mercoledì 26 agosto 2015

NICOTINA: i devastanti modi con cui inganna il cervello

E ora un articolo di servizio. Ultimamente mi sono interessato agli effetti della nicotina, e dopo avere fatto alcune ricerche, ho smesso di fumare.

Lungi da me tirare menate agli attuali fumatori, eh.

Il fatto è però che ci sono dei non detti, dei coni d’ombra nella rappresentazione che si ha delle sigarette, a livello individuale e collettivo. E a ben guardare, questi sono i coni d’ombra nella comprensione della dipendenza, del meccanismo delle dipendenze in generale.

Il fatto che la maggior parte della gente non si faccia di eroina e creda di valere di più di un eroinomane, non vuol dire che abbia veramente compreso che cosa sia una dipendenza, non vuol dire che sarebbe in grado di uscirne. Di fatto se non si droga è per motivazioni sociali, di appartenenza a gruppi sociali, per ragioni morali, o per disciplina. Non vede veramente, che cos’è una dipendenza, e difatti non ha le idee chiare su come vanno trattate le dipendenze. Potrebbe avere le idee abbastanza chiare, tuttavia sul fatto che in una dipendenza grave sia meglio non entrarci nemmeno. E tanto basta. Però le cose vanno capite, le persone cadute nelle dipendenze aiutate.

Molti sono dipendenti da tante altre cose, socialmente accettate, e per questo non vogliono, non possono vedere la vera natura della dipendenza. Scoprirebbero di non essere liberi come credono. Per cui esistono droghe, sostanze che danno assuefazione anche pesante, psicofarmaci, tranquillanti, l’alcool, l’assuefazione alle quali è socialmente accettata e tendenzialmente non viene considerata un problema (quando non raggiunge degli estremi). Ok, tutto ciò è anche socialmente ammissibile, ed è comprensibile. Le persone non sono tutte scienziati, la conoscenza sociale è variabile, sfumata, parziale, non obbiettiva.

Tuttavia, se esiste un brandello di evoluzione culturale umana, se ha ancora significato il tentativo di progredire nella conoscenza, cercare la verità, chiarirci la natura dei meccanismi che ci governano, compresi quelli biologici che regolano la nostra esistenza, tutti noi dovremmo cercare di capire, con l’aiuto della scienza, in cosa consiste una dipendenza. Perché non è solo una cosa che riguarda coloro che vengono definiti drogati. È un meccanismo che riguarda tutti. A volte si dipende dall’alcool. A volte si dipende dalla violenza. Si può di pendere reciprocamente all’interno di rapporti e relazioni basate sulla prevaricazione e sul potere. Si può dipendere dal sesso. Da psicosi, da una malattia.

Eppure del modo in cui si diventa dipendenti la maggior parte di noi non ne ha un idea più elaborata di quella che potrebbe avere una qualsivoglia urlatrice starnazzante, o tronista intronato, in una trasmissione della De Filippi. Ehi, sto criticando anche me stesso. Per anni avrei potuto cercare informazioni sul meccanismo della sostanza che assumevo, la nicotina, ma non l’ho fatto. Sono stato intronato anch’io, sul mio divano a fumare.

Cioè, intendo che dovremmo almeno provarci, a capire, e non ragionare per partito preso, schemi morali, o peggio sulla scia di paure. Siamo negli anni zero del secondo millennio, potremmo cominciare a considerare che la scienza è un metodo di conoscenza ai cui risultati tutti possiamo provare ad attingere, per capire. Bé con qualche conoscenza scientifica di base. Ora, qualche base ce l’ho, ma di certo non sono un biologo. Proverò lo stesso a spiegare in parole povere quello che ho capito del meccanismo e degli effetti della nicotina sul sistema nervoso centrale. Probabilmente sparerò anche alcune cazzate. Ah, e naturalmente mi baso sulle ultime ricerche di cui ho potuto leggere girando per il web. Persino la scienza è ancora lontana dall’aver compreso con esattezza tutta la faccenda.

Un attimo, specifichiamo meglio:  non sono uno scienziato, ovvero quando scenderò nei particolari mi sbaglierò di sicuro, non andate a dire queste cose all’interrogazione. Prima approfondite personalmente sui libri. Quello che mi interessa qui è il meccanismo generale.

