di Giovanni Allegretti (1)
in "Il ruolo delle Assemblee Elettive" (I° volume), a cura di Massimo Carli, per il Dipartimento di
Diritto Pubblico e della Commissione di Riforma Legislativa della Regione Toscana, Torino, Giappichelli
Editore, maggio 2001
Art. 85 – Il Municipio dovrà organizzare la propria attività amministrativa e portare avanti le sue attività
nell’ambito di un processo di pianificazione permanente, ponendo attenzione all’interesse locale e ai principi
tecnici adeguati allo sviluppo integrato della comunità.
Paragrafo unico – Per la pianificazione è garantita la partecipazione popolare nelle diverse sfere di discussione
e deliberazione (Statuto del Comune di Porto Alegre, 1990)
1. Premessa
Il caso del Comune di Porto Alegre, ancora relativamente poco conosciuto in Italia, ha destato negli ultimi
anni un notevole interesse internazionale, in particolar modo a partire dal Vertice ONU di Istanbul Habitat II
sugli Insediamenti Umani del 1996, quando fu ufficialmente presentato nel novero delle 42 Pratiche Eccellenti
mondiali di gestione urbana, selezionate nell’incontro preparatorio dell’UNCHS a Dubai.
Porto Alegre si trova all’estremo Sud della Repubblica Federale del Brasile, in un’area di confine con altri 3
Paesi della Comunità Economica del Mercosul, ed è una delle 9 metropoli del Paese con i suoi 1,3 milioni di
abitanti2 che toccano quasi i 3 milioni nell’area metropolitana. Centro terziario di grande importanza3, Porto
Alegre è la capitale dello Stato del Rio Grande do Sul, il terzo in ricchezza per contributi al PIL della Federazione
Brasiliana, anche se solo 24° nella redistribuzione dei fondi di investimento attuata dal governo centrale.
La coalizione politica che la governa senza interruzioni di continuità dalle elezioni municipali del 1988 (riconfermata
nell’incarico dalla recente tornata amministrativa del 1-29 ottobre 2000) ha scelto di concentrare
i suoi sforzi maggiori nell’inversione delle tradizionali priorità di governo urbano, a partire da un intervento
di democratizzazione della gestione istituzionale che fosse anche in grado di creare un ‘luogo’ di formazione
della coscienza civica dei suoi cittadini, oltre un terzo dei quali abitanti della città informale assestatasi
nell’ultimo cinquantennio sui 40 promontori [morros] che occupano il 65% della superficie cittadina, frammentando
l’abitato in diversi nuclei minori e fisicamente indipendenti.
Dal 1989, pertanto, il Comune di Porto Alegre ha promosso un processo di riforma in senso ‘partecipativo’
di alcuni suoi settori organizzativi strategici, con il triplice obiettivo di valutare meglio necessità ed energie
sociali della popolazione, di rifondare la relazione di fiducia fra cittadini e Istituzioni compromessa da 20
anni di dittatura, e di ridare significatività all’asfittica capacità di rappresentanza dimostrata negli anni precedenti
dalla classe politica al governo nella città.
Il principale strumento di questa articolata operazione di ‘ricostruzione di senso’ della politica locale è stato
il ‘Bilancio Partecipativo’ (in portoghese Orçamento Partecipativo o O.P., come per semplicità lo chiameremo
nel seguito del testo) inteso quale percorso di accompagnamento delle scelte della Giunta Municipale in
materia di bilancio, ma anche come processo di supporto e rafforzamento della rappresentatività reale dei
Consiglieri Comunali rispetto al proprio elettorato.
Dopo quasi 10 anni di sperimentazione positiva dello strumento del Bilancio Partecipativo a livello municipale
- a Porto Alegre e in altri comuni minori dello stesso Stato – un processo analogo è stato applicato al
Bilancio Statale a partire dal 1999, quando il Governatore del Rio Grande do Sul è stato eletto nelle file di
una coalizione analoga a quella che ha guidato la sua capitale a partire dalle elezioni del 1988.
Le due esperienze hanno suscitato un notevole interesse, che va crescendo in settori diversi della società
civile e della politica, sia a livello di amministrazioni locali che di istituzioni internazionali. Così, se la Banca
Mondiale ha scelto Porto Alegre come sede per il Seminario Internazionale sulla Democrazia Partecipativa
(13/20 novembre 1999) a motivo della sua significatività come esempio di trasparenza, efficienza ed efficacia
nella gestione finanziaria della città, le organizzazioni non governative e i gruppi di lotta ‘contro la Globalizzazione
Economica’ l’hanno designata come luogo ideale per lo svolgimento del Forum Sociale Mondiale
del 25/31 gennaio 2001, in quanto migliore rappresentante di un percorso di crescita contestuale e condiviso
fra Istituzioni e Società Civile.
Il vertice di Istanbul Habitat II ha costituito, certo, la consacrazione internazionale per Porto Alegre, la conferma
che l’Amministrazione stava seguendo una via giusta e prodiga di risultati positivi, anche ad un giudizio
critico esterno e di alto livello. In quella occasione, l’esperienza del Bilancio Partecipativo è stata oggetto
di discussione anche presso uno dei principali eventi collaterali svoltisi ad Istanbul, cioè l’Assemblea Mondiale
delle Città e delle Autorità Locali (30/31 maggio 1996) durante la quale l’allora sindaco di Porto Alegre
presentò un emendamento (sottoscritto anche dai sindaci di Montevideo e Diadema) chiedendo di incorporare
tra le raccomandazioni della Dichiarazione Finale proprio l’esperienza del Bilancio Partecipativo. In seguito
a quegli eventi, hanno cominciato a formarsi in Africa come in Europa (Camerun, Senegal, Argentina,
Francia, Spagna, ecc.), reti transnazionali di discussione sulla possibilità di un riadattamento critico del processo
sperimentato a Porto Alegre in contesti socio-politici diversi,; formate da attivisti di movimenti urbani,
partiti politici, amministrazioni locali e ricercatori universitari, queste reti hanno organizzato dibattiti e prodotto
materiale informativo e proposte politiche di riforma, spesso in stretta collaborazione con
l’Amministrazione di Porto Alegre. Attualmente la più importante di queste reti (Réseau pour
"Démocratiser Radicalement la Démocratie"4) ha sede in Francia e produce un bollettino di studi che serve
da riferimento per varie altre organizzazioni, sia europee che africane.
2. Il quadro di riferimento generale
Quando il processo di Bilancio Partecipativo ha cominciato ad organizzarsi a Porto Alegre, il quadro istituzionale
di riferimento era già quello previsto per le autonomie locali dalla Nuova Costituzione Repubblicana
del 1988. Il Comune, retto da uno Statuto chiamato Legge Organica (riformato a Porto Alegre nel 1990), è
guidato da una Giunta Esecutiva nominata da un Sindaco - eletto direttamente in due turni di votazioni dalla
cittadinanza - che entra in carica il 1 gennaio dell’anno solare successivo per la durata di 4 anni. L’organo
legiferante e di controllo a livello Municipale è invece la Camâra dos Vereadores, ovvero un Consiglio Comunale
i cui membri sono eletti durante il primo turno di votazioni secondo una formula proporzionale. Ad
esso spetta per legge – tra gli altri compiti – l’approvazione del Bilancio annuale del Comune come anche
delle Linee di Bilancio Poliennale che ogni Amministrazione deve presentare all’inizio del suo mandato5.
Analogamente è organizzato ogni Stato della Repubblica Federativa del Brasile, guidato da un Governatore
eletto direttamente, e il cui organo legislativo è costituito da un Parlamento formato da Deputati Statali eletti
secondo una formula proporzionale, a cui spetta – tra l’altro – approvare i Bilanci annuali e le Linee di Bilancio
Poliennale.
Intorno a questi riferimenti principali si è andata organizzando nel tempo (a Porto Alegre come nello Stato
del Rio Grande do Sul) una serie di organismi consultivi comprendenti spesso anche rappresentanti popolari
che potessero contribuire alla costruzione di linee-guida e indirizzi per diverse politiche municipali, anche
senza arrivare ad avere una voce diretta in sede di costruzione e approvazione delle Linee Direttrici o dei
Piani annuali di Bilancio. Porto Alegre è (insieme a Curitiba) una delle poche città brasiliane ad aver avuto il
privilegio nel Novecento di poter elaborare autonomamente dal ‘centro’ il proprio statuto comunale, anche
anteriormente alla Costituzione del 1988. Rispetto ad altre città, ha quindi una lunga tradizione di attenzione
alle specificità del patrimonio socio-territoriale locale. In tal modo, i processi amministrativo/gestionali che
ha conosciuto negli ultimi 45 anni - a partire dall’istituzione del Consiglio Popolare di Piano Regolatore -
sono stati caratterizzati da una sorta di ‘riempimento progressivo di senso’ di ‘luoghi della partecipazione
popolare’, spesso creati per mera facciata da governatori e da sindaci-caudillos di epoca populista e sopravvissuti
persino nel periodo militare, seppur svuotati della loro reale rappresentatività popolare. Molte di queste
timide istanze di democrazia diretta (come i Consigli settoriali dove spesso le componenti istituzionali
partecipavano in proporzione doppia alle categorie professionali e queste in proporzione doppia ai rappresentanti
della società civile) hanno subito nel tempo una lenta trasformazione; un’interessante risemantizzazione
che da rappresentanti in scala minore delle disparità sociali presenti nella città reale ne ha fatto il terreno
privilegiato della lotta degli esclusi.
Il Bilancio Partecipativo è così divenuto alla sua nascita il luogo dove convogliare quelle vitali pressioni al
potere costituito prima frammentate in numerosi consigli senza reali poteri decisionali, o canalizzate secondo
criteri paternalistico-clientelari che trovavano la loro massima espressione (e creavano le loro massime
aspettative, puntualmente deluse) nelle campagne elettorali per le vie delle favelas.
Per questo – a rigore - definire il Bilancio Partecipativo meramente come ‘meccanismo di gestione cittadina’
è semplicistico. Nel suo DNA è, infatti, scritta la storia di un’opzione che ha avuto ed ha una sua vita indipendente
dal potere costituito, a partire dall’autodefinizione dei confini delle attuali 16 regioni di bilancio in
cui i cittadini - sulla base del riconoscimento di diverse identità locali e senza nessun intervento
dell’Amministrazione - hanno diviso il territorio di Porto Alegre, con riaggiustamenti durati fino al 1995.
In questa città, che in realtà è un aggregato di molteplici città diverse spesso fisicamente distanti l’una
dall’altra, il Bilancio Partecipativo si è potuto radicare verticalmente nella storia del territorio e principalmente
in quella del suo vissuto sociale fatto di movimenti urbani succedutisi nell’ultimo secolo, a partire
dalle Amministrazioni positiviste (le uniche nel Brasile liberista) dei primi 30 anni del Novecento. E se oggi
a Porto Alegre - a differenza che in altre città - questa istanza di democrazia diretta funziona sostanzialmente
bene e riesce a coinvolgere attivamente tanti cittadini nella costruzione di indirizzi e nell’indicazione di specifiche
per la gestione urbana, certo lo si deve anche a questa sua organicità con il territorio, almeno nella sua
componente di evoluzione storica della coscienza politica e della capacità di autorganizzazione della popolazione.
3. Le origini del Bilancio Partecipativo
A Porto Alegre, il sindaco che aveva governato la ‘transizione democratica’ in seguito alle prime elezioni
municipali libere del 1995 (uscito sconfitto dalla nuova consultazione elettorale) utilizzò gli ultimi mesi del
suo mandato compiendo alcune azioni interpretate dalla colizione neo-eletta come un vero e proprio tentativo
di farle intorno ‘terra bruciata’. Il problema che l’Amministrazione dovette affrontare nei primi mesi del suo
mandato fu, così, la mancanza di fondi6, visto che nel gennaio 1989 il deficit operativo lasciato
dall’Amministrazione precedente assommava all’80%degli incassi; addirittura, nel primo anno il Comune fu
costretto a destinare quasi il 98% degli introiti a pagare spese pregresse e gli aumenti del 236,98% dei salari
degli impiegati comunali decisi dal sindaco precedente negli ultimi giorni di governo.
