mercoledì 23 agosto 2017

I soliti ignoti delle banche maneggione: i nomi dei soci non si conoscono

Pochi settori sono vigilati o meglio sorvegliati come quello bancario...eppure se si scorre l’elenco degli istituti quotati in Borsa si scopre che non si conoscono i nomi della gran parte dei loro azionisti, salvo quando si presentano in assemblea
Cosa che però accade solo una volta all’anno. La legge obbliga infatti gli investitori a comunicare alla Consob, l’autorità che vigila sulle società quotate, solamente le partecipazioni che superano la soglia del 3%. Il che, in questo campo, porta a galla una situazione singolare: stando ad una ricerca realizzata dal centro studi della Uilca, il sindacato dei bancari della Uil, in base alle segnalazioni raccolte sino a tutto il 29 giugno scorso su ben 119,8 miliardi di euro di capitalizzazione di Borsa calcolata ai valori del 17 luglio, gli azionisti dichiarati, ovvero quelli che sforano il tetto del 3%, sono appena 35 ed a loro fa capo una quota pari a 26,9 miliardi di euro di capitale, ovvero meno di un quarto del totale. E gli altri 92,9 miliardi a chi sono intestati? «Non si sa», risponde il curatore della ricerca Roberto Telatin. 

Il peso degli stranieri  
Il peso degli stranieri, presenti in 8 delle 15 banche analizzate, è certamente rilevante: sono infatti circa un terzo del totale, 10 per la precisione, e a loro fanno capo 8,32 miliardi di capitalizzazione. «Mi sono chiesto, più volte, chi siano i veri “padroni” delle banche italiane, soprattutto dopo la legge incompiuta sulla riforma delle popolari – spiega il segretario generale della Uilca, Massimo Masi -. Questa nostra analisi cerca di dare delle risposte a questa domanda, che può sembrare pleonastica ma invece è di fondamentale importanza, visto che conoscere chi possiede ampie fette di patrimonio delle banche deve interessare l’intero Paese, le forze politiche e il governo

 Come sindacato - continua - facciamo accordi per le ristrutturazioni e i salvataggi ma spesso non sappiamo chi saranno i beneficiari di queste riduzioni dei costi: i lavoratori? I clienti? I piccoli azionisti? I grandi azionisti? Gli speculatori?»

 Telatin aggiunge un elemento in più: «Sapere che non vi è un azionista di controllo dichiarato potrebbe portare i manager di queste banche ad avere quale referente esclusivamente la Borsa, che guarda solo ai dividendi e all’apprezzamento del titolo. Ma così diventa secondario il ruolo che la banca ha quale agente economico e sociale per il territorio o per la nazione». 

La radiografia  
Nel capitale di Intesa Sanpaolo sono 4 gli azionisti rilevanti (Compagnia di San Paolo col 9,2, Blackrock col 5,01, Fondazione Cariplo al 4,84 e Fondazione Cr Padova Rovigo col 3,24%), tre in Unicredit (Capital research al 5,072, Mubadala al 5,042 e Norges bank col 3,3%) come in Mediobanca (Unicredit 8,7, Bolloré 5,03 e Mediolanum 3,34%) e in Ubi (Fondazione Cr Cuneo 5,91%, Fondazione Banca Monte Lombardia 5,21 e Silchester Invest 5,125%). Bpm ha un solo azionista sopra il 3% (Invesco am col 3,13%) come il Credito Valtellinese (Dumont, 5,78%), appena due ciascuno Bper (Finose 5,01% e Fondazione di Sardegna col 3,025) e Carige (Malacalza 17,59 e Volpi 6%)

 In tutte le altre quotate invece ai principali azionisti fanno capo quote ben più corpose per cui non è un mistero che Banca Mediolanum faccia capo al tandem Doris-Berlusconi, il Credem alla famiglia Maramotti, Banca Profilo alla Sator di Matteo Arpe), Banca Sistema a Gianluca Garbi e Banca Ifis a Sebastian Furstenberg 

I dubbi del sindacato  
«In Italia con la crisi e il salvataggio delle due banche venete e di Mps e con la risoluzione di altre quattro banche sappiamo che un istituto crea/distrugge più valore per il territorio e l’economia di quanto non ne riceva nel suo conto economico sotto forma di margine d’interesse e di commissioni, per questo non può essere trattata come un’azienda “normale” e sapere chi è il “padrone del vapore” non è indifferente per indirizzare la politica aziendale e scegliere i manager» commenta Masi. Che poi si domanda: cosa cambierà per l’Italia, ad esempio in Unicredit, dove i primi tre azionisti sono americani, norvegesi e arabi? 

Quale ruolo avranno i fondi d’investimento, azionisti di banche solo perché vendono i loro prodotti? Come si comporterà un management scelto da investitori che escono 20 giorni dopo l’assemblea, perché hanno trovato altre occasioni d’investimento? 

«Sono domande nuove - conclude il segretario Uilca - alle quali occorre dare presto risposte certe, perché il rischio concreto che corriamo è che nelle banche, con piccole quote di capitale, si possono attuare scelte che arricchiscono pochi e impoveriscono molti»



Il rapporto Uil: solo 35 azionisti sono pubblici, molti sono stranieri. Su 119 miliardi di capitalizzazione 92 miliardi non si sa di chi siano

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