Allora, per cominciare, in maniera alquanto presuntuosa, sintetizzerò anni e anni di studi neurologici in poche righe!

Come funziona il cervello?

Ci sono tante cellule specializzate, che si chiamano neuroni. I neuroni formano una rete di circuiti. I neuroni sono collegati da “fili” che si chiamano assoni e dendriti (che in realtà sono prolungamenti dei neuroni), i quali nella giunzione sono staccati ma comunicano a livello biochimico “lanciandosi” molecole che si chiamano neurotrasmettitori. Il neurotrasmettitore giusto è in grado di aprire canali che si chiamano recettori all’altra estremità del filo, per cui avviene un cambiamento nelle cariche elettriche positive e negative sul filo, e si genera in questo modo un potenziale elettrico. Il neurone riceve un impulso.

Configurazioni di questi impulsi, a seconda delle parti del cervello in cui sono, formano esperienze, sensazioni, immagini, ricordi, ragionamenti e tutto il resto. A volte determinate configurazioni, o percorsi complessi e logici di questi impulsi, o rappresentazioni di immagini, ricordi, ragionamenti e tutto il resto, devono essere fissati. Sono le circostanze interne ed esterne a determinare questo. Tornando al neurone, esistono neurotrasmettitori come la dopamina che sparati sui neuroni gli spiegano che non devono solo eccitarsi temporaneamente, ma costruire nuove connessioni, rafforzare determinati fili (assoni e dendriti) esistenti. E questa è la memoria a lungo termine.


Piacere e VTA

Esistono zone del cervello deputate a memorizzare le immagini, e altre per svariate altre funzioni. Ed esistono delle zone del cervello deputate a produrre piacere in relazione a determinate condizioni ambientali, interne ed esterne, che rappresentino cose importanti per la sopravvivenza individuale o della specie.

Mangio una torta alla panna? E’ scritto nel cervello preistorico, che quella è roba nutriente. In risposta a questa circostanza, in una parte del cervello dedicata a generare le risposte e rafforzare i comportamenti che hanno importanza per la sopravvivenza, viene rilasciata dopamina. Prodotto piacere. E rinforzata l’esperienza, che diventa memoria: torta-alla-panna = BENE.

Benissimo, vi vedo già mettervi agli alambicchi e studiare chimica, per tentare di sintetizzare una sostanza che comunichi direttamente a quei neuroni che c’è la torta alla panna, e piacere sessuale, anche se non ci sono. Così quando uno volesse stare bene si spara, che so, direttamente in endovena una bella dose di questa sostanza e… Evviva!!  Avete inventato una nuova droga! La chiamate Eros-pannina.  (Ok, ho capito, sono scemo. E lasciatemi divertire!)

Ora potrete capire che si crea un corto circuito. Non esiste in natura un esperienza paragonabile.  Abbiamo ingannato il nostro stesso cervello sparandogli dei dati fasulli, per generare un esperienza di piacere assoluta, inesistente in natura.  Per  la nostra zona del cervello, che si chiama VTA, è il paradiso terrestre. E la VTA cosa fa? Rafforza l’esperienza, come si trattasse di una cosa importantissima. I circuiti che si sono attivati quando vi siete sparati l’Eros-pannina in vena, il percorso neuronale che ha portato a quello, su indicazione della VTA viene subito fissato come memoria a lungo termine. Viene investito di tutti gli onori. Vengono costruite nuove connessioni per rafforzarlo il più possibile, ed assicurarsi che ogni volta che avremo di nuovo voglia di sesso o di torta alla panna, si attiverà proprio quel circuito, e non altri. Converrete che se uno trova il paradiso terrestre, sia il caso di tornarci appena possibile. Lì c’è la soluzione di tutto. Da mangiare per sempre. Sei al superenalotto.

Il nostro cervello è congegnato in questo modo. Il VTA, come un computer, non sa che noi gli abbiamo passato dati fasulli. Per lui abbiamo trovato, che so, ipotizzando che siamo uomini, un harem di 10 donne stupende che ci procurano un piacere indicibile e con le quali potremmo generare una stirpe di piccoli NOI. Noi Noi Noi. Il nostro DNA consegnato all’eternità, forse alle future colonie stellari. E tutte queste donne sanno cucinare le torte più buone che esistano, con la quale ci nutriranno in continuazione mentre facciamo una pausa tra una e l’altra (le donne in lettura si immaginino una situazione invertita. O forse meglio di no, ho fatto una gaffe. Oh insomma ci siamo capiti).