In sostanza, il primo anno della nuova Amministrazione fu di aggiustamenti finanziari e di riconoscimento
della macchina amministrativa. L’Assessorato alle Finanze individuò alcuni mezzi di emergenza e delle
strategie di intervento strutturale per risanare il bilancio, ‘moralizzare gli sprechi’ e diminuire i costi di tutta
la macchina amministrativa dell’Esecutivo comunale7, condensando il tutto in una proposta di Riforma Tributaria
che, con le modifiche apportate dal Consiglio Comunale nel 1990, elevò di circa il 25% le entrate a
favore del Municipio. Particolarmente pubblicizzate presso la cittadinanza - attraverso un appoggio diretto
ricercato dall’Amministrazione nei movimenti urbani - furono la campagna "quem tem mais paga mais"
‘[chi più ha più paga’] che portò all’approvazione della proporzionalità fra i redditi dei proprietari e
l’imposta sui beni immobili (l’IPTU, che salì così del 132%8) e quella per la sburocratizzazione della macchina
amministrativa.
Queste due misure furono ritenute fin da subito indispensabili per poter procedere parallelamente allo studio,
alla creazione e all’entrata in funzione in tempi rapidi di un processo di discussione del Bilancio con i cittadini,
che costituiva uno dei punti fondamentali del programma presentato agli elettori dal nuovo sindaco.
Secondo l’interessante - ma poco noto - studio della ricercatrice Elizete Menegat (1995)9, l’elemento qualificante
per il ‘salto di qualità’ che la costruzione di un ‘Bilancio Partecipativo’ mirava a costituire non si sarebbe
configurato come ‘empowerment dall’alto’ (Abers, 1998) promosso dalla coalizione che vinse le elezioni
comunali nel 1988, quanto piuttosto sulla base delle elaborazioni dei movimenti urbani cittadini e delle
organizzazioni vicinali che avevano mantenuto una forte crescita anche durante il ventennio di regime militare,
mostrando una forte capacità propositiva e organizzativa. Queste, nel 1983, si unirono nella UAMPA
(Unione delle Associazioni di Quartiere di Porto Alegre) una cosiddetta ‘umbrella organisation’ che si pose
fin da subito come coordinatrice delle principali istanze di partecipazione politica, organizzando non solo le
varie Articolazioni Regionali di associazioni cittadine sulla base della loro prossimità dislocativa, ma anche
una serie di congressi da cui emersero le direttrici principali che nel 1988 sono divenute bandiera elettorale e
quindi programma di governo della coalizione vincente. Questo non significa che l’Amministrazione non si
sia impegnata a fornire contributi propri alla costruzione del processo partecipativo di discussione e approvazione
popolare per i bilanci comunali; in ogni caso, però, nel ‘comunicare’ le origini dell’esperienza ha sempre
puntato a celarne la derivazione da qualsiasi riferimento teorico o personalizzato, e a farla apparire come
il prodotto di un’elaborazione collettiva e condivisa fra partiti e società civile, esaltando soprattutto il contributo
di quest’ultima.
Agli inizi, nonostante il Comune di Porto Alegre potesse contare su un appoggio preventivo dei movimenti
urbani nella riforma della macchina amministrativa in senso ‘partecipativo’ (peraltro non scontato su tutti i
punti), la trasformazione non fu indolore. Da un lato, infatti, vi fu la resistenza incontrata nei tecnici e in
alcuni strati benestanti della popolazione (ben rappresentati dall’opposizione nel Consiglio Comunale, a cui
spettava l’approvazione di ogni trasformazione strutturale del Municipio), dall’altra notevoli timori della
stessa coalizione politica di perdere il controllo sulle principali decisioni amministrative. Ciò spiega perché
su un punto, fin da subito, la nuova Amministrazione di Porto Alegre impose la sua volontà su quella dei
movimenti popolari. Dell’intero bilancio, la popolazione non avrebbe discusso né delle entrate né delle spese
correnti (quelle cioè necessarie per la manutenzione di opere già realizzate e per il pagamento dei funzionari
che muovono la macchina amministrativa) ma doveva limitarsi a decidere sulle spese ‘di capitale’, cioè sui
nuovi investimenti in opere pubbliche, acquisti di beni e contrazione di prestiti. Con questa presa di posizione
preventiva - maturata all’interno soprattutto dell’Assessorato all’Urbanistica, del Consiglio Politico della
Coalizione e dell’Assessorato alle Finanze - l’Amministrazione poneva in chiaro fin da subito il desiderio di
mantenere un equilibrio di poteri, e metteva a tacere le divisioni interne dovute a quelle correnti della coalizione
che temevano per una progressiva perdita dei poteri effettivi da parte dell’esecutivo politico. Se poi,
nel corso di 12 anni, la discussione diretta con la cittadinanza ha ampliato il suo raggio di intervento (permettendo
che gli investimenti passassero a rappresentare una fetta del 25% del Bilancio contro il 3,2% del
1989) questo è dovuto ai modi in cui il processo di O.P ha saputo prendere piede e maturare come il più importante
strumento di gestione della città.
La capacità organizzativa dei movimenti urbani per rivendicare il diritto della cittadinanza a prendere parte
attiva alle scelte del Comune in materia economica si rivelò comunque determinante perché il Bilancio Partecipativo
potesse prendere piede e affermarsi. Inizialmente, l’O.P partì come ‘processo informale’ di consultazione
degli abitanti voluto dalla Giunta, per evitare uno scontro diretto con il Consiglio Comunale che
avrebbe temuto per una riduzione del suo potere; ma un massivo appoggio popolare alla scelte del Sindaco
dovette essere richiesto per l’approvazione di una serie di trasformazioni contestuali che richiedevano inevitabilmente
un sigillo di formalità. Così, ad esempio, già nel 1989 i rappresentanti agguerriti della popolazione
di diversi orientamenti politici si presentarono con continuità davanti al Consiglio Comunale (con telecamere
e macchine fotografiche per documentare le singole posizioni di voto dei consiglieri) allo scopo di fare
pressioni sui propri eletti per approvare gli aumenti delle tasse sui rifiuti e sui beni immobili, che dovevano
portare Porto Alegre al livello delle altre capitali brasiliane e sostituire i pagamenti a parcelle fisse, con rate
mensili più facilmente adattabili nel tempo alle nuove esigenze10.. Le prime misure passarono proprio grazie
a questa pressione popolare, nonostante che – per i meccanismi di voto disgiunto - l’Amministrazione potesse
contare teoricamente solo su 9 consiglieri su 33. Da allora le strategie di controllo dei movimenti cittadini
sulla Giunta, ma soprattutto sul Consiglio Comunale, si sono andate affinando, nel tentativo di mantenere
costante la reale rappresentatività degli eletti e di cautelarsi contro meccanismi clientelari centrati sugli interessi
personali o di piccoli gruppi, tradizionalmente molto diffusi in Brasile.
Queste constatazioni nulla tolgono all’importante ruolo che il Comune ha giocato e gioca nei confronti
dell’affermarsi e del perpetuarsi della validità e del funzionamento del processo di Bilancio Partecipativo e di
altri strumenti affini sviluppatisi in seguito a Porto Alegre. Solo una volontà politica forte (seppur sull’onda
di pressioni popolari non facilmente ignorabili) poteva, infatti, rendere possibile che il processo venisse istituito
e si radicasse in città, sia per la mancanza di articolazione dettagliata delle generiche proposte popolari
emerse dai congressi della UAMPA, sia perché ancor oggi la capacità di autorganizzazione e mobilitazione
spontanea dei cittadini non esaurisce i criteri decisionali usati nel processo di Bilancio Partecipativo, ma è
viene costantemente arricchita di apporti e suggerimenti che nascono spesso proprio in seno
all’Amministrazione. In tal senso, si può dire che il meccanismo partecipativo messo in moto dall’O.P non
costituisce oggi un luogo di ‘delega di responsabilità’ dell’Amministrazione ai cittadini, così come spesso la
società civile tende a leggere vari meccanismi formali di ‘partecipazione’ calati dall’alto o solo presenti nelle
dichiarazioni d’intenti di molte Istituzioni locali o internazionali. Per come è strutturato, al contrario, esso
costituisce un luogo di ‘riequilibrio’ delle responsabilità nella gestione della città fra quelle che gramscianamente
potremmo definire ‘Società istituente’ e ‘Società istituita’. Esso è, però, tutt’altro che un luogo di
riduzione delle responsabilità per il mondo politico (sia esso parte dell’Esecutivo che del Legislativo Municipale),
dal momento che questo è costretto ad un costante confronto con i suoi elettori, è forzato a dimettere
certi vantaggi unilaterali di un governare che non rende conto puntuale e permanente del suo operato ai cittadini,
ed è inoltre responsabile esso stesso di come e quanto la partecipazione si sviluppa. Perché è evidente
come la partecipazione (che avviene su base comunque libera e volontaria) non si autoalimenti; può – anzi -
perdere forza e interesse se le conquiste che la società civile propone non trovano una concretizzazione ‘visibile’
nella gestione urbana e negli investimenti di fatto poi realizzati dall’Amministrazione.
Questo impegno a Porto Alegre sembra essere stato il primo del Comune fino dal 1990, quando - con la Riforma
dei Tributi Locali – l’Amministrazione Popolare ha triplicato le entrate del municipio, mettendo in
atto una politica dei suoli molto dura contro le forme di speculazione che avevano lasciato il 41% della città
un ‘vuoto urbano inutilizzato’.. Attraverso questo impegno alla coerenza delle proprie politiche (ad esempio
di quella fondiaria e abitativa, che di solito in Brasile sono sempre troppo scisse per dare risultati significativi
per la popolazione in difficoltà) si è potuto dare risposte concrete ai solleciti di volta in volta presentati nel
Bilancio Partecipativo dai cittadini, e portare oggi a oltre 40.000 i partecipanti annuali dell’O.P.. Il tutto è
stato possibile anche per la relativa autonomia finanziaria garantita dalle riforme tributarie al Comune, che
può così portare avanti le sue azioni e le sue politiche più ‘radicali’ o difficili almeno senza troppe coercizioni
esterne. Venendo inoltre considerato dalle grandi istituzioni finanziarie un ‘buon pagatore’, nomea che gli
garantisce continuamente buoni prestiti all’esterno, le cui clausole più vincolanti l’Amministrazione da alcuni
anni non manca comunque di mettere in discussione e far approvare durante assemblee specifiche con i
cittadini.
4.. Funzionamento e articolazione del processo di Bilancio Partecipativo
Il Bilancio Partecipativo è un percorso costituito da dibattiti successivi e aperti a tutti i cittadini che accompagna
e sostanzia il processo di definizione dei Piani annuali di Investimento del Comune, cioè di una porzione
del Bilancio Municipale che costruisce linee ed indirizzi delle ‘spese di capitale’, ovvero di quei fondi
annualmente destinati agli investimenti in strutture e servizi in ambito cittadino. Esso propizia al suo interno
una fusione di forme di democrazia assembleare diretta con modelli di democrazia rappresentativa, dove le
scelte avvengono annualmente e in maniera diversa da quelle previste dalla normativa nazionale brasiliana
per l’elezione dei Consiglieri Comunali, formalmente nominati ogni 4 anni.
