venerdì 6 ottobre 2017

Attivisti di INTERNET CONTRO LA CENSURA in Catalogna

Dopo il blocco dei siti pro-referendum, delle app, e il raid di operatori, si schierano le associazioni per i diritti digitali. Perché e come funziona il giro di vite online



Mentre lo scontro tra Madrid e Barcellona non accenna a placarsi, e la Catalogna si blocca per lo sciopero generale in segno di protesta, si mobilitano anche gli attivisti della Rete

Che hanno preso posizione non tanto sulla crisi costituzionale in corso e il conflitto tra governo locale e centrale, bensì sulla decisione di quest’ultimo di censurare i siti web degli indipendentisti. Anche perché alcune misure adottate sono considerate un pericoloso precedente





Non solo Assange  
Così, al di là di Julian Assange, il leader di Wikileaks, divenuto esplicito sostenitore della causa catalana a tutto tondo, hanno specificatamente condannato la censura di Madrid molti pezzi da novanta dell’attivismo digitale, dalla storica associazione americana Electronic Frontier Foundation alla Ong Access Now, da Security Without Borders, gruppo di ricercatori di sicurezza che aiutano gli attivisti nel mirino della sorveglianza a Peter Sunde, già noto come cofondatore di Pirate Bay, dall’osservatorio anticensura Ooni (parte del progetto Tor e con una forte componente italiana) alla Internet Society, la no-profit originariamente co-fondata da Vint Cerf (soprannominato uno dei “padri di internet”) che si occupa di standard, accesso ed educazione

La ragione di una simile mobilitazione è molto semplice e deriva dalla escalation di censura online che è scaturita dal braccio di ferro fra Madrid e Barcellona. Come ha rilevato ieri un rapporto dell’Osservatorio anti-censura Ooni, sono almeno 25 i siti sul referendum catalano che sono risultati ancora bloccati tra il 25 settembre (come minimo, data di inizio della loro rilevazione) al primo ottobre

 Qualche giorno prima la Electronic Frontier Foundation ne citava circa 140. Su come ciò sia avvenuto ci torniamo dopo



Il raid sui domini .cat  
Intanto va detto che il giro di vite online era iniziato a metà settembre per esplodere il 20 in modo clamoroso
 Quel giorno la Fundaciò PuntCat, cioè l’organizzazione catalana che registra i nomi di dominio di primo livello .cat, subiva un raid della polizia spagnola, la Guardia Civil, mentre il suo direttore, Pep Masoliver, veniva arrestato con l’accusa di sedizione

Pochi giorni prima infatti l’autorità giudiziaria con una ordinanza aveva chiesto che fossero bloccati i domini .cat che ospitavano contenuti sul referendum; e il rifiuto di intervenire aveva scatenato l’irruzione




 In una lettera pubblica inviata all’Icann, l’entità che coordina il sistema di nome di dominio Internet e si occupa per così dire della supervisione tecnica della Rete, la Fondaciò PuntCat ha scritto: «Ci hanno chiesto di censurare contenuti e sopprimere la libertà di parola nei domini .cat. Ciò compromette gli obblighi che abbiamo come operatore di dominio di primo livello verso la comunità .cat

Ma questo è stato solo l’inizio. Oltre alla forzata chiusura dei domini .cat sul referendum, le autorità spagnole hanno anche chiesto ai fornitori di servizi internet (gli Isp) i bloccare i siti-copia, i vari mirror che sono immediatamente sbucati dopo il primo giro di vite e che non erano .cat



 «Siamo preoccupati dall’uso draconiano e ingiustificato della censura e della forza per sopprimere diritti fondamentali di associazione, espressione e autodeterminazione», commentava al riguardo, qualche giorno fa, Security Without Borders

Come funziona la censura  
Secondo l’osservatorio anticensura Ooni, sono state essenzialmente tre le metodologie usate per il blocco dei siti

La prima è la censura basata su Dns, sul sistema di nomi di dominio, ovvero il sistema che, come una rubrica telefonica, associa i nomi dei siti che scriviamo nel browser col loro indirizzo internet numerico, l’indirizzo IP
 «In questo caso le autorità chiedono ai provider spagnoli di rispondere a una certa richiesta Dns non con il suo vero indirizzo IP ma con un altro che corrisponde a una pagina di blocco», spiega a La Stampa Arturo Filastò, fondatore di Ooni
 «È la tecnica più usata, anche in Italia, più blanda e più semplice, nonché più facile da aggirare».  