Il mondo è illuminato e corriamo liberi in un prato pieno di luce sicuri che vivremo per l’eternità felici, non c’è più bisogno di cibo, non c’è più bisogno di lavorare, non c’è più bisogno di cercare una donna.

In effetti, non c’è più bisogno di fare un cazzo.

Finché l’Eros-pannina non finisce. E il nostro cervello ora ha un solo imperativo, più forte di tutto il resto: trovarne dell’altra. Ma siccome l’abbiamo inventata noi, ne sintetizziamo ancora, che so, una bidonata. A questo punto smettiamo di mangiare, smettiamo di bere, e dopo un po’ siamo morti. In più eravamo figli unici: il DNA della nostra stirpe finisce con noi.

Ok ho estremizzato, per capire. Neanche l’eroina fa questo effetto immediato, mi risulta. Ho ipotizzato l’esistenza della droga assoluta. E la maniera allegra di trattare questo argomento non vuol dire che non consideri la gravità della questione. È solo che scherzando io capisco meglio le cose, non so voi. E poi i meccanismi dell’eroina suppongo siano molto ma molto più complessi di questo.

Quelli della nicotina, per esempio, sono abbastanza complessi. E sono questi effetti che adesso mi accingo ad illustrare. E lo ripeto, non sono un biologo o un neurologo, per cui perdonatemi eventuali inesattezze.

Il meccanismo della nicotina in 10 passaggi (circa)

Allora. Intanto, prima di fumarci questa sigaretta, altre importanti premesse.

Alcuni dei neurotrasmettitori di cui abbiamo parlato in precedenza sono alla base della trasmissione neuronale in generale, in tutto il sistema nervoso. L’acetilcolina è uno di questi, pare. Fa parte cioè del meccanismo di base attraverso il quale ad un neurone si trasmette un impulso. Altri neurotrasmettitori hanno funzioni modulatrici, per così dire. Dicono ai neuroni di aumentare o diminuire la reattività, o a certe concentrazioni addirittura di ordinare la costruzione di nuove connessioni a lungo termine. La dopamina è uno di questi. E’ infatti diffusa quando deve aumentare l’attenzione, quando una cosa è importante e deve essere memorizzata, quando c’è necessità di rafforzare degli impulsi, immagini, ragionamenti, eventi esterni. E dà piacere. Ci si sente attivi ed eccitati. Riguarda il presente. La percezione immediata del presente (questa roba la sto aggiungendo io, abbiate pazienza, sono poco scienziato e molto libero pensatore).

O insomma, almeno credo. E poi se ho capito bene i neurotrasmettitori hanno funzioni diverse a seconda dell’area del cervello in cui si trovano. Sono codice, sono informazione. Hanno funzioni arbitrarie. Il cervello è una macchina astratta. Anche tutto il corpo, insomma. Oh, ma che ne so. Andiamo avanti.

La nicotina è una molecola molto simile all’acetilcolina. Sulla membrana dei neuroni ci sono delle molecole che si chiamano recettori dell’acetilcolina. Essi vengono ingannati, se arriva la nicotina al suo posto. Pensano sia acetilcolina e attivano il neurone, che fa quello che deve fare a seconda dell’area del cervello in cui si trova (se sta nella VTA produrrà dopamina, e piacere). La nicotina inganna e fa attivare i neuroni, agganciandosi ai recettori dell’acetilcolina e generando potenziale elettrico. Questo in tutto il cervello. Ma a seconda del tipo di neuroni e della zona del cervello, ha effetti diversi. Però la nicotina non è l’acetilcolina, molecola che è stata scelta in milioni di anni di evoluzione delle specie animali, per quella funzione. In sostanza, è un pezzo sbagliato. Si incastra, ma in realtà presto comincia ad avere effetti imprevisti.

Intanto, già non si lega perché c’è stata una risposta ambientale da parte del cervello, si lega perché gliel’abbiamo sparata dentro noi con il fumo di sigaretta, esattamente come con la Eros-pannina! Per cui non c’è nessuna reale ragione per cui tutti quei neuroni dovrebbero attivarsi.

