giovedì 4 dicembre 2014

Generale Mori: con Cosa nostra fu baratto regolato da legge, non trattativa

«La trattativa c’è sempre stata, trattativa, tra virgolette, a vari livelli: quella dell’ufficiale di polizia giudiziaria è un tipo di trattativa, poi c’è quella politica». Così l’ex comandante del Ros Mario Mori, rinviato a giudizio nel processo Stato-mafia, intervistato da Ballarò, su Rai3. Ricordando quando andò a Piazza Navona a casa di Ciancimino, il generale Mori afferma: «Io ero la polizia giudiziaria che stava facendo operazioni antimafia e quello era un mio compito. Io avevo il coraggio di andarci, nessun altro aveva il coraggio,
erano tutti nascosti sotto alle scrivanie in quel periodo. Quella fatta con Ciancimino è una trattativa, pero è una trattativa consentita dalla norma».

«Barattare - continua il generale Mori - non significa trattare. Per esempio, lei è il mafioso, io le faccio una domanda, e lei mi dice: “Te lo posso dire però se mi dai questo”. Io lo valuto e dico: “No, non te lo posso dare”, oppure “Sì”. Questo è il modo previsto dal codice di procedura penale che consente all’ufficiale di polizia giudiziaria di trattare con le fonti. E io a questo mi sono attenuto, art. 202 del codice di procedura penale, questo, una volta per tutte, deve essere chiaro perché molta gente, giornalisti e qualche magistrato ci rigira sopra. Quando Ciancimino, che non credevo sarebbe mai arrivato a tanto, disse: «Io ho parlato con quelli (i corleonesi, ndr), cosa mi offrite?», io fui preso di sorpresa, e ho detto: «Semplicissimo, si consegnino i vari Riina e Provenzano, e noi tratteremo bene le loro famiglie». Ricordo che quando gli feci questa affermazione lui che era seduto su una poltrona, schizzò sulla sedia come una palla, e mi guardò con gli occhi sbarrati, e disse: «Lei è matto, vuol far morire me e poi vuol morire lei».

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