Esistono due tipi di rappresentanti popolari eletti nel Bilancio Partecipativo: i delegati e i consiglieri. Le
nomine dei delegati popolari avvengono in numero proporzionale alla partecipazione dei singoli quartieri
(bairros) all’interno delle assemblee pubbliche di ogni Regione comunale. All’incirca per ogni 10 suoi cittadini
presenti, cioè, un quartiere ha diritto ad 1 delegato che lo rappresenti: in tal modo viene premiato in sede
regionale l’interessamento degli abitanti nei confronti del loro territorio di residenza. In un Forum apposito, i
delegati di quartiere (a cui spetta di mantenere il costante contatto con i territori di appartenenza) dialogano
poi con i consiglieri di ogni regione, che sono 2 per ognuna (più 10 tematici) in via equitativa, per non penalizzarne
nessuna nella distribuzione dei fondi di investimento comunali.
Sono questi consiglieri (con i loro eventuali sostituti e alcuni membri di ONG cittadine) che compongono
l’istanza di vertice del processo di Bilancio Partecipativo, ovvero il Consiglio Popolare di Bilancio (COP)
dove essi discutono fra loro le priorità di bilancio presentate dalla popolazione durante le assemblee aperte
all’intervento di tutti i cittadini. Sono i consiglieri a presentare la proposta di programma di investimento
all’amministrazione, che lo fa proprio a seguito di vivaci discussioni tese a passare ai cittadini e ai loro rappresentanti
tutte le informazioni tecniche e finanziarie necessarie per una seria valutazione del da farsi, anche
attraverso appositi corsi di formazione sui meccanismi istituzionali previsti dalle Leggi Brasiliane per il governo
‘formale’ del territorio11.
Le Assemblee sono aperte a tutti i cittadini, organizzati ma anche singoli, aspetto – quest’ultimo – che costituisce
il grande salto di qualità rispetto alle precedenti forme di partecipazione della Società civile alla formulazione
delle politiche municipali, riservate solo a rappresentanti di specifiche Associazioni o Entità organizzate
che agivano come ‘lobby’ togliendo al cittadino singolo o disorganizzato ogni ruolo attivo che andasse
al di là del diritto di voto e di quello individuale di critica.
Il diritto di voto nelle assemblee del Bilancio Partecipativo muta con la loro tipologia. Nelle Regionali lo
possiedono, infatti, solo i residenti nella Regione che si registrano all’inizio dell’assemblea, mentre tutti i
cittadini lo possiedono nelle Tematiche. Pur essendo tutte le assemblee aperte al controllo della cittadinanza,
è il diritto di voto a differenziare i vari livelli di articolazione del dibattito; a seconda cioè se si tratti di assemblee
plenarie o di Consigli più ristretti formati sulla base di votazioni in quelle verificatesi. In alcuni
gradi del processo (Assemblee plenarie e intermedie) il diritto di voto lo hanno tutti i cittadini partecipanti
(della città, della regione o del quartiere a seconda che si tratti di una plenaria tematica, di una plenaria regionale
o di un’intermedia di quartiere), mentre nel Forum dei Delegati lo hanno solo i delegati eletti dalla
popolazione dei vari quartieri nelle plenarie o in parte nelle intermediarie; nel Consiglio Popolare del Bilancio
Partecipativo (COP), infine, lo hanno solo i due consiglieri regionali eletti in ogni regione e quelli tematici,
o in loro assenza i supplenti designati.
Ad essere precisi, esistono due percorsi principali e paralleli di discussione e decisione allargata che compongono
l’O.P: le Assemblee Regionali, organizzate sulla base di una suddivisione della città per ambiti
territoriali, e quelle Tematiche sulla base di 5 ambiti di dibattito a tema. A Porto Alegre vi sono attualmente
16 regioni in cui risultano aggregati oltre 80 quartieri; e queste a loro volta sono aggregate in 8 macroregioni
per la pianificazione urbanistica e il dialogo sul bilancio con i livelli superiori a quello comunale, cioè metropolitano
e statale. Per quanto concerne la base tematica, i 5 tipi diversi di discussione ‘a tema’ mirano a
priorizzare opere strutturali, progetti e direttrici di servizio per la città nelle seguenti aree: trasporto e circolazione,
salute e assistenza sociale, educazione, cultura e riposo, sviluppo economico e tassazione, organizzazione
della città e sviluppo urbano. Tale base di discussione fu introdotta nel 1994 al fine di incorporare al
processo di discussione settori sociali fino ad allora non coinvolti, ma anche di dare all’O.P. una dimensione
nuova approfondendo il dibattito sulla pianificazione urbana complessiva e su alcune politiche di settore,
compresi gli ambiti in cui teoricamente il Bilancio Partecipativo non aveva fino ad allora voce per orientare
l’Amministrazione nelle sue scelte.
La discussione annuale si articola – per quanto attiene il livello più ampio di dibattito pubblico di tipo assembleare
- in due turni principali a livello regionale o tematico [rodadas], separati da un periodo intermedio
di discussione, localizzata nei vari quartieri delle 16 regioni [assembleias intermediarias].
4.1. I vari turni di assemblee pubbliche
1) Nella prima tornata (che ha luogo in genere tra la seconda quindicina di marzo e l’inizio della seconda
quindicina di aprile) si realizzano 16 assemblee plenarie pubbliche – una per ogni regione cittadina – e 5
plenarie tematiche, queste ultime in genere realizzate nella sede del Consiglio Comunale, per aprire ai
cittadini uno degli spazi istituzionali tradizionalmente più elitari. Nel mese che precede ogni assemblea,
il Comune e le Associazioni di Quartiere - in collaborazione - si occupano di pubblicizzarla attraverso i
mass media ma anche con un’opera capillare di volantinaggio e di informazione, spesso fatta oralmente
attraverso auto con casse acustiche o ‘porta a porta’. Il tavolo dei relatori è composto dal Sindaco o dal
Vicesindaco, dai responsabili del Gabinetto di Pianificazione, del Coordinamento delle Relazioni con la
Comunità, dal Coordinatore Regionale del Bilancio Partecipativo e dai Consiglieri Popolari della Regione
o della Plenaria Tematica eletti alla fine dell’anno precedente. L’ordine dei lavori si articola in: a)
presentazione dei conti relativi all’anno solare appena concluso e del Piano di Investimento per l’anno in
corso12; b) presentazione del regolamento interno dell'Orçamento Participativo in vigore, con le eventuali
variazioni apportate nell’anno precedente dal Consiglio di Bilancio ai criteri generali di distribuzione dei
fondi fra le regioni, a quelli tecnici, legali e regionali; c) valutazione critica, da parte dei partecipanti che
si iscrivono a parlare, dei conti presentati e delle opere realizzate l’anno prima; d) elezione - in base ad
un criterio a scaglioni approvato dal Consiglio di Bilancio (COP)13 - di una porzione dei delegati che andranno
a comporre i Forum dei Delegati della Regione o della Plenaria Tematica e – insieme ai Consiglieri
che successivamente essi eleggeranno – dovranno coordinare tutto il processo di discussione con la
popolazione, e di priorizzazione di temi, opere e servizi.
2) Nella tornata intermedia di ogni regione (che ha luogo tra la seconda quindicina di aprile e la fine di
maggio) è la popolazione ad organizzare – autonomamente dal Comune – numerose riunioni per fare una
diagnosi delle sue necessità, scegliere le priorità tematiche e arrivare a gerarchizzare opere e servizi nella
regione e costituire le Commissioni di accompagnamento dei lavori e le Commissioni di Strada che controllano
informalmente nei vari contesti locali tutti i lavori delle imprese che vincono gli appalti comunali,
e contribuiscono a disseminare nelle strade e nei quartieri la discussione sull’intervento pubblico
nella città formale e, soprattutto, informale. Nelle assemblee di natura tematica, la cui organizzazione è
curata da varie entità della società civile, l’obiettivo è arrivare a stabilire le direttrici per le politiche settoriali,
priorizzare i servizi e le opere strutturali della città a partire da una discussione più a contatto con
il locale. In questa sessione i vari organismi di governo forniscono informazioni tecniche generali o specifiche
per rendere il dibattito più completo e realistico, e presentano proposte di opere o servizi alle varie
regioni, ai singoli quartieri o ai dibattiti tematici localizzati. È impossibile tentare di definire una forma
comune di strutturazione per questo tipo di riunioni, fra loro diversissime proprio perché gestite dalle
singole comunità locali attraverso l’aiuto dei loro consiglieri e delegati che devono coordinarne il calendario
e provvedere a chiedere la partecipazione di tecnici comunali secondo il principio della ‘partecipazione
su convocazione della comunità’. Nella riunione con quorum più alto, ogni comunità elegge delegati
aggiuntivi secondo gli stessi criteri esplicitati nella nota precedente. In questo stesso periodo il Consiglio
di Bilancio eletto nell’anno precedente discute il progetto di Legge sulle Direttrici di Bilancio
(LDO) che entro il 1° giugno deve essere inviato al Consiglio Comunale.
3) La seconda tornata14 di assemblee plenarie regionali e tematiche (che ha luogo fra l’inizio di giugno e
la metà di luglio) segue gli stessi criteri e metodi della prima. In questa seconda parte dell’anno l’enfasi
del processo passa dalla mobilitazione alla negoziazione attraverso un insieme di parametri collettivamente
costruiti. A questo scopo vengono formate le principali istanze decisionali dell'Orçamento Partecipativo:
il Forum dei Delegati (FROP) e il Consiglio Municipale di Bilancio (COP)15. Il Governo, per
mezzo del Gabinetto di Pianificazione (GAPLAN)e dell’Assessorato alle Finanze, presenta il bilancio
delle spese e le previsioni riviste di incasso per l’anno successivo, mentre ogni comunità consegna al
GAPLAN le sue priorità gerarchiche elaborate circa i diversi temi scelti, le opere e i servizi richiesti. Il
documento deve contenere esposte le 4 priorità tematiche votate da ogni regione in ordine di importanza,
scelte fra 12 temi che possono variare di numero nel tempo16; ed inoltre un formulario per ognuna delle 4
aree tematiche contenente la descrizione, l’indirizzo e la posizione gerarchica di ogni opera o servizio richiesto
(per opere di pavimentazione e urbanizzazione primaria vanno anche allegati degli schizzi per
individuare precisamente il tratto richiesto). Per le assemblee tematiche basta l’esposizione delle direttrici
e le priorità delle politiche settoriali di servizi e opere strutturali. In queste assemblee, inoltre, la popolazione
elegge, in modo diretto in ogni regione e plenaria tematica, 2 Consiglieri Titolari e 2 supplenti
che la rappresentino nel Consiglio di Bilancio per un anno, rinnovabile per una sola volta consecutiva17.
In totale vengono eletti 32 Consiglieri titolari regionali più 10 tematici (con i rispettivi supplenti) a cui i
cittadini – che nelle assemblee intermedie hanno già discusso e gerarchizzato le loro priorità – delegano
l’elaborazione del Piano dei Lavori per l’anno successivo, una volta definito il bilancio pubblico in collaborazione
con l’Amministrazione Comunale. La revoca del mandato, in caso che il Consigliere non rispetti
la volontà espressa dalla popolazione che l’ha eletto nelle Assemblee Intermedie, può essere decisa
dal Forum dei Delegati Regionale o Tematico, che va appositamente convocato con 15 giorni di anticipo,
come previsto dal Regolamento interno del Consiglio di Bilancio, e deve esprimere la sua disapprovazione
per l’operato del Consigliere con voto favorevole di 2/3 dei presenti.
