Cappotto scuro e coppola grigia, insufficiente a contenere il grigio mosso della capigliatura. Gianroberto Casaleggio arriva alla Camera alle tre, salta i cronisti sbucando da un minivan nero e si infila nello studio di Luigi Di Maio. Dentro lo aspettano anche Fico, Di Battista, Sibilia e Carla Ruocco: il nuovo consiglio d’amministrazione del M5S si riunisce per la prima volta con uno dei fondatori.
Il figlio Davide non c’è, è venuto da solo per guardarli bene negli occhi, questi cinque ai quali sta affidando la sua creatura politica. Riunione tutta operativa. Si parla di dare una struttura meno evanescente al M5S, di creare una rete che coinvolga amministratori e consiglieri locali. Meno agorà estemporanee, la forma di incontro pubblico del Movimento degli inizi, e più incontri preparati. Se ne occuperà Roberto Fico, che si prende la delega ai territori.
Si parla di tornare in televisione, di organizzare un’iniziativa forte per prendere il vento dell’indignazione dopo gli arresti per lo scandalo al comune di Roma. Una raffica inaspettata nelle vele sgonfie del Movimento, il momento buono per chiedere agli italiani una seconda possibilità. Si affronta anche il nodo dei dissidenti. «Chi vuole se ne vada», spiega ai cinque certificando la linea Di Maio che non prevede altre espulsioni ma ponti d’oro al nemico in fuga
. Non tutto il direttorio era con il vicepresidene della Camera ma la parola del fondatore chiude la questione.
Pochi accenni a Pizzarotti ma è chiaro che la struttura locale servirà a togliergli la palma di unico in grado di fare rete, vera e non fisica, tra gli eletti a livello locale. Un’ora e mezzo dopo essere arrivato Casaleggio è già fuori, di ritorno verso Milano. E dopo il cda tocca all’assemblea, non dei soci ma dei parlamentari. Una «congiunta» convocata giorni fa per regolare i conti interni che s’è trasformata nella presentazione a deputati e senatori della nuova squadra al vertice. Specie ai secondi, esclusi dalle nomine, per i quali si sta già pensando a un allargamento.
Di Maio ci arriva zoppicando. «Ho preso una storta». Calcetto? «Non so giocare», replica, quasi a sottolineare che non si diventa vicepresidente della camera a ventotto anni senza sacrificare un po’ di spensieratezza. Dopo di lui Di Battista. Pronto a fare il sindaco di Roma? «Sicuro», scherza. All’assemblea ci vanno in tanti. Più di cento dei centoquarantuno che sono rimasti dopo la cura dimagrante a base di espulsioni e addii tra le lacrime.
I cinque si presentano come quelli «del dialogo per il bene dell’Italia», parola di Roberto Fico, termine che fino a pochi mesi fa era considerato un tabù nel M5S. Nessuno dei cinque sarà a Parma da Pizzarotti ma, sempre in ossequio alla dottrina Di Maio, è esclusa la fatwa per chi ci andrà. Poi si arriva a parlare del blog. Da gennaio una società norvegese controllerà la regolarità delle votazioni online.
Il grosso della pattuglia dissidente diserta, ma le voci critiche non mancano. Silvia Benedetti è la più netta. La deputata padovana chiede al direttorio di «mettere nero su bianco gli obiettivi» e anche di darsi una «data di scadenza» entro i quali conseguirli, «altrimenti è solo un carrozzone».
Chi non ci va lo fa per rendere chiaro al direttorio che non riconosce la nuova autorità costituita. La scissione sembra a un passo. I numeri della camera sono sempre gli stessi, una quindicina di unità che si andrebbero ad aggiungere ai sette già fuori. Mentre al senato almeno in quattro sono tentati dall’addio, e fuori c’è già un corpo di quindici transfughi, molti dei quali ancora senza una casa.
Twitter @unodelosBuendia
http://www.lastampa.it/2014/12/05/italia/politica/casaleggio-incontra-i-del-direttorio-basta-espulsioni-O6AWt911Aewp1hQxkO8LuI/pagina.html
Nessun commento:
Posta un commento