognuno collabora con gli altri.

Applicare la teoria della condivisione del valore dei beni significa, in pratica, che ciascuno di noi possiede beni: beni immobili, beni mobili registrati e non registrati, preziosi, macchinari di valore, fermiamoci qui.

Questi beni valgono qualcosa. La ricchezza delle famiglie italiane, stimata dalla Banca d'Italia a fine 2009, era pari a 9.448 miliardi di euro, al netto dei mutui in essere sulla stessa (cfr. il Supplemento al Bollettino Statistico del dicembre 2010).

Diciamo allora che i cittadini posseggono 9.448 miliardi di euro di patrimonio e decidono di porlo a garanzia dell'emissione del nuovo metro monetario. E' un capitale immenso che toglie dalla circolazione l'euro; se viene prestato al 5% consente introiti annuali per 472,2 miliardi di euro, importo superiore alle entrate tributarie previste nel 2014 e nel 2015, anche se inferiori di 2 miliardi a quelle preventivate per il 2016. Quindi questa nuova moneta dei cittadini consente di abolire tutte le imposte.

Questo cosa significa? Che se ho l'idea di avviare o ingrandire un'impresa e non ho i capitali, non ho difficoltà a procurarmeli, mi costano il 5% e, siccome non dovrò pagare imposte sarò veramente competitivo. Per essere competitivi gli imprenditori stranieri dovranno trasferire le loro attività produttive in Italia, dove verrebbero a trovarsi in posizioni di vantaggio rispetto al Paese d'origine, apportando però in Italia nuovi posti di lavoro.

Conoscete il caso Depardieu? Quanti Depardieu verrebbero in Italia a chiedere la cittadinanza?

Esisterebbe un problema di inflazione? Dico di no, esisterebbe un problema contrario, ma per evitare la deflazione lo Stato dovrebbe diventare datore di lavoro per il miglioramento e l'eccellenza dei servizi pubblici essenziali per tutti: scuola, sanità, ordine pubblico. Si potrebbe permettere di spendere per l'abbellimento delle città, avviare a produzione le terre incolte, ecc.

Verrebbero meno tanti lavori, che però non producono ricchezza, mi riferisco ad esempio ai consulenti tributari; questi incorporano costi in meno per le imprese; ma soprattutto verrebbero meno le preoccupazioni: ho fatto bene la dichiarazione dei redditi? Ho detratto quello che dovevo detrarre? Eliminare le imposte non solo rende l'Italia competitiva, ma aumenta il benessere di tutti e non ci dovremmo più preoccupare del problema dell'evasione fiscale; le occasioni di lavoro si moltiplicherebbero eliminando totalmente la disoccupazione e coloro che fanno lavori che non producono beni sarebbero impegnati ad accrescere la ricchezza. Crescendo la ricchezza aumenterebbero i beni a garanzia della moneta ed eliminando la disoccupazione non avremmo più la delinquenza indotta da povertà.

http://fahrenheit912.blogspot.it/2014/11/come-uscire-dalla-crisi-teoria.html



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