4.2 Altre fasi e spazi di discussione del Bilancio Partecipativo
Le Assemblee Plenarie non costituiscono che una piccola parte del lavoro svolto nell’ambito del Bilancio
Partecipativo; le altre tappe per giungere alla definizione dei Piani Annuali di Investimento chiariscono – fra
l’altro – l’infondatezza di molte delle critiche che vorrebbero l’O.P. come un meccanismo di scarico di responsabilità
da parte dell’Amministrazione sui cittadini, dal momento che sottolineano quale lungo lavoro di
analisi, valutazione critica e necessaria ridiscussione con i cittadini inneschi la prima fase del processo di
O.P. per i tecnici e i più alti livelli politici dell’Amministrazione. In ordine cronologico possiamo così identificare
queste ulteriori tappe del processo di O.P.:
1) Elaborazione della prima matrice di Bilancio. È realizzata dopo che il GAPLAN ha raccolto tutte le
domande di opere e servizi consegnate nella seconda tornata di Plenarie, le ha raccolte nel GPR (Sistema
Integrato di Gestione dei Progetti) e – attraverso un sistema on line integrato con tutti gli Assessorati e i
Dipartimenti, le ha vagliate sotto il profilo tecnico, legale e finanziario. Per procedere alla definizione
della griglia di bilancio il GAPLAN costruisce ‘tre indicatori’, analizzando parallelamente le richieste
espresse dalla popolazione nelle assemblee regionali e in quelle tematiche, e le necessità rilevate
dall’Esecutivo. Per far ciò attribuisce dei punteggi ad ognuna delle cinque priorità espresse da ciascuna
regione (5 punti alla prima, 4 alla seconda, 3 alla terza, 2 alla quarta e 1 alla quinta)18 per ottenere un
ranking ponderato. Sommando i voti dati alle varie priorità regionali si determina quali saranno le più
votate in tutta la città; le prime tre costituiranno le priorità-guida per il Piano di Investimento cittadino,
usate come ‘primo indicatore’ per l’attribuzione dei fondi per lavori e servizi su base regionale. Per
quanto riguarda le direttrici presentate dalle Plenarie Tematiche, si parte innanzitutto dalle opere in corso
di realizzazione (che spesso hanno – per le loro dimensioni – carattere pluriennale e che richiedono dei
parziali rifinanziamenti da un anno all’altro per avere continuità), e si continua verificando le direttrici
che presiedono all’indicazione di opere e servizi. Questo costituisce il ‘secondo indicatore’ di pianificazione
per distribuire le risorse finanziarie sulla base delle priorità tematiche espresse dalla popolazione.
Infine vi è il ‘terzo indicatore’, cioè le ‘spese rigide’ sottolineate dall’Esecutivo come necessarie per poter
mantenere alti i ‘livelli di prestazione di servizio’ alla popolazione (salute, educazione, trattamento di
acque e fogne, raccolta dei rifiuti, sistema viario, bus ecc.); esse rappresentano un’alta percentuale del
bilancio municipale riducibile solo in prospettiva di medio o lungo termine, e neppure sempre. Infine, il
GAPLAN prende in considerazione le opere a carattere emergenziale, e sulla base della stima di entrate
prevedibili per l’anno successivo, elabora la prima griglia di bilancio [matriz orçamentaria] che riporta
tutte le previsioni di spesa: personale, materiali, trasferimenti agli Assessorati e alle Autarchie, servizi a
terzi, pubblicità, elaborazione dati, debiti, investimenti, ecc.. La Giunta Finanziaria del Governo e il Coordinamento
di Governo sono i primi ad analizzare la proposta, inviata poi a tutti gli altri organi del Comune
che, entro il 15 agosto, elaborano sulla sua base le loro rispettive proposte di bilancio.
2) Presa di possesso del COP.. I 46 Consiglieri del Nuovo Consiglio (i 32 eletti nelle Plenarie Regionali, i
10 delle Tematiche, quello fisso della UAMPA, il rappresentante del Sindacato degli Impiegati Comunali
e i due coordinatori del Coordinamento delle Relazioni con la Comunità e del GAPLAN, che però
non hanno diritto di voto e possono perciò essere nominati dal Sindaco) si insediano nella seconda metà
di luglio. Entro il 15 settembre devono decidere il cronogramma delle discussioni e intanto prendono
parte ad un corso di formazione sul Bilancio pubblico organizzato dal Comune. In questo periodo di ‘in-
terregno’ si realizzano – anche per i delegati tematici e regionali – seminari formativi sul bilancio pubblico.
3) Il Governo discute e delibera sulla Griglia di Bilancio.. Alla fine di agosto il GAPLAN mette insieme
e tenta di rendere compatibili le priorità espresse dalle Assemblee cittadine con le proposte di bilancio
elaborate dai singoli organi comunali, ed elabora una nuova Griglia di Bilancio, stavolta ad ‘uso esterno’,
che fungerà da base alla proposta di gestione per l’anno successivo. La Giunta Finanziaria, il Coordinamento
di Governo e il Plenum degli Assessori discutono questa nuova griglia e dettagliano programmi di
servizio e investimenti.
4) Il COP discute e delibera sulla Griglia di Bilancio. La disamina della proposta del GAPLAN, realizzata
nella seconda metà di settembre, è attuata in dettaglio per verificare che rispetti e interpreti bene le
priorità regionali e tematiche presentate ai nuovi Consiglieri nelle Assemblee Plenarie di Giugno.
5) Redazione finale e valutazione della Proposta di Bilancio. La nuova redazione è realizzata dal
GAPLAN a fine settembre, sulla base della Griglia di Bilancio approvata o modificata dal COP, e consegnata
dal Sindaco, dagli Assessori e dai COP al Consiglio Comunale entro il 30 settembre, come inderogabilmente
stabilito dallo Statuto Comunale. Quest’ultimo deve votarla entro il 30 di Novembre. Nel
Consiglio Comunale – in un clima in genere teso – si realizza il momento di contatto fra la democrazia
diretta e rappresentativa19. Il Bilancio approvato entrerà in vigore nel corso della gestione annuale seguente,
e sarà presentato alla cittadinanza nel corso delle prime Assemblee Plenarie che si svolgono da
marzo in poi nel nuovo ciclo dell'Orçamento Participativo.
6) Elaborazione del Piano degli Investimenti (PI). Costituisce l’atto finale dell’interazione fra Comune e
rappresentanti dei cittadini eletti nelle Assemblee Plenarie in vista dell’elaborazione della politica municipale
per l’anno successivo. Tra il 1° ottobre e il 30 dicembre il COP e gli Assessorati, il Coordinamento
delle Relazioni con la Comunità e il GAPLAN si riuniscono per elaborare il PI per l’anno successivo
basandosi sulla Proposta di Bilancio inviata al Consiglio Comunale, sulle richieste priorizzate dalla
popolazione e sui criteri generali di distribuzione delle risorse fra regioni. È una sorta di operazione di
‘dettagliamento’ di una parte della Proposta di Bilancio, quella appunto riguardante gli investimenti. Il
criterio di ‘proporzionalità’ usato nel distribuire gli investimenti non è relativo ai Consiglieri per regione
(che sono sempre 2), ma è stabilito dall’integrazione di tre criteri generali: popolazione totale della regione,
grado di carenza di servizi o infrastrutture, e priorità tematica eletta in quella regione. Saranno
cioè distribuite più opere e servizi a quella regione che avrà dimostrato di possedere maggior carenza e
maggior popolazione, e di aver scelto quella particolare priorità tematica di cui si discute fra le tre principali
che hanno ricevuto il punteggio più alto in tutta Porto Alegre. Il peso indica l’importanza relativa
di ogni criterio sul totale degli elementi di giudizio usati. Esistono anche dei criteri specifici di valutazione:
ad esempio, per la Regolarizzazione Fondiaria e l’Urbanizzazione primaria si valuta come fattore
di peso il numero delle famiglie che verrebbero beneficiate dal progetto proposto. A partire dalla quarta
priorità in discussione il criterio della ‘progressività’ si arresta, o almeno si trasforma, dal momento che
le richieste priorizzate sono quelle delle regioni che la hanno scelta fra le 4 principali priorità tematiche
di base, messe tra loro a confronto dai membri del COP che in questo momento devono esercitare sui
colleghi tutta la loro capacità di convincimento e trattativa a favore della loro regione, seppur sulla base
di alcuni criteri-guida oggettivi. Esistono alcuni Dipartimenti e Assessorati, come quelli delle Acque,
della Salute o dell’Istruzione che hanno - poi – criteri propri per la distribuzione dei fondi (preventivamente
discussi e approvati dal COP) a causa del tipo particolare di servizi che forniscono. Esiste pertanto
una grande varietà di situazioni che richiede ai Consiglieri un impegno e un’attenzione critica notevole
per una definizione equa della distribuzione degli investimenti da contemplare nel PI. Il Piano sarà presentato
alla cittadinanza nel corso delle prime Assemblee Plenarie che si svolgono da marzo in poi nel
nuovo ciclo del Bilancio Partecipativo.
4.3. L’organizzazione del dibattito pubblico e alcuni suoi meccanismi puntuali.
Stante l’esistenza di criteri localizzati e annualmente cangianti che presiedono in alcuni casi al dibattito e alla
discussione tra Amministrazione e cittadini, non è facilissimo (e forse neppure estremamente utile) cercare di
esporre in modo generalizzato e il più universalmente valido possibile, lo svolgersi e lo strutturarsi dei diversi
tipi di Assemblea del Bilancio Partecipativo a Porto Alegre. Esistono però alcuni elementi comuni
dell’organizzazione delle Assemblee che fungono da interfaccia fra il lavoro svolto dalla popolazione e
dall’Amministrazione nella definizione di direttrici politiche e di investimenti per la città che vale la pena
sottolineare, in quanto servono a chiarire alcuni elementi di strutturazione del processo stesso di 'Orçamento
Participativo.
In ogni Assemblea Plenaria e Intermedia, uno dei momenti fondamentali è quello del ‘Credenciamento’ [registrazione
dei partecipanti], dove ogni quartiere e ogni regione si attribuisce di fatto dei pre-requisiti indispensabili
per poter avere maggior voce in capitolo nella distribuzione dei fondi municipali previsti dai Piani
di Investimento attraverso l’elezione di un numero più alto di delegati che rappresentano le diverse aree nei
Forum dove si decide di gerarchizzare le domande di opere e servizi presentate dalla comunità.. Le lunghe
code che si formano soprattutto davanti alle sedi scelte per le Assemblee Plenarie sono quelle formate dai
partecipanti, il cui primo interesse nel partecipare – prima ancora di potersi esprimere liberamente, magari
davanti a rappresentanti dell’Amministrazione Pubblica – è quello di registrarsi, di entrare nel quorum di
residenti del proprio quartiere presenti all’assemblea con diritto di voto, determinato dall’essere abitanti della
regione dove la plenaria si realizza. È un momento importante perché dà legittimità al processo e determina
il numero totale dei delegati a cui ogni quartiere della regione ha diritto, in base al numero dei suoi residenti
presenti. Ma soprattutto è un momento importante per capire un elemento portante della struttura aperta e
flessibile del Bilancio Partecipativo: il rapporto di reciproca fiducia che si crea fra cittadini e istituzioni. La
registrazione delle persone viene, infatti, realizzata in base ad un’autodichiarazione orale fatta dal cittadino
che decide di partecipare all’Assemblea ai volontari che raccolgono nomi e firme degli intervenuti. Non vi è
quindi un controllo di documenti; ci si affida all’onestà del cittadino, e anche ad una sorta di buon senso
sociale; difficilmente degli infiltrati avranno, infatti, interesse a fingersi di un certo quartiere – contribuendo
alla crescita della sua rappresentanza di delegati a detrimento di altre zone della regione – anche se qualche
dubbio può restare per quanto concerne l’elezione nominale dei singoli delegati. Il fatto però che ogni partecipante
a qualsiasi livello del Bilancio Partecipativo non venga retribuito e faccia opera di volontariato (per
giunta assumendosi degli oneri di partecipazione non da poco) è ritenuto una sufficiente garanzia atta a minimizzare
l’interesse per simili speculazioni. D’altro canto si deve sottolineare che spesso il maggior numero
di partecipanti all’O.P. proviene da aree occupate, da favelas e insediamenti regolari dove l’inesistenza di
viabilità, numeri civici e censimenti della popolazione rende impossibile anche solo possedere un documento
d’identità. La fiducia all’atto della registrazione dei partecipanti è perciò considerata dall’Amministrazione
anche una garanzia di uguaglianza nell’accesso alla possibilità di discutere del destino proprio attraverso
quello dei propri luoghi di vita. La cultura scritta della registrazione o della redazione dell’atto è per comunque
fondamentale per il Comune di Porto Alegre, al fine di abituare ad una cultura della legalità; ma nel
portarla avanti una certa flessibilità è ritenuta indispensabile, specie se la sua assenza può inibire o imbarazzare
i partecipanti.
