Ernesto Che Guevara venne ucciso il 9 ottobre 1967 - cinquanta anni fa - nel villaggio boliviano di La Higuera dai militari governativi boliviani assistiti dai servizi segreti Usa | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Qual è il senso della mostra sul «Che» che si aprirà a dicembre a Milano?
«Il materiale è stato accettato dall’Unesco come parte del progetto “Memoria del mondo”, nella categoria internazionale, la più significativa per l’universalità che riconosce a coloro che include Per ciò ha un’importanza culturale, storica, politica. L’intento è mostrare i contesti in cui ha agito il “Che”, quali sono state le sue motivazioni, e la sua eredità storica».
Quando è morto lei aveva 5 anni: quali ricordi conserva?
«I miei presunti ricordi sono molto mischiati con i sogni e non posso definire con certezza quali siano veri, perciò non parlo di queste cose. Partì da Cuba per il Congo quando io avevo 3 anni: un bambino di quell’età non può ricordare nitidamente
E poi stiamo parlando di una persona che dedicava molto tempo al lavoro e agli studi, con grandi responsabilità verso il popolo cubano, che prendeva assai sul serio. Sin da piccolo avevo la coscienza che mio padre era una persona molto amata e rispettata dalla maggior parte dei cubani. Si dice che i figli somigliano più al proprio tempo che ai genitori, perché sono lo scenario, le circostanze, che ti permettono di agire in una direzione o in un’altra. Mio padre ha segnato il mio tempo
I suoi scritti, lettere, insegnamenti sono ancora vitali, la sua voce e immagine ci accompagnano in molti luoghi, nei media e anche a scuola. Da quando ero molto giovane ho fatto letture di cui era l’autore, ma per me è sempre venuto prima il padre e poi l’eroe. Poiché sono cubano, conosco le sue imprese e virtù, l’ammiro come il modello di uomo e rivoluzionario che è».
La morte di suo padre è stata chiarita, o restano punti oscuri?
«Non ho mai fatto confusione su questo fatto. Mio padre è stato assassinato dai militari boliviani, per ordine degli yankee. Certo, si è cercato anche di costruire trame nelle quali a volte compaiono i rivoluzionari cubani come colpevoli, o i sovietici, creando intrighi di palazzo e fiabe
Il Che non ha avuto un giudizio, perché temevano le conseguenze
È stato assassinato a La Higuera perché la causa che difendeva era molto pericolosa e contraria agli interessi degli imperialisti
Non ci sono dubbi su quel che è successo, anche se hanno cercato molte volte di nasconderlo con schermi di fumo e voci malintenzionate».
Quali differenze ci sono tra la sua figura umana reale e la percezione mitica?
«Il Che è stato un uomo, ma molto completo. Coerente in pubblico e in privato, perché non sapeva essere altro che onesto, coraggioso, audace, giusto, amorevole e sensibile. Perciò noi i cubani, che lo conosciamo bene, lo amiamo e ammiriamo così tanto».
Cosa resta oggi della dottrina elaborata da suo padre?
«Il Che è stato un teorico che ha avuto la fortuna di mettere in pratica alcune delle sue tesi. L’eredità è vasta, ma anche attuale. Il mondo non è cambiato molto dagli anni in cui decise di lottare per la libertà di altri popoli. Oggi serve il Che, o persone come lui, ancora più di prima, perché viviamo già i tratti del caos. Se non freniamo questa decadenza, la barbarie che cerca di perpetrarsi potrebbe far sparire la nostra specie».
Come vede il futuro di Cuba, dopo la scomparsa di Fidel Castro e l’annuncio di Raúl che nel 2018 intende lasciare la presidenza?
«Quando il popolo cubano combatteva per l’indipendenza dalla Spagna e le tirannie imposte dagli Stati Uniti, sono morti uomini preminenti come Carlos de Céspedes, Agramontés, Martí, Maceo, Máximo Gomez, Mella, Villena, Guiteras. Le loro idee e lotte hanno dato forma alla nostra nazionalità e influenzato la continuità delle lotte libertarie. La nostra identità è molto legata ai loro lasciti
La rivoluzione è il progetto che meglio ci si addice, perché risponde ai nostri interessi. Se vogliamo continuare a esistere come nazione, siamo obbligati a mantenere una forma di produzione alternativa al capitalismo, pur migliorandola o modificandola. Se perdiamo del tutto questo, saremo in grave pericolo di morte».
Aveva condiviso l’apertura di Obama, e cosa pensa di Trump?
«Tutto ciò che viene fatto per calmare gli animi è positivo, se non compromette i nostri interessi. Però Obama non aveva proposto una nuova linea, ristabilendo i rapporti diplomatici. Aveva detto chiaramente che voleva prendere strade diverse, per raggiungere lo stesso fine: cancellare la rivoluzione
Con Trump le cose sono più chiare, e ci siamo abituati. Non ci ha nemmeno lasciato “godere” quell’apparente calma, che quindi non ci mancherà. Spero che alla fine prevalga il pragmatismo, e che in futuro (secondo me lontano) potremo intrattenere rapporti civili, per il mutuo beneficio»
Un altro argentino sta diventando mito, e molti dicono che è un «rivoluzionario», o un «comunista». Cosa pensa di papa Bergoglio?
«Io, grazie a Dio, sono ateo, ma parte della mia istruzione, principalmente sui valori, ha origini nel cristianesimo e in altre religioni. Sembra che papa Francesco voglia far germogliare questi valori. In realtà non lo conosco abbastanza per giudicarlo, ma posso affermare che se seguisse semplicemente gli insegnamenti di Cristo, per forza di cose sarebbe rivoluzionario e avrebbe molti nemici. Ho visto molta gente chiamarsi cristiana e non patire neanche un po’ di fronte alla disgrazia altrui, né seguire uno solo dei comandamenti, oppure essere più peccatore del Diavolo
Magari il Papa fosse così “cattivo”, come denuncia chi si oppone ai cambiamenti positivi nel mondo»
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