Per superare questo tipo di blocco basta cambiare i server che sono interrogati dal risolutore Dns sul proprio dispositivo, in modo da non usare quelli dell’operatore internet
 Si può mettere ad esempio quelli di freedns.zone. Oppure quelli di Google, usati spesso in questi frangenti anche per la facilità con cui si ricordano (8.8.8.8. o 8.8.4.4.). In Turchia, durante vari episodi di censura online, questi numeri venivano scritti pure sui muri



La seconda metodologia adottata nella censura dei siti catalani è basata su http, cioè funziona attraverso apparecchiature che intercettano e manipolano il traffico web in chiaro
 «E qualora nella richiesta http ci sia il dominio da bloccare, il provider internet risponde con una pagina di blocco», commenta Filastò
 «La particolarità di questo intervento è di poter colpire anche pagine specifiche». Questo perché il traffico è in chiaro, quindi il blocco può essere granulare. 

Il terzo sistema infine è il blocco su base https, cioè con traffico web cifrato. Anche se il contenuto del traffico non è ispezionabile, gli operatori vedono a quale sito è diretto
 «È una tecnica che si basa su apparecchi più recenti. E che finisce per bloccare tutto il dominio, non una sua singola pagina, proprio perché il traffico è cifrato e non si può distinguere. Spesso l’utente in questo caso non visualizza una pagina con l’avviso di blocco, ma solo che c’è stato un errore di connessione, non rendendosi nemmeno conto della censura in atto», prosegue Filastò

Le reazioni  
Non sono stati censurati solo siti web. Il 29 settembre un giudice della Corte superiore di giustizia della Catalogna ha ordinato a Google di cancellare da Google Play una app per smartphone, chiamata On Votar 1-Oct, che gli indipendentisti catalani usavano per diffondere informazioni sul voto 

«Come precedenti ingiunzioni - scrive la Electronic Frontier Foundation - si chiedeva a Google di rimuovere anche qualsiasi altra app dello stesso sviluppatore»

 Per l’associazione americana di diritti digitali, «tranne che per poche eccezioni, la censura governativa di Internet è proibita dall’art 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dall’art 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo»

 Per EFF la censura da parte del governo spagnolo è dunque «così sproporzionata ed eccessiva che sembra senza dubbio violare le disposizione citate»

«La Spagna si è unita al gruppo di nazioni che hanno interrotto servizi internet in momenti chiave della democrazia», scrive la ong Access Now, riferendosi non solo al blocco dei siti, ma anche ad alcune segnalazioni (non confermate però e ancora da verificare) di una interruzione della connessione internet in aree molto specifiche della Catalogna

L’azione contro Fundaciò Cat ha particolarmente preoccupato anche la Internet Society, no-profit che promuove lo sviluppo di una Rete aperta e accessibile
 La richiesta di bloccare tutti i domini .cat che contengano informazioni sul referendum non rientra nel mandato di un operatore di quel tipo - spiega in un comunicato

 «Speriamo nel ritorno di una internet libera e non filtrata in Catalogna»

Infine, oltre ad Assange, che ha addirittura parlato dell’inizio della «prima guerra mondiale della Rete» in Catalogna, si è fatto avanti anche Peter Sunde
L’ex-cofondatore di Pirate Bay, nonché attivista, politico e imprenditore, ha twittato il suo appoggio agli indipendentisti, offrendo assistenza materiale (domini e hosting anonimi) ai siti censurati 

«In effetti la vicenda mostra come sia importante avere a disposizione strumenti di pubblicazione di contenuti non censurabili, quali i servizi nascosti (hidden services) del progetto Tor», commenta ancora Filastò

 Ovvero i siti nascosti su darknet, spesso definiti sui media Dark o Deep Web, che consento l’anonimato sia ai loro operatori che ai visitatori. E che come tali non sono facilmente censurabili e rimovibili





http://www.lastampa.it/2017/10/04/esteri/gli-attivisti-della-rete-contro-la-censura-in-catalogna-ILDJya2nH4AieW3HiHEAmL/pagina.html

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