In genere è all’atto del ‘credenciamento’ che vengono consegnati ai partecipanti materiali vari e opuscoli
informativi, compresi – nella prima tornata di assemblee- copia del Piano degli Investimenti per il nuovo
anno e copia del nuovo regolamento interno dell'Orçamento Participativo. Nei casi in cui sia prevista una
votazione a scrutinio segreto, l’atto dell’iscrizione comprende la consegna delle schede di voto; anche in
questo caso non si può escludere a priori che qualcuno faccia due volte la fila per ottenerne un seconda, visto
che per scelta non vi sono meccanismi più severi di controllo dei partecipanti.
Per evitare che il pubblico si stanchi in eventuali attese o ritardi (spesso inevitabili quando i partecipanti da
registrare sono più del previsto o i relatori attesi al tavolo non sono ancora arrivati) e per scongiurare soprattutto
il rischio che abbandoni la sala, l’Assessorato alla Cultura ormai da anni sperimenta forme diverse di
intrattenimento. Rara è la presentazione di filmati o diapositive che richiedono costi aggiuntivi di realizzazione.
Quando vengono proposti, per lo più sono materiali realizzati dalla comunità stessa per esporre un
problema specifico o informare i presenti di iniziative intraprese, ma a volte è lo stesso Comune a realizzare
piccoli notiziari sull’andamento dei Piani di Investimento dove sono coinvolti anche i leader della regione in
oggetto. Per lo più, l’Assessorato alla Cultura organizza in genere piccoli spettacoli teatrali di burattini o
composizioni musicali che mirano – in un linguaggio semplice, studiato soprattutto per i bambini che spesso
accompagnano i genitori alle riunioni – ad informare la comunità su temi rilevanti per la cittadinanza e su
questioni sociali relative alla città o alla congiuntura politico/economica che caratterizza il Brasile al momento.
In apertura di assemblea vi è in genere un breve discorso, una sorta di prolusione affidata ai Consiglieri della
regione, o ai moderatori di turno che rappresentano l’Amministrazione al tavolo dei relatori. Molta attenzione
viene anche posta nella presentazione dei relatori, e nella divulgazione di messaggi organizzativi, come ad
esempio i luoghi dove chi vorrà parlare potrà iscriversi. In genere, inoltre, è fatta lettura dell’‘elenco speciale’
dei partecipanti che viene firmato dagli intervenuti alla riunione che non appartengono alla regione dove
si realizza la plenaria; tecnici o vertici politici dell’Amministrazione, e soprattutto ricercatori e osservatori
stranieri a vario titolo vengono sempre presentati (e generalmente lungamente applauditi dal pubblico), anche
a rispetto di una strategia intesa a dimostrare l’esistenza di una costante integrazione fra istituzioni e
cittadini, e fra i livelli locali e i livelli globali, fra il ‘dentro’ e il fuori che osserva questo straordinario processo
democratico di cui Porto Alegre e i suoi cittadini dovrebbero continuamente sentire lo stimolo ad essere
orgogliosi (intervista al Consigliere F. Luisi della Regione Centro, novembre 199820).
Interessante sarebbe confrontare i diversi criteri scelti nelle varie regioni per contingentare i tempi dei singoli
o dei rappresentanti di quartieri e associazioni che si iscrivono a parlare nel corso delle pubbliche assemblee;
di solito il coordinatore al tavolo - per dare ai partecipanti la possibilità di gestire l’andamento di massima
del dibattito - propone alcune alternative (tempi più lunghi con tetto al numero di interventi, o esposizioni
più concise senza limite al numero di oratori) e invita i presenti a votare la preferita con alzata di mano.
Durante le Assemblee (in genere verso la fine, per permettere una raccolta e un’elaborazione dei dati) vengono
anche divulgati i numeri indicativi della partecipazione che l’ha caratterizzata, che costituiscono al
contempo un’informazione di tipo tecnico (per valutare più o meno la riuscita dell’Assemblea e il numero
dei delegati grossomodo ottenibili) ed un invito a riflettere su un buon risultato o sulla necessità di migliorare
in futuro le strategie di informazione e cooptazione. Nel caso di ‘Assemblee intermedie’ viene spesso specificato
in base ad un esatto conteggio anche il numero di delegati ottenuto dal quartiere o dai quartieri chiamati
a raccolta. Questo non è possibile nelle Assemblee Regionali, a causa del tempo notevole che richiederebbe
la lettura del numero di delegati quartiere per quartiere.
5. Inquadramento istituzionale del Bilancio Partecipativo
Oggi il Bilancio Partecipativo è un processo consultivo strutturato che lavora in parallelo alle Istituzioni che
la Legge nazionale Brasiliana prevede come responsabili dei processi di definizione e approvazione del Bilancio
(Giunta Municipale e Consiglio Comunale eletto), senza sostituirsi loro ma accompagnandole con
forza nell’espletamento delle loro responsabilità relative al Bilancio Municipale.
Il ruolo decisionale e di indirizzo decisamente ‘sostantivo’ che ad esaminarlo dall’esterno gli si può attribuire,
l’O.P lo acquisisce in realtà appena nella prassi della gestione urbana. Ciò non toglie che esso resti ‘vulnerabile’
nel suo radicamento formale nelle istituzioni, per la voluta assenza di una legge che ne tuteli il
ruolo di processo prioritario per la gestione cittadina.
[…] Come era anche inevitabile [l’O.P] inciampa nel Potere Giudiziario, che è il potere meglio strutturato del
sistema. […] Il Bilancio Partecipativo è una misura essenzialmente politica. Come arma elettorale funziona
sempre, proibito o ammesso. E forse funziona di più da proibito (perché allora passa ad essere un sogno proibito)
che non se permesso (quando soffre i guasti inevitabili della realtà). Ossia, sta già al di sopra della legge.
Esso è molto somigliante al Movimento dei senza-Terra. L’MST non possiede una base legale, ma possiede
una formidabile base morale (Sergio Jockymann, Orçamento Participativo, in Jornal VS, 15-6-99).
Fin da quando è nato, il Bilancio Partecipativo si regge su un Regolamento Interno annualmente rivisto e
migliorato in rapporto ai meccanismi di funzionamento verificati nell’annata precedente, e al grado di maturazione
progressiva evidenziato dai partecipanti nei diversi contesti locali e nei diversi gradi assembleari in
cui si sviluppa. Nel Regolamento interno del 1992 si ribadiva con lucidità che (art. 10) l’Orçamento Participativo
non è, fino ad ora, legalmente regolamentato. Esistono opinioni divergenti sull’opportunità di una
sua regolamentazione attraverso il Consiglio Comunale. Vi è, però, previsione della sua esistenza nello
Statuto del Municipio. Inoltre è scritto: Le decisioni del Consiglio di Bilancio Partecipativo, dentro la loro
sfera di competenza, devono essere necessariamente seguite dal Comune (art. 12) e I rappresentanti e i delegati
accompagnano effettivamente la votazione del Bilancio e dei progetti di natura tributaria in Consiglio
Comunale. (Art. 13).
In questi articoli – oggi scomparsi dal Regolamento - sono sintetizzate forza e debolezze del Bilancio Partecipativo.
La Costituzione Federale Brasiliana e quella Statale del Rio Grande do Sul (art. 149) prevedono che
la discussione del bilancio pubblico sia di competenza dell’Esecutivo Municipale; con l’istituzione dell'Orçamento
Participativo, pertanto, l’Amministrazione Popolare ha fatto una scelta che era nei suoi poteri per
arricchire il rapporto tra istituzioni e cittadini attraverso una forma di contratto sociale in cui la volontà politica
dei governanti resta fondamentale – in particolare in fase di attivazione del processo – perché esso sia
efficiente e fertile (U. De Souza, 1997). Del resto, per motivi simmetrici, il Tribunale di Giustizia dello Stato
ha annullato nel marzo del 1998 una legge comunale che proponeva il Bilancio Partecipativo nella città di
Canoas – nell’area metropolitana di Porto Alegre – perché proposta da un consigliere dell’opposizione e non
dal Sindaco in carica, l’unico ad avere per Legge il potere di proporre simili meccanismi di consultazione
popolare.
Raramente, questa prerogativa dell’Esecutivo di proporre a suo piacere modi diversi di discussione del bilancio
è stata ammessa dall’opposizione politica interna21. Essa è però ribadita nell’art. 85 dello Statuto Munici-
pale approvato nel 1990 (citato all’inizio di questo saggio) e nell’art. 116, § 1°, dove si afferma che resta
garantita la partecipazione della comunità, a partire dalle regioni del municipio, nelle tappe di elaborazione,
definizione e accompagnamento dell’esecuzione del piano pluriannuale, delle direttrici di bilancio e del
bilancio annuale. E non poteva essere altrimenti. Lo Statuto Comunale – che in Brasile porta il nome di
Legge Organica ed assume un ruolo fondamentale nella definizione delle regole che presiedono alla gestione
della città (purché non risultino contrastanti con la Costituzione Federale e Statale) – è stato del resto approvato
dopo la creazione del Bilancio Partecipativo, ed avrebbe costituito un atto di forte ingenuità politica da
parte dell’Amministrazione Popolare non prevedere una formalizzazione – seppur minima e per via indiretta
- del processo, nell’ambito degli strumenti di gestione della politica cittadina e delle competenze garantite
dallo Stato.
Così, vari tentativi dell’opposizione di contrastare l’O.P. come misura illegittima hanno dimostrato che sotto
questo punto di vista, il processo è difficilmente attaccabile. Eppure gli artt. 85 e 116 § 1° restano pressoché
gli unici dello Statuto Comunale in cui si fa cenno – per giunta indiretto - al Bilancio Partecipativo. La strada
scelta dall’Amministrazione è stata, infatti, quella della ‘minima copertura’ e ‘formalizzazione’ dello strumento
che – come emerso dal dialogo del 1989 con i movimenti urbani della città – doveva restare essenzialmente
autoregolamentato. Come ha ben riassunto l’ex-Assessore alle Finanze del Comune di Porto Alegre:
Il processo di costruzione dell'Orçamento Participativo dimostrò che la democrazia diretta esige necessariamente
un grande dinamismo, senza imprigionarsi in soluzioni preconcepite. La propria popolazione organizzata
orienta trasformazioni in direzione del perfezionamento delle regole di funzionamento, cercando sempre
una partecipazione maggiore. […] la regolamentazione implicherebbe rigidezza nelle definizioni. Oltre a ciò, la
struttura giuridica esistente nel nostro Paese tenderebbe ad essere usata non per garantire l'Orçamento Participativo,
ma per mettere in dubbio la sua legalità e, pertanto, il suo funzionamento. L’idea è che la garanzia di
continuità e di ampliamento dell’esperienza si fonda nella forza del movimento popolare che la sostiene (Augustin,
1994).
