domenica 16 agosto 2015

L'aberrazione del Biohacking: se l'uomo diventa cyborg

Dalle orecchie impiantate nelle braccia alle dita Usb passando per la telecamera che spunta dal cranio, ecco gli uomini che sono diventati robot

di Alessio Lana

 C'è chi manipola il proprio corpo per gioco, chi studia soluzioni a problemi reali ma anche chi è impegnato a trovar soluzioni a un handicap.

L'artista Neil Harbisson per esempio non vede i colori. La sua acromatopsia gli consente ai suoi occhi di percepire solo i toni di grigio ma grazie a un impianto neuronale «vede» i colori tramite i suoni. Una telecamera che gli spunta dal cranio come fosse un'antenna percepisce i colori e li converte in onde sonore in tempo reale. I rumori creati vengono trasmessi alle orecchie tramite conduzione ossea e al giovane spagnolo classe 1982 è bastato memorizzare le frequenze relative ad ogni colore per tornare a vedere. Ora sa che i colori ad alta frequenza hanno suoni acuti, quelli di bassa frequenza sono più bassi ed è in grado di dire di che colore sono gli oggetti che si trovano a portata di telecamera. Ma non solo: Eyeborg gli consente di superare i limiti umani e di percepire colori infrarossi e ultravioletti invisibili agli occhi umani. Esperimento simile per lo statunitense Rich Lee: dei magneti impiantati nelle orecchie ricevono gli impulsi da una bobina che ha in fronte permettendogli di riconoscere gli oggetti grazie all'ecolocalizzazione. In pratica Lee ascolta gli echi che rimbalzano da diversi oggetti e ora sta imparando a localizzarli e identificarli come farebbe un pipistrello o un delfino.

Suonare senza un braccio
L'importante è saper distinguere che è un cyborg e chi no. Oscar Pistorius, l'atleta sudafricano che è tornato a correre dopo l'amputazione delle gambe non lo è. Le sue famose «Blade», le protesi in fibra di carbonio che hanno sostituito le gambe non sono intelligenti né connesse al suo sistema nervoso quindi non c'è una reale modificazione fisica. Un vero cyborg è Jason Barnes, giovane batterista che ha perso l'avambraccio e la mano destra ma non il suo amore per il jazz che continua a suonare meglio di prima. Questo grazie a un braccio robotico che al posto della mano ha due bacchette da batteria. Una viene controllata dal ragazzo, l'altra invece è indipendente. Un microfono infatti capta il ritmo suonato da Barnes, un algoritmo lo rielabora e «improvvisa» comandando la bacchetta. A questo punto entra in campo anche un accelerometro che dosa potenza e velocità della battuta. Se prima era svantaggiato, ora Jason grazie alla tecnologia guadagna addirittura un vantaggio sui suoi simili. È l'unico batterista che può suonare con tre bacchette e man mano che affinerà l'algoritmo sarà sempre più bravo.

Il terzo orecchio
Uno degli impianti più avveniristici riguarda Stelios Arkadiou, meglio conosciuto come Stelarc, artista che si è fatto impiantare un orecchio umano nell'avambraccio. Realizzato grazie a tessuti umani, l'orecchio è cresciuto fondendosi con il suo corpo e oggi si può vedere la forma che spunta dalla pelle. Grazie a un microfono e a un impianto bluetooth, l'orecchio percepisce ciò che l'artista gli sussurra e poi lo invia senza fili a un ricevitore. Lo scopo qui è puramente artistico e presto Stelarc aggiungerà anche il wi-fi al proprio impianto così da poter condividere le sue parole con il mondo intero
. Andando indietro nel tempo ecco Kevin Warwick, professore di cibernetica all'Università di Reading, in Inghilterra, che si è meritato il titolo di primo cyborg. Nel 1998 si era fatto impiantare sottopelle una tag RFID che gli consentiva di aprire le porte o accendere le luci semplicemente avvicinandosi a degli appositi apparecchi riceventi. Un sistema questo che fa presagire un futuro in cui molte delle funzioni che oggi demandiamo ai nostri dispositivi portatili saranno integrate direttamente nel nostro corpo. Basterà passare una mano sul POS per pagare con carta di credito oppure mettere un dito nel computer per salvare dei dati. L'esempio non è peregrino ma ci porta in Finlandia dove il programmatore Jerry Jalava, in tempi non sospetti, aveva sostituito una falange amputata con una chiavetta USB. «È partito come un gioco tra amici, volevo capire che farne del mio mezzo dito», racconta Jalava, «Quando uso la chiavetta lascio il dito nel computer e quando ho fatto lo tolgo». Johnny Mnemonic, il corriere che si faceva impiantare ricordi direttamente nel cervello immaginato da William Gibson sarebbe fiero di lui.

La visione notturna
L'hacking non è solo fisico, talvolta la modificazione del proprio corpo passa per la chimica, come dimostrato da Gabriel Licina, membro dei biohacker californiani Science for the Masses. Nel marzo scorso il biochimico si è fatto iniettare negli occhi una soluzione di insulina, dimetilsolfossido e Ce6, una sostanza che in natura si trova solo nei pesci abissali. Nel giro di un'ora ecco la trasformazione: le pupille sono diventate enormi, simili a quelle degli alieni immaginati da tanta fantascienza, ma soprattutto Licina poteva vedere al buio. Senza luce alcuna è stato in grado di distinguere forme delle dimensioni di una mano a circa dieci metri di distanza ma soprattutto di individuare delle persone a 50 metri di distanza «anche se erano in piedi contro un albero», racconta il biochimico. Finito l'effetto è tornato tutto alla normalità ma l'aver fatto assaggiare al mondo una fusione uomo-animale gli è valso un primato difficile da dimenticare.

La cura che diventa un incubo
Come in ogni sperimentazione scientifica, non sempre gli impianti vanno a buon fine. Sander Pleji è un biohacker olandese che aveva trovato un sistema perfetto per guarire dalla sua cefalea a grappolo. Ha inserito un neurostimolatore comandato a distanza nella schiena che, tramite telecomando, poteva inviare impulsi elettrici al cervello affievolendo l'emicrania ogni volta che lo colpiva. Sembrava la quadratura del cerchio, una vittoria contro una bestia giudicata incurabile ma poi ecco il risvolto negativo dell'operazione. Come racconta nel suo blog, il dispositivo gli ha causato numerosi attacchi di panico, «L'immagine di un coltello balenò nella mia mente, un coltello nella mia pelle, nella mia cicatrice...», scrive Pleji, «Vorrei aprirmi con esso, strappare la tecnologia fuori dal mio corpo». Insomma, un incubo tecnologico immaginato finora solo nelle più terribili distopie cyberpunk eppure, al giorno d'oggi, più realistico che mai.

http://www.corriere.it/tecnologia/cyber-cultura/15_agosto_15/biohacking-se-uomo-diventa-cyborg-359c0888-4355-11e5-9ad1-643dcf4503e1.shtml

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