1. Ok. Accendiamo questa sigaretta. In 7 secondi la nicotina arriva alla VTA. Di solito quando arrivano tante acetilcoline (o altra roba, che ne so, non sono un biologo) alla VTA vuol dire che stiamo facendo qualcosa di veramente importante, fondamentale per la sopravvivenza nostra e della specie. Cosa fa il VTA?

2. Il VTA comincia a rinforzare la memoria del gesto di portare la sigaretta alla bocca, il ricordo delle sensazioni di inalare, il sapore del tabacco, le circostanze sociali in cui sto fumando, e miriadi di altre cose collegate all’esperienza. Dev’essere importantissimo, se arrivano così tante acetilcoline. Inonda il tutto di dopamina, tutto si illumina di piacere, e i neuroni sanno che devono rafforzare tutta la sequenza operativa che ha portato a quell’inondazione di neurotrasmettitori. Ma non è l’acetilcolina. Eheh. E’ la nicotina travestita.

3. Dicevamo che comincia a comportarsi in modi imprevisti. Il primo ne rafforza l’effetto: la nicotina con un meccanismo che non starò a spiegare impedisce il naturale riassorbimento della dopamina. Ovvero, solitamente la dopamina sta un po’ e poi se ne va. La nicotina la fa restare più a lungo, e a questo ci abituiamo. E’ una figata.

4. Inoltre la nicotina rimane più a lungo collegata ai recettori, rispetto all’acetilcolina, e così facendo si dice che desensitizza i recettori. Il recettore si disattiva. In un certo senso così la nicotina inibisce i neuroni rispetto alla reazione all’acetilcolina ed alla stessa nicotina. Per cui i neuroni della VTA reagiscono subito di meno, e mi si abbassa la produzione di dopamina, della ricompensa e del piacere, perché i neuroni mi si sono “intontiti”. Essendo intontiti, non producono più dopamina!

5. Per reazione cosa fa il cervello? Cosa fa la VTA? Ormai dovreste saperlo. È naturale. Il cervello è stupido. Ci si trova senza dopamina? Tra l’altro, dramma, ora si è abituati persino a più dopamina di prima. E siamo senza. Si è quindi in una situazione di deprivazione.
Ehi, ma abbiamo appena scoperto un modo immediato e stupendo per risolvere la questione, l’abbiamo appena memorizzato!!

Non ho dubbi: un solo canale, un solo circuito, un solo elenco di istruzioni è illuminato come la pista di un aeroporto, al punto che non c’è bisogno di nessuno sforzo per ricordarlo, nessuno sforzo per eseguire la sequenza di azioni: apro il pacchetto, prendo la sigaretta e la metto in bocca, prendo l’accendino e accendo la mia nuova sigaretta.

6. Ma non fa lo stesso effetto. Per niente. Non è come quella di prima, non mi basta. Per forza non fa lo stesso effetto, i neuroni erano “intontiti”!! In neurologia si dice che si è verificata una abituazione allo stimolo.

La VTA dice che allora ci vuole più nicotina (ormai si è capito come ragiona no?). Devo assumere da subito una concentrazione più alta di nicotina. Sono già assuefatto. Qui, il meccanismo appena descritto della desensitizzazione, rafforza ulteriormente la normale assuefazione. Esco e compro delle Marlboro rosse. Un po’ va meglio.

7. Ma non è finita. Le sigarette, le inizio a fumare per quella bella sensazione di dopamina, di aumento dell’attenzione, di lucidità, di piacere. Ma ben presto questo effetto non me lo fanno praticamente più. Eccetto la prima sigaretta della mattina. Dopo ne fumo sempre di più intontendo i neuroni e generando l’effetto opposto. Sono intontito e penso più lentamente. I recettori sono desensitizzati, disattivati. La normale attività neuronale è un po’ interdetta. E in più per mantenere la dopamina alta devo fumare sempre più sigarette sempre più ravvicinate. Più ne fumo e più però disattivo neuroni, per cui per assicurarmi una dose di dopamina dovrò fumare sempre di più. Ma non posso sostituire la nicotina al sangue!

8. Come se non bastasse, i recettori sono in gran parte desensitizzati, allora il neurone ne produce altri per sopperire. Come risultato, un fumatore ha una concentrazione di recettori acetilcolinici molto maggiore di un non fumatore. Quando è un po’ che non gli sparo la nicotina, diciamo qualche ora, in assenza di nicotina si attivano tutti. Quelli nuovi e quelli desensitizzati. È c’è da impazzire, si diventa nervosissimi, diventa impossibile pensare.

