martedì 9 luglio 2019

La Cina sequestra i bambini dell'etnia uiguri: 1 milione di adulti in campi di concentramento x il più grande genocidio culturale della storia


Nella provincia occidentale dello Xinjiang, dove risiede la minoranza islamica degli uiguri, le autorità cinesi stanno deliberatamente separando i bambini da famiglie, fede e cultura. Centinaia di migliaia di adulti sono detenuti in vasti centri di detenzione, mentre è in corso una rapida campagna per costruire collegi su larga scala. È quanto emerge da una ricerca condotta dalla Bbc

Accanto agli sforzi per trasformare l'identità etnico-religiosa degli adulti della regione, le prove indicano l’esistenza di “una campagna parallela per rimuovere sistematicamente i bambini dalle loro radici”

 Le autorità cinesi affermano che gli uiguri vengono rieducati in “centri di formazione professionale”, istituiti per combattere l'estremismo religioso violento

 Resoconti di organizzazioni internazionali dimostrano che molti degli oltre un milione di prigionieri sono detenuti per aver semplicemente espresso la propria fede o per aver avuto contatti con l’estero

I ricercatori sollevano preoccupazioni anche per il destino di migliaia di bambini

 Un rapporto pubblicato dal tedesco Adrian Zenz mostra l’espansione senza precedenti delle scuole nello Xinjiang. Mentre costruiva i centri di detenzione per gli adulti, Pechino ha ampliato i campus scolastici e costruito nuovi dormitori su vasta scala

 In un solo anno, il numero totale di bambini iscritti negli asili dello Xinjiang è aumentato di oltre mezzo milione. Come dimostrano i dati del governo, i bambini appartenenti alla comunità uigura e ad altre minoranze islamiche, rappresentano oltre il 90% di questo aumento.

Il numero di iscrizione alla scuola materna della provincia è passato da sotto la media nazionale al più alto in Cina. Nel sud del solo Xinjiang, un'area con la più alta concentrazione di popolazioni uiguri, le autorità hanno speso 1,2 miliardi di dollari per la costruzione e l'ammodernamento delle scuole materne

 La propaganda governativa esalta le virtù dei collegi come aiuto per “mantenere la stabilità sociale e la pace”, dal momento che “la scuola prende il posto dei genitori”

I bambini degli uiguri detenuti vengono incanalati nel sistema scolastico in gran numero. Le autorità locali utilizzano moduli dettagliati per registrare le situazioni di bambini con genitori nei “centri di formazione professionale” o in carcere e per determinare se questi hanno bisogno di assistenza centralizzata

 I media di Stato dichiarano che i collegi – dove si parla solo cinese – permettono ai bambini delle minoranze di apprendere “migliori abitudini di vita” e una migliore igiene personale

 Alcuni bambini hanno iniziato a rivolgersi ai propri insegnanti con termini come “mamma”

La ricerca mostra che nello Xinjiang tutti i bambini si trovano ora in scuole che rese sicure con “misure di gestione ad isolamento chiuso”

 Molti istituti sono pieni di sistemi di sorveglianza a copertura totale, allarmi perimetrali e recinzioni elettriche da 10mila volt

 “Il tentativo di tenere lontani genitori e figli in modo sistematico – conclude Zenz – è una chiara indicazione del fatto che il governo dello Xinjiang sta tentando di crescere una generazione tagliata fuori dalle radici originali

Credo che le prove indichino ciò che dobbiamo chiamare genocidio culturale


Gulchehra Hoja è una giornalista di Radio Free Asia ed è stata una delle prime a denunciare la terribile ondata di repressione che gli uiguri musulmani stanno vivendo nel territorio dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale. Delle accuse precise e ben documentate, che la coinvolgono personalmente visto che sono 24 i membri della sua famiglia coinvolti in questa situazione di discriminazione razziale senza precedenti. Delle dichiarazioni forti che l'hanno resa un personaggio scomodo per il governo cinese ma che non hanno minimamente minato la sua volontà di non insabbiare ciò che sta accadendo nella sua regione natia

 Come riporta Women in The World, sono più di un milione gli uiguri "estremisti" detenuti in quello che Pechino chiama "campi di rieducazione politica" ma che a sentire le testimonianze (come quelle raccolte minuziosamente dal New York Times) somigliano molto di più a dei carceri dove le punizioni sono all'ordine del giorno e i diritti civili non vengono per nulla rispettati

 Migliaia di persone sono scomparse, ci sono resoconti credibili di torture (isolamento, privazione del sonno, il waterboarding e la cosiddetta panca della tigre, come riportato dal Washington Post) e di morti tra i prigionieri: in pratica, il governo dice che sta combattendo il "terrorismo" e l'"estremismo religioso", gli uiguri affermano di essere vittime di una campagna per annientare la loro libertà religiosa e culturale

Nel dicembre 2018, un membro del Comitato per i Rapporti Esteri del Senato degli Stati Uniti ha portato alla luce la repressione degli uiguri in Cina definendola "la più grande incarcerazione di massa di una minoranza etnica in qualsiasi parte del mondo"

Anche la lunga inchiesta del New York Times mette in discussione la versione ufficiale del governo cinese, che ha più volte negato pubblicamente che sia applicata una forma di detenzione arbitraria

 Il quotidiano sostiene che i detenuti di questi campi subiscano abusi e violazioni dei diritti umani con il chiaro obiettivo "di cancellare ed estinguere l’identità uigura", perpetrata anche dalla distruzione delle loro moschee, il divieto di utilizzare nomi musulmani, l'imposizione di mangiare carne di maiale (obbligando così a non rispettare i dettami della religione) e di venire cremati (la tradizione funeraria degli uiguri prevede la sepoltura)

"Nei campi di internamento, milioni di uiguri e milioni di donne uiguri, proprio come noi, oggi lottano solo per esistere", ha spiegato Gulchehra alla decima edizione del Women in the World summit dello scorso aprile, sottolineando poi come le sue parole di denuncia in passato abbiano messo ancor di più in pericolo i membri della sua famiglia in stato di detenzione e abbiano portato il governo a bannare la sua immagine dall'intero Paese. "Oggi la nostra gente lotta solo per esistere, e questo è il giorno, questo è il momento, per essere donne vere e per scuotere il mondo". Molti dei colleghi di Hoja hanno storie simili."Spero e prego affinché la mia famiglia venga rilasciata, ma so che anche se questo dovesse succedere, vivrà sempre sotto una costante minaccia", aveva detto davanti alla Commissione esecutiva del Congresso sulla Cina, "sono venuta negli Stati Uniti per realizzare un sogno, un sogno di poter dire la verità senza paura"

"[Hoja] combatte per la libertà ed è una rappresentante coraggiosa del nostro popolo. Credo che la sua battaglia sia un po' di conforto per milioni di donne e bambini uiguri che sono separati dai loro cari detenuti in campi di rieducazione o orfanotrofi", ha spiegato Rebiya Kadeer, leader del Movimento nazionale uiguro, riconoscendo la caratura etica della Hoja che nonostante gli avvertimenti e le minacce continua a non perdere di vista la strada da seguire. Combattere con l'attivismo e le denunce pubbliche (e sui social) il tentativo del Governo di eliminare tutte le voci di dissenso, perché l'orrore nello Xinjiang non è solo un problema cinese, ma è un problema globale




http://www.asianews.it/notizie-it/Xinjiang:-Pechino-strappa-i-bambini-uiguri-da-famiglia,-fede-e-cultura-47469.html

https://www.elle.com/it/magazine/storie-di-donne/a27911264/uiguri-repressione-cina/

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