Per queste ragioni la regolamentazione dell'Orçamento Participativo non è fatta tramite legge comunale, ma
piuttosto dalla stessa società, in maniera autonoma. L’O.P. non è un’opera rifinita, perfetta e indiscutibile.
Né lo potrebbe essere, perché la definizione unilaterale della perfezione sarebbe espressione di autoritarismo
e negazione del processo dialettico, di costante trasformazione e superamento del nuovo sul vecchio che
caratterizza i processi sociali (U. De Souza, 1997).
A questo scopo esiste una Commissione Paritaria mista formata da 4 rappresentanti del Governo Municipale
(2 membri del Gabinetto di Pianificazione e 2 del Coordinamento delle Relazioni con la Comunità) e da 4
consiglieri popolari eletti in seno al Consiglio di Bilancio. Essa alla fine di ogni anno attua un riesame critico
dei meccanismi e dei regolamenti del Bilancio Partecipativo con l’incarico di proporre modifiche nella direzione
e nella pianificazione del processo stesso.22
Questo aspetto di ‘informalità’ costituisce un lato inedito e forse non ancora sufficientemente indagato del
Bilancio Partecipativo di Porto Alegre, che deve annualmente scontrarsi con le pretese di ‘regolamentazione’
avanzate da consiglieri comunali – che si sentono spesso minacciati nei loro margini di potere – e non solo
all’interno dell’opposizione politica. Nel 1992, è stato, infatti, un consigliere comunale della coalizione in
carica23 a cercare di mettere una camicia di forza normativa al Bilancio Partecipativo tramite una Legge
Complementare; nel marzo del 1996, invece, è stato un altro alleato24 a tentare di imbrigliare l’O.P. (e indirettamente
l’esecutivo) con un’assurda Legge che avrebbe dovuto obbligare alla conclusione delle opere
previste entro l’anno solare in cui erano inserite nei Piani annuali di Investimento, a destinare una quota di
investimenti alle opere infrastrutturali di grande portata e a permettere ai consiglieri comunali un ruolo decisivo
dentro il processo. Entrambe le proposte hanno suscitato una vera sollevazione dei cittadini e dei Consiglieri
Popolari del Bilancio, e alla fine sono state accantonate.
La ‘minima copertura formale’ del Bilancio Partecipativo costituisce in realtà un’arma a doppio taglio per il
processo stesso. Se da un lato, infatti, essa apre la possibilità di un continuo perfezionarsi dei contenuti democratici
dell'O.P. e favorisce la sua non-stagnazione, dall’altra lo rende soggetto alla volontà politica del
momento, non garantendolo in linea teorica contro l’eventuale decisione di un futuro Esecutivo Municipale
di spazzarlo via dalla scena pubblica portalegrense. Questa ambiguità è molto sentita sia all’interno
dell’Amministrazione che della società civile, ma non ha mai prevalso il desiderio di istituzionalizzazione
del Bilancio Partecipativo, avvertito come un’inevitabile ‘inizio della fine’ per un processo per cui l’apertura
è letta come garanzia di non invecchiamento. Un chiaro esempio della predilezione espressa dalla società nei
confronti dell’opzione ‘flessibilità’ rispetto a quella della ‘certezza di diritto’ del Bilancio Partecipativo lo si
è avuto di recente in occasione della proposta di Legge Municipale n° 030/9925.. La Legge, affossata anche
questa volta dalle manifestazioni di protesta organizzate dai Consiglieri di Bilancio (seppur non sempre
molto partecipate)26 prevedeva un’inversione dei ruoli fra Consiglio Comunale ed Esecutivo
nell’elaborazione dei Piani annuali di Investimento, la riduzione al 50% delle voci di spesa discutibili dalla
popolazione, l’elezione dei delegati proporzionale agli abitanti delle varie Regioni, la presenza di delegati di
diritto come i presidenti delle Associazioni Comunitarie, e – infine – la soppressione
dell’autoregolamentazione del processo in favore di una struttura da mutarsi anche annualmente, ma prevista
in una Legge da votarsi ogni volta in Consiglio Comunale. La proposta volutamente ignorava che […] il
dinamismo del processo si esprime anche nell’ampliamento graduale delle questioni che effettivamente
stanno sotto la sua sfera di influenza. In un primo momento, questa si restringeva alle opere nuove realizzate
dal Comune; a poco a poco la popolazione organizzata è andata appropriandosi di conoscenza sufficiente
sul funzionamento del Comune per intervenire anche sui servizi quotidianamente prestati, esigendo che la
qualità delle attività del Comune fosse estesa alla periferia della città (Augustin, 1994)27.
Alcune delle maggiori conquiste ottenute in questi anni nel Bilancio Partecipativo sono proprio il frutto di
questo processo annuale di ‘riadattamento critico’ realizzato dal Consiglio di Bilancio, che ha avuto un acme
nel 1994 con la creazione dei ‘Criteri Tecnici e Legali’ richiesti dalla popolazione e dal Comune all’unisono
per meglio discutere e priorizzare gerarchicamente le varie richieste. Ne costituiscono un esempio la riduzione
del numero dei delegati (dal secondo semestre del 1990 erano uno ogni 5 partecipanti, nel 1992 divennero
uno ogni 10 e poi furono determinati in base a fasce di partecipazione a scaglioni) e il loro ri-aumentare successivo,
con elezione sia nella prima tornata annuale che in quella intermedia. Ma soprattutto ne sono prova
le Plenarie Tematiche create nel 1994, che hanno permesso di ampliare la discussione del bilancio oltre le
emergenze areali e di approfondire, in seno alla cittadinanza tutta, il dibattito sulla pianificazione strategica e
a medio termine, sulle politiche di settore e sulle opere strutturali di cui la città necessita.
Un altro esempio delle potenzialità del ‘riadattamento critico’ annuale del Regolamento Interno dell’O.P. è
rappresentato da ciò che accadde nel 1991, quando le sole 5 regioni più povere di Porto Alegre (Norte, Cruzeiro,
Partenon, Lomba do Pinheiro e Leste) utilizzarono il 70% dei fondi cittadini destinati all’investimento,
contro il 30% delle altre 11 regioni. Le critiche mosse alla politica delle grandi concentrazioni, portarono
così nel 1992 a rivedere i criteri di distribuzione dei fondi previsti dal Regolamento Interno del Bilancio
Partecipativo, introducendo la misura della distribuzione delle risorse per settore di attività e non più per aree
di carenza massima. Risolte le prime e più urgenti necessità si cercò cioè collegialmente un criterio di distribuzione
più equa dei fondi e di socializzazione delle ricchezze municipali su tutto il territorio urbano. Si
abbandonarono così due dei criteri di distribuzione dei fondi più criticati, quello della ‘mobilitazione popolare’
e quello della ‘importanza della regione per l’organizzazione della città’; il secondo eccessivamente discrezionale
ed impreciso, il primo penalizzante proprio le regioni più ai margini e con meno tradizione di
mobilitazione a favore di quelle storicamente ‘attive’ nelle battaglie politiche e civili. Tra le variazioni introdotte
nel tempo nella valutazione delle richieste di investimento, vi sono anche i cosiddetti ‘pesi’ più volte
ritoccati e semplificati in questi anni; cioè dei moltiplicatori dei diversi criteri (con valore numerico da 1 a 3
ed ora da 2 a 4) che rappresentano l’importanza relativa di un fattore nel complesso della valutazione, una
sorta di correttivo nella direzione di una valutazione per criteri numerici che sia in grado di rispecchiare giudizi
di natura maggiormente ‘qualitativa’. La stessa Commissione Paritaria – creata nel novembre 1994 e
oggi impegnata nella revisione annuale del Regolamento Interno – è un frutto della struttura aperta e modificabile
dell'O.P. Essa è servita ad approfondire il processo di co-gestione fra istituzioni e società, permettendo
che idee e critiche all’O.P. provenienti dagli ambiti tecnici o dalle leve politiche dell’Amministrazione, arrivassero
in modo più diretto e complesso ai rappresentanti della popolazione incaricati di apportare le modifiche
ritenute necessarie al processo stesso28.
Il meccanismo di autoregolamentazione dell'Orçamento Participativo è pertanto elencabile fra gli elementi
che trascendono il processo di gestione pubblica e di pianificazione democratica (U. de Souza, 1997), nel
momento in cui appartiene a quelli che contribuiscono prioritariamente a generare coscienza e senso di cittadinanza.
Appartiene cioè anche alla sfera delle proprietà ‘educative, pedagogiche e formative’ del Bilancio
Partecipativo, che favoriscono l’approfondirsi delle capacità di ampliamento degli orizzonti (sia dei cittadini
che degli amministratori) al di fuori dell’immediatismo politico, ma anche il grado di autocoscienza e riflessione
critica dei partecipanti. Secondo alcuni critici – e per ammissione stessa di vari militanti della coalizione
che dal 1989 governa Porto Alegre - la difesa ad oltranza che il Comune ha fatto in questi anni
dell’informalizzazione del Bilancio Partecipativo potrebbe spiegarsi anche con l’aggiunta di una considerazione
di natura utilitaristica, cioè la necessità della coalizione di legarsi a doppio filo con il suo fiore
all’occhiello29 per garantirsi contro un eventuale cambio di maggioranza che mettesse a rischio un processo
molto amato ma da questa ‘informalità’ reso fragile.
6. il Bilancio Partecipativo Statale (O.P./RS)
L’O.P. si occupa di una città, ma noi siamo intrappolati in una rete metropolitana di 3 milioni di abitanti. Come
per l’ecologia, è difficile porre confini amministrativi all’azione in un’area metropolitana. Ora si apre la possibilità
che l’O.P. Statale ovvi a questa mancanza di coordinamento, o almeno la integri (intervista a Luciano
Brunet, membro del Coordinamento per le Relazioni con la Comunità, maggio1999).
In un suo testo sull’esperienza dell’O.P. a Porto Alegre, l’ex sindaco Tarso Genro (1997) sottolineava che,
pur essendo il punto di partenza ‘locale’ basilare per politiche sociali efficienti, esso deve restare opportunamente
‘un punto di partenza’, che tenga conto di quanto il raggiungimento di soluzioni nazionali – diverse
da quelle normalmente progettate da burocrati che non vivono il quotidiano della popolazione – sia ogni
volta più importante.. Questo punto di vista è stato alla base della preparazione dell’ultima campagna elettorale
in vista del rinnovo del Governo e del Parlamento Statale del Rio Grande do Sul (1998), che ha visto
vincitrice la stessa coalizione che ha guidato Porto Alegre per 12 anni.
