venerdì 22 maggio 2015

Spotify batte iTunes

di Federico Cella

Una rondine non fa primavera. Ma senz’altro è un segnale che la primavera sta arrivando. Così l’annuncio di Kobalt, etichetta indipendente che distribuisce per le vie del digitale migliaia di artisti ed editori (tra cui Paul McCartney) non implica che il mondo della musica è cambiato. Significa però che sta per farlo, e in modo radicale. I fatti sono questi: Willard Ahdritz, ad del publisher nato nel 2000, ha annunciato ieri che in Europa i suoi artisti hanno guadagnato più da Spotify (Daniel Ek, il fondatore) che da iTunes. Per la precisione, nel primo trimestre dell’anno le royalty provenienti dallo streaming sono state del 13% più alte di quelle provenienti dalle vendite digitali.

La rivoluzione sta tutta qui ed è la più grande delle molte che negli ultimi anni hanno stravolto l’industria musicale. Che si trattasse di dischi in vinile, musicassette, cd o mp3, per decenni abbiamo posseduto musica. Ora, con il crollo dei profitti, per la prima volta è proprio il paradigma del rapporto con gli artisti che cambia. Attraverso una sottoscrizione mensile, oppure accettando le pubblicità tra un brano e l’altro, ascoltiamo semplicemente le canzoni. Senza comprarle
. E per i musicisti significa non vendere più dei prodotti, ma far girare il «marchio», e poi raccogliere quanto questa circolazione fa fruttare.

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