9. Al ché entra in gioco un altro bisogno, del fumatore. Quello di mettere a tacere quel nervosismo, calmarsi. Anche da questa cosa diventa dipendente. Il fumatore.

Allora fumo una sigaretta, e prima di tutto BAM. Una botta di dopamina, favolosa, una cascata di dopamina. Tanto prima non potevo pensare, tanto ora è tutto-chiaro. E dopo qualche tiro, l’altra magia. La nicotina ha finalmente spento tutti i recettori. Finalmente la nicotina ha spento se stessa. Come un mafioso che ti minacciava con la pistola, poi ti chiede il pizzo e ti assicura protezione da se stesso.

Finalmente, pace. Pace da cosa? Ma dagli effetti della dipendenza da nicotina, da quello che la nicotina mi fa. Pace? Pace ancora per una mezzoretta al massimo! Dopo dovrò di nuovo fumare. E’ una pace con una spada di Damocle sopra la testa. E non sarà mai, neanche per quella mezzora, la pace che avevamo prima di essere dipendenti dalla nicotina.

10. Anche perché c’è un ultima cosa. Tutta questa dopamina, nemmeno percepita poi perché i neuroni vengono intontiti, tuttavia modifica il rapporto dopamina/serotonina. La serotonina è un altro neurotrasmettitore, che agisce in altre zone del cervello. È lei, la vera pace. Ma la nicotina inibisce la serotonina. Favorisce la dopamina.

Chi fuma conosce quella sensazione di vivere nell’immediato presente, senza nessuna percezione del periodo, dello spazio e del tempo attorno a sé, in cui si riesce a pensare solo a trovare le sigarette. Niente calma, niente senso che sia tutto ok, niente pace, niente prospettiva più lunga di mezzo minuto. Questa è privazione di serotonina. La bilancia pende verso la dopamina.

Ma non durante un ubriacatura, o per qualche ora la sera. Sempre, tutti i giorni tutto il giorno.

Purtroppo, la memoria non si cancella. Le sinapsi aggiunte dal meccanismo di rinforzo, le connessioni create, la pista d’aeroporto illuminata, non va via. E ce n’è una per ogni situazione in cui siamo stati dipendenti, si è legata alle altre azioni. Il meccanismo secondo cui, che so, io ho smesso di bere ma se torno nel bar o parlo con una data persona vengo investito da una crisi d’astinenza, si chiama craving.

Riassumendo, quella della nicotina è una dipendenza molto forte, perché si sovrappongono vari meccanismi: viene prodotta più dopamina e impedito il suo riassorbimento,  i centri del piacere rafforzano il rituale come un azione essenziale alla sopravvivenza, la nicotina successivamente disattiva i suoi recettori e quindi per fare effetto bisogna subito aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto, questo aumenta il numero di recettori al punto che quando non si fuma per un po’ e si riattivano, si impazzisce, e ci si può calmare solo fumando ancora. Inoltre la nicotina inibisce la serotonina che permetterebbe di rilassarsi senza le sigarette. Di base, non c’è stato MAI nessun bisogno soddisfatto dalla nicotina. Essa ha generato il bisogno spasmodico di se stessa. Dal nulla. Senza alcun senso.

Spero di avere spiegato quello che ho capito (a fatica) con parole abbastanza semplici. Questo era lo scopo dell’articolo.

Smettere o no di fumare? Ah, è una scelta personale. Magari non fumerò mai più. O magari dopo avere capito queste cose io mi rimetterò a fumare. Perché? Bho, perché si fanno cose inutili e assurde, e non coerenti. Siamo umani. Ma leggendo un po’ di neurologia ho avvertito quanta complessità c’è nel nostro cervello, e quanto sia stupido andare a rovinare questi sistemi precisi e raffinatissimi, rendendo per il cervello le cose più difficili di quanto già non siano.

Il nostro cervello procede ingenuamente. Non è corretto ingannarlo. Povero cervello.

https://irprocess.wordpress.com/2009/11/30/povero-cervello/

1 commento:

  1. Complimenti per l'articolo è la sottile analisi fatta molto completa ed esauriente

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