Uno dei punti più interessanti della campagna elettorale è risultata la proposta di ampliamento del processo
di ‘Bilancio Partecipativo’ ad un livello superiore a quello comunale. La scelta di affrontare una sfida sulla
carta piuttosto difficile pare aver preso le mosse contemporaneamente dalla fiducia data dai soddisfacenti
risultati della sperimentazione di un simile processo attuata in oltre 10 anni di Governo cittadino a Porto
Alegre e in altri comuni dello Stato, ma anche dalla necessità di compiere un salto di qualità rispondendo
concretamente e con coraggio ad una delle autocritiche da tempo formulate da partecipanti ed estensori del
Bilancio Partecipativo di Porto Alegre: il fatto che l’O.P. municipale si occupa di amministrare le risorse di
una città singolarmente, mentre nella realtà i problemi a cui deve rispondere sono diluiti ed interconnessi su
basi areali molto maggiori, in particolare in vicinanza delle aree metropolitane, e ciò non può che creare soluzioni
parziali che finiscono per risultare come semplici ‘palliativi’. Non è certo possibile approfondire
l’analisi di questo nuovo strumento di Governo, chiamato O.P./RS; esso è, infatti, un processo troppo recente
per essere analizzato, visto che ha preso avvio a fine marzo del 1999 (con una interessante fase di preassemblee
con valore di test in alcuni comuni dell’interno), e non è facile neppure pronosticare se e per
quanto avrà storia, anche tenendo conto dell’opposizione che la sua instaurazione ha incontrato in molti settori
della politica. Esso è rimasto persino bloccato da alcuni ricorsi in giudizio per quasi tutto il mese di giugno
’99 a causa delle denunce di alcuni deputati statali che lo ritenevano incompatibile con il lavoro dei
COREDES (Consigli Regionali di Sviluppo)30, una struttura ‘consultiva’ (in cui i sindaci dei capoluoghi
delle 22 regioni individuate rappresentavano delegati permanenti) creata nel 1991 dall’ex-governatore e modificata
con Legge Statale nel 1998. Così l’O.P./RS – pur avendo vinto la battaglia giudiziaria – ha stentato a
riorganizzarsi in vista della definizione del Piano degli Investimenti statali per il 2000 (quello del 2001 è
ancora da discutere), ed il percorso fatto finora è attualmente poco indicativo delle sue esatte potenzilità e dei
suoi limiti puntuali. Tutto ciò non toglie però la possibilità di sottolinearne in prospettiva il valore integrativo
e complementare rispetto all’O.P. municipale, e di muovere alcune rapide riflessioni sulla sua attuale strutturazione.
Anche l’O.P. Statale non è rappresentabile come un puro e semplice meccanismo gestionale delle politiche
statali, visto che si presenta come ‘processo aperto’ che ambisce ad una continua crescita. Così come è
strutturato oggi, esso però presenta una differenza tipica di strumento ‘di seconda generazione’ rispetto – ad
esempio – a quello municipale di Porto Alegre. Esso appare in misura minore, infatti, il prodotto di una discussione
preventiva con i movimenti urbani realizzata pacatamente nel tempo, e non solo a ridosso
dell’imminenza elettorale. Pare piuttosto un ampliamento di scala, una diluizione su distanze maggiori di un
meccanismo nato in ambito locale e trasportato poi ad un livello più alto. In sostanza porta, maggiormente
del Bilancio Partecipativo comunale, l’impronta dell’Istituzione politica che lo ha promosso, introducendolo
‘dall’alto’ seppur per sollecitare una partecipazione collaborante ‘dal basso’ della popolazione dello Stato al
lavoro delle Istituzioni.
Frammentazione politica e disomogeneità del territorio non hanno frenato l’elaborazione di una soluzione
organizzativa che al momento –col beneficio di riconoscere tutto il potenziale di trasformazioni che
l’O.P./RS potrà subire nel tempo – appare sostanzialmente ‘omogenea’ alle varie latitudini dello Stato. Una
soluzione dettata certo anche dalla fretta e dalla difficoltà di intervenire su un’area vasta e non omogeneamente
dominata e conosciuta dalle forze attualmente salite al potere, ma anche dalla considerazione che può
essere un’opzione accettabile[…] anche quella di partire da un modello con delle rigidezze, purché fortemente
democratico e formalmente aperto alle trasformazioni, per poi innestare quei cambiamenti che
l’adeguamento ai diversi ambiti locali richiederanno (intervista a Brunet, cit.).
Attualmente l’O.P./RS è così organizzato. Il Gabinetto delle Relazioni Comunitarie (GRC-OP) e il Gabinetto
di Bilancio e Finanze (GOF-OP) organizzano nelle 22 regioni 4 tappe di lavori:
1) Le Assemblee pubbliche municipali (che dovrebbero essere 467 ma crescono di numero perché i centri
maggiori si frammentano in sub-aree) servono a definire le richieste di intervento puntuali della cittadinanza
di ogni comune nel contesto della sua regione., e ad eleggere i delegati delle plenarie regionali in proporzione
di 1 ogni 20 convenuti circa, con riferimento a tabelle scalari31.
2) Le Assemblee Plenarie Regionali si svolgono tra i delegati delle varie regioni tra maggio e luglio, per
dibattere le priorità di ogni regione ed eleggere i consiglieri del COP-RS.
3) Le Assemblee Tematiche Pubbliche Regionalizzate di Sviluppo del Rio Grande do Sul, tra maggio e
giugno, servono a definire politiche di settore e programmi da inserire in bilancio. Aperte a tutti, servono
anche ad eleggere delegati per i successivi incontri in proporzione di 1 ogni 50 partecipanti.
4) Le Assemblee Plenarie Tematiche Statali riuniscono i delegati di ogni regione per sistematizzare le proposte
e definire le priorità per le politiche di settore ed i programmi di sviluppo dello Stato. Avvengono in
giugno e servono ad eleggere i Consiglieri del COP/RS.
Il COP-RS (Consiglio di Bilancio Statale), tra luglio e settembre, discute ed elabora – insieme al Governo –
la proposta di Bilancio da mandare all’Assemblea Legislativa. Come nell’O.P. comunale di Porto Alegre,
Delegati e Consiglieri – eleggibili tra i cittadini maggiori di 16 anni che non rivestono incarichi di di fiducia
nell’Amministrazione Statale - hanno mandati di 1 anno non remunerati; non vengono eletti tra squadre ma
si presentano individualmente così come da qualche anno avviene in molti Bilanci Partecipativi comunali.
Per quanto riguarda la scelta delle priorità esistono alcuni criteri oggettivi e progressivi per la distribuzione
dei fondi tra le Regioni che attribuiscono dei punteggi da 1 a 3 in rapporto alla priorità scelta dalla regione,
da 1 a 4 in rapporto alla popolazione della regione, e da 1 a 5 in rapporto alle carenze di struttura e servizi,
purchè oltre il 20%. Come si vede, la scelta di priorità ‘anomale’ rispetto alla media penalizza una regione
nella distribuzione di fondi, così come nel Bilancio Partecipativo comunale. Più complessa appare la distribuzione
dei fondi alle regioni secondo i risultati delle Assemblee Tematiche, che hanno a disposizione 11
ambiti di scelta32 ed eseguono calcoli ponderati su cui è qui inutile soffermarsi.
L’ampliamento di scala del meccanismo di Bilancio Partecipativo ha comportato alcuni forti ostacoli interni
da superare; 1) la difficoltà tecnica di organizzare un processo di partecipazione così ampio; 2) l’ostilità di
molte amministrazioni locali di opposizione, che hanno complicato il coordinamento dei processi decisionali
pur però accettandolo perché proveniente da un Ente di livello superiore e con potenzialità coercitive; 3) la
necessità di radicarsi in aree spesso prive di qualsiasi tradizione strutturata di auto-organizzazione e di mobilitazione
a livello sia globale che locale; 4) i problemi logistici dovuti al fatto che i rappresentanti della popolazione
si impegnano nella discussione a titolo gratuito con tutte le difficoltà, i tempi e i costi personali
connessi ai grandi spostamenti necessari per riunire tutti i delegati e i consiglieri nei forum decisionali.
Tutto ciò non ha certo eliminato le grandi potenzialità del Bilancio Partecipato a livello statale, anche
nell’ottica della sussidiarietà e del coordinamento fra livelli di responsabilità con competenze diverse. Nelle
622 Assemblee tenutesi nel 1999, ad esempio, oltre 190.000 cittadini hanno accolto con entusiasmo il nuovo
processo partecipativo, e il primo Bilancio è stato approvato il 29/11/99 (sotto gli occhi vigili di oltre 320
osservatori convenuti con ore di anticipo per trovare un posto nella tribuna dell’Assemblea Statale) senza
nessun voto contrario e solo 4 astenuti, trasformando l’approvazione in un momento di inattesa festa con
abbracci tra gli avversari politici, e un folla di alcune migliaia di persone in strada che seguiva la votazione
su un megaschermo.
Dalle riunioni è subito emerso non solo il potenziale di complementarità fra aree tematiche di competenza
municipale e statale ma anche la capacità che le assemblee hanno di direzionare il governo statale
nell’approntamento di politiche fondamentali come quelle di promozione dell’occupazione, di diritto
all’alloggio e di difesa del territorio, che oggi paiono i punti deboli di una politica federale tutta concentrata
su questioni monetarie e di riduzione del debito. Attualmente – essendo la coalizione di governo in minoranza
numerica a causa dell’abbandono di un alleato – l’O.P/RS si presenta anche come valido sostegno alla
governabilità dello Stato, grazie al sostegno popolare che accompagna le scelte popolari che porta con sé, le
quali vengono ‘assunte’ dal Governatore ma devono essere ratificate dai Deputati Statali che devono guardarsi
dal rischio di perdere consensi elettorali per il futuro.
Il consolidarsi nei prossimi 3 anni del processo di Bilancio Partecipativo a livello Statale – oggi ancora immaturo,
caotico e alla ricerca di una ‘configurazione di equilibrio’ – sarà l’occasione per verificare
l’importanza del ruolo pioniere e propositivo determinante che i municipi possono oggi ricavarsi per una
riforma dal basso dei rapporti fra livelli politici e fra essi e la popolazione, anche ‘testando’ per primi nuovi
strumenti di gestione amministrativa. In quanto luogo del contatto diretto fra popolazioni locali e istituzioni
essi hanno, infatti. l’opportunità di conoscere le diverse caratteristiche dei vari territori, e di ripristinare un
rapporto di fiducia fra società ‘istituente’ e società ‘istituita’ a partire dalla creazione di strutture che sappiano
porsi in sintonia con le forme peculiari di autorganizzazione e mobilitazione di quest’ultima. Questo vale
a maggior ragione per Comuni vasti e complessi. Il caso della metropoli di Porto Alegre, del resto, ha una
sua forte valenza ‘dimostrativa’ proprio in quanto la sua ormai decennale esperienza è adatta ad illustrare
concretamente la possibilità di contrastare il teorema secondo cui una democrazia partecipativa sarebbe irrealizzabile
nella complessità delle metropoli e dei territori regionali per la molteplicità degli interessi, il
numero di abitanti e la complessità dei temi da affrontare.
7. Conclusioni. Verso il coordinamento del Bilancio Partecipativo con altri strumenti cittadini
Il Bilancio Partecipativo di Porto Alegre – soprattutto a partire dall’istituzione delle Assemblee Tematiche
nel 1994 - ha mostrato il suo potenziale di moltiplicatore del dialogo fra istituzioni e cittadinanza a livelli
diversi, rivelandosi capace non solo di promuovere l’estensione del suo potere di controllo – e di indirizzo -
su nuove voci del bilancio (come i costi di gestione e di personale), ma soprattutto di innescare discussioni
vivaci sulle singole politiche cittadine di settore (la scuola, la sanità, i trasporti, la cultura) e sulla città nel
suo complesso, coinvolgendo via via nuovi strati della popolazione nel dibattito.
È certo che da anni - in una città che ha conosciuto oltre 50 anni di pianificazione tecnocratica - una delle
sfide che lentamente l’O.P. sta vincendo è quella della sburocratizzazione del sistema pianificatorio.
L’inversione delle priorità realizzata attraverso anni di investimenti ‘visibili’ e ‘sostantivi’ nelle periferie
povere è stata il primo atto; ma il Bilancio Partecipativo – come ha sottolineato più volte la Banca Mondiale
nei suoi Seminari sulla Democrazia Partecipativa - ha anche aggredito la burocrazia alle sue radici forzando
l’amministrazione alla trasparenza di ogni suo atto e introducendo la logica dell’agglomerazione e del coordinamento
in contrasto a quella tradizionale dell’isolamento monadico e della separazione delle funzioni,
caratteristica della burocrazia (Pessin and Mainieri Paulon, 1994). Ha inoltre sollecitato la nascita di nuovi
attori istituzionali e di pratiche di ‘corpo a corpo’ fra tecnici e cittadini nei luoghi di svolgimento della vita
quotidiana. Complessivamente, sta aiutando i cittadini a sostituire la logica del risiedere con quella
dell’abitare i luoghi, spingendoli ad intessere con loro relazioni di ‘cura’ e a metterli al centro di una lotta
costante per il loro miglioramento. Non è un caso, allora, che oggi nei piani dell’Amministrazione di Porto
Alegre riemerga nelle sue specificità locali quell’idea complessa e stratificata di ‘territorio’, che per anni è
stata coscientemente messa da parte.
