lunedì 12 dicembre 2016

Cambia la laurea in Giurisprudenza col numero chiuso?

Spinta alla specializzazione per i futuri corsi in Giurisprudenza. Dall'attuale modello formativo generalistico e blindato negli insegnamenti e nei saperi, a un nuovo sistema più flessibile, personalizzato e professionalizzante.

Sarà un decreto del ministero dell'Istruzione, che prende il via da una bozza preparata e condivisa dall'intera comunità scientifica sotto la guida del Consiglio universitario nazionale, a effettuare un deciso restyling al corso di laurea in Giurisprudenza, fermo dal 2005 al ciclo unico di cinque anni.

D'ora in poi si cambierà, con due strade chiamate a disegnare la futura formazione. Da una parte con un tradizionale modello del 3+2 (a Giurisprudenza praticamente mai attuato), in cui scenderà il numero dei crediti formativi vincolati dalle previsioni nazionali e si creeranno ambiti più ampi all'interno dei quali lo studente potrà costruire il proprio percorso di studi. Sarà in particolare il biennio a diventare più specialistico e a poter essere usato dai dipartimenti universitari tenendo conto delle nuove discipline, ma anche degli scambi internazionali. Nello spazio aperto dai crediti formativi liberi potranno entrare nuove materie e soprattutto si permetterà agli atenei di aprirsi alle vocazioni dei territori adattandosi così, con una formazione specifica, a quelle che sono le reali esigenze di quel mercato.

Parallelamente, e non in alternativa, sarà costruito un modello del 4+1 finalizzato all'iscrizione agli albi professionali, degli avvocati e dei notai, con un numero programmato previsto per l'ultimo anno. In sostanza, dopo quattro anni di formazione, lo studente in giurisprudenza potrà scegliere fra i diversi percorsi di specializzazione e contestualmente avrà la possibilità di svolgere 6 dei 18 mesi di praticantato durante il corso di studi, attuando quanto previsto dalla riforma forense (legge 247/12).


Il provvedimento che sarà oggetto del tavolo di lavoro presso il Miur il prossimo 8 ottobre, dovrà essere condiviso anche dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che poco prima della pausa estiva era intervenuto sulla materia, sottolineando l'urgenza di modificare il percorso di laurea in giurisprudenza soprattutto in relazione all'accesso alle professioni







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