L’idea centrale della coalizione che guida il Comune Porto Alegre, infatti, era stata - fin dal 1989 - quella di
concentrare tutti gli sforzi prioritariamente sulla ricostruzione del ruolo di tutti i suoi concittadini come uomini
e come soggetti politici. Solo così si riteneva di poter dare alle trasformazioni del territorio ‘sostenibilità’,
cioè una durata dovuta alla comprensione e all’adesione a quelle trasformazioni da parte di tutti, compresi
gli abitanti della città informale per decenni lasciati ai margini della vita pubblica come dello spazio urbano.
I modi con cui il Bilancio Partecipativo ha dovuto cambiare faccia e organizzazione nelle diverse parti di
una città morfologicamente e socialmente complessa come Porto Alegre sono stati la prova che se esistevano
delle ‘resistenze’ nel locale esistevano anche delle ‘energie’ progressivamente utilizzabili a pro della città.
Ma bisognava aspettare perché i cittadini – specie la grande massa degli ‘esclusi’ - accettassero temi come la
protezione dell’ambiente o delle memorie storiche non come un lusso, un privilegio superfluo da ricchi, ma
come misure positive per la loro stessa qualità di vita. Così solo nel 1993 – e lentamente – è stato avviato
quel processo chiamato Cidade Constituinte [Città Costituente] che è giunto alla formulazione di un nuovo
Piano Regolatore di Sviluppo Urbano e Ambientale (PDDUA) attraverso 4 anni di discussione aperta a tutta
la cittadinanza e un ciclo di approvazione interrotto volontariamente dal Comune per permetterne
un’ulteriore arricchimento di contenuti in collaborazione coi cittadini partecipanti al processo. Da poco lo
strumento è entrato in vigore, dopo aver passato, senza modifiche sostanziali alla sua formulazione, il vaglio
del Consiglio Comunale.
Non è questa la sede per approfondire la conoscenza di questo piano che, inevitabilmente, rappresenta per
Porto Alegre un salto di qualità nell’operare sul territorio, in quanto tenta di costruire una coerenza per riassorbire
dentro una cornice generale le azioni puntuali e frammentarie attraverso cui in questi 11 anni si sono
per lo più sviluppate la politica urbana e abitativa dell’Amministrazione, sulla base delle indicazioni fornite
di volta in volta dai cittadini nell’O.P. Merita però di essere sottolineato che – per quello che se ne può leggere
attualmente – il Piano appare maturo, equo, realista, lungimirante e ‘umile’.. Maturo perché ha atteso di
verificare almeno per 15 anni gli effetti del suo antecedente senza affrettarne la sostituzione, e correggendone
i difetti; ma anche perché si è innestato sul sistema della microregionalizzazione cercando di accreditare
una lettura molteplice e unitaria della città a partire da alcuni strumenti di gestione rodati quali il Bilancio
Partecipativo. Equo – e democratico – per come è stato redatto, perché si allinea alle regole dello Statuto
municipale (unanimemente riconosciuto come uno dei più progressisti del Brasile), e perché corregge una
struttura e una forma ingiuste che permettevano solo agli iniziati la più conveniente comprensione e applicazione
dello strumento urbanistico. Realista perché non pretende di continuare a sovrapporre dall’alto delle
regole formali, disconoscendo invece ciò che realmente sta avvenendo su un territorio per vocazione policentrico;
e per questo parte proprio da un attento studio della città informale con tutte le sue ricche contraddizioni,
riconoscendo che ‘tutto è città’ (il motto delle Assemblee Costituenti dove fu discussa la redazione
del piano con la cittadinanza). Allo scopo riconferma una serie di progetti sperimentati in questi anni in variante
del vecchio Piano Regolatore, come ‘i Centri di Quartiere’ e i ‘Corridoi di Centralità’, che tra le loro
varie funzioni non dimenticano quella dell’abitazione sociale e mettono in campo indicatori qualitativi nuovi
come ‘l’animazione’ e la pluralità di attività dei quartieri. Il piano è, infine, lungimirante per la sua caratteristica
di piano-processo in continua redazione, strutturato intorno ad alcune idee chiare come il policentrismo,
il recupero ed il potenziamento del rapporto tra città e lago (che ha strutturato la storia urbana di Porto Alegre),
ma soprattutto la valorizzazione ambientale ‘attiva’ del sistema delle acque e della vegetazione nativa
che copre i 40 ‘morros’ che intervallano lo spazio costruito cittadino. Quest’ultima muove, tra l’altro, da una
serie di partenariati già sperimentati in questi anni con le scuole e soprattutto con gli abitanti delle favelas più
antiche e ormai consolidate, che dal 1993 hanno organizzato i primi nuclei di vigilanza per la preservazione
delle aree protette dagli speculatori come dalle occupazioni di altri senzatetto. Quanto all’umiltà (e al connesso
senso di realtà) che il piano lascia trasparire, essa è evidente nella sua struttura aperta, che non pretende
di imporre troppe regole, ma semmai le spiega, aprendo alla possibilità ad una discussione di singoli punti
o di politiche settoriali più facilmente comprensibili alla popolazione che non il suo complesso o i suoi dettagli.
Inoltre, il PDDUA è un piano che ‘vuole crescere’ e per questo emula la struttura aperta e flessibile del
Bilancio Partecipativo. Avanza – è vero - nella politica dell’informazione e della coscientizzazione, ma si
apre al dialogo, alla discussione, alla negoziazione su singoli progetti e prospettive, pur nel rispetto di alcuni
pilastri fondamentali. Un piano ‘dialogico’, insomma; ovvero l’opposto dei vecchi piani normativi (come
quello del ’79) che hanno fatto la storia urbana di Porto Alegre fino ad oggi.
Ancora una volta, sembra mancare la garanzia contro future manipolazioni, ma vi è una sfida a crescere con
la popolazione che dovrà vivere e operare dentro le sue regole. In un certo senso, i successi concreti ottenuti
in 12 anni di sperimentazione del Bilancio Partecipativo hanno stimolato l’Amministrazione di Porto Alegre
a compiere un passo ulteriore verso ‘l’informalità’, da non intendersi come sinonimo di illegalità o anarchia,
ma come cultura dell’autodeterminazione, del dialogo e dell’educazione reciproca nella sperimentazione di
un contatto costante fra istituzioni locali e cittadini.
In un certo senso si può leggere questa esperienza come una trasposizione della lezione pedagogica di Paulo
Freire (e degli Experimental Workshop on Theory of Organization dell’altro grande teorico brasiliano Clodomir
Santos de Morais) sul territorio e nell’organizzazione della politica cittadina, nel tentativo di dissolvere
e fondere i differenti interessi privati nell’elaborazione di un progetto pubblico permanentemente aperto,
democratico e trasformatore. Ricorrendo ad una terminologia attuale, potremmo dire che il Bilancio Partecipativo
– per come sperimentato a Porto Alegre e nel Rio Grande do Sul – ha dato prova della possibilità di
elaborare validi strumenti per la costruzione di patti territoriali concertati di vasto respiro (e di un certo successo,
come dimostra la reiterata rielezione plebiscitaria dell’Amministrazione alla guida della città brasiliana),
dove anche le componenti più deboli della società sono chiamate a svolgere un ruolo di indirizzo importante.
Inutile sottolineare che la possibilità di emulare efficacemente simili strumenti è funzione diretta di
una volontà politica forte, disposta a cedere alcuni privilegi e fette di potere garantiti dall’organizzazione
amministrativa tradizionale; in cambio, magari, di un consenso raccolto su risultati reali conquistati sul campo
della politica, che potrebbe però garantire quella che nel Rapporto Bruntland del 1987 veniva individuata
come ‘sostenibilità’ o ‘durabilità’ politica.
Bibliografia citata
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Organização da sociedade Civíl em Porto Alegre, Inter-American Foundation-UCLA Latin American
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Porto Alegre, in Horne, Carlos Henrique (1994, a cura di); Porto Alegre: o desafio da mudança, Ortiz,
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CIDADE (1997b); O ciclo do Orçamento Participativo, stampa in proprio, Porto Alegre
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Menegat, Elizete (1995); "Coragem de mudar": fios condutores da participação popular na gestão urbana
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Pessin, Liane e Paulon, Simone Mainieri (1994); Relações de trabalho e a politica de Recursos Humanos:
desconstruindo a logica da centralização, in Horne, Carlos Henrique (1994, a cura di); Porto Alegre: o
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Prefeitura de Porto Alegre (1990-2000), Plano de Investimentos, Porto Alegre
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Prefeitura Municipal de Porto Alegre-Coordenação de Comunicação Social (1990); Administração Popular:
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Souza de, Ubiratan; Genro, Tarso (1997); Orçamento Participativo. A experiência de Porto Alegre, Editora
Fundação Perseu Abramo, São Paulo
Zero Hora (1996), Porto Alegre, N° 18/9/1996
Per una bibliografia accessibile
Di seguito sono indicati alcuni testi d’approfondimento di caso reperibili o ordinabili in librerie e/o biblioteche
anche in Italia:
· Abers, Rebecca (1997); Learning Democratic Practice: Distributing Government Resources
Through Popular Participation in Porto Alegre, Brazil", in Cities for Citizens: Planning and the
Rise of Civil Society in a Global Age, edited by Michael Douglass and John Friedmann, 39-65.
Chichester, U.K.: John Wiley & Sons.
· Abers, Rebecca (1996); From ideas to practice. The Partido dos Trabalhadores and Participatory
Governance in Brazil, in Latin American Perspectives, n. 91, vol. 23
· Abers, Rebecca (1998); La Participation populaire, in Les Annales de la Recherche Urbaine, n°
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· Abers, Rebecca (2000); Practicing Radical Democracy - Lessons from Brazil, in Plurimondi, n. 2
· Allegretti, Giovanni (1999); Porto Alegre, città felice?, in Testimonianze, n. 406, Firenze
· Allegretti, Giovanni (2000); Informality as a culture of dialogue: three Mayors of Porto Alegre face
to face, in Plurimondi, n. 3,
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città con i suoi locali, in Macramé. Trame e ritagli di urbanistica, Allegato Bollettino DPUTA, n.
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· Allegretti, Giovanni (2000); Porto Alegre. Tra democrazia e ricerca della sostenibilità, in Democrazia
fai-da-te (Ed. Carta, Roma-Napoli)
· Baierle, Sergio (1998); The explosion of Experience: the Emergence of a New Ethical-Political
Principle in Popular Movements in Porto Alegre, Brazil, in Alvarez, Sonia et al. (a cura di); Cultures
of politics, politics of cultures. Re-visioning Latin American Social Movements, Westview Press
· Cassen, Bernard (1998); Porto Alegre, reportage su Carta, n° 1, anno I°.
· Cassen, Bernard (1998); Le Budget Participatif de Porto Alegre, in Le Monde Diplomatique, Agosto
· Keck, Margaret E. (1992); Brazil’s PT: Socialism as radical democracy, in NACLA: Report on the
Americas, n. 5, maggio
· Löwy, Michael (1987); A new type of party: the Brazilian PT, in Latin American Perspectives, n. 14
· Souza, Célia Ferraz de (1997); Fra la città del desiderio e la città del possibile: il Plano Geral des
Melhoramentos di porto Alegre nel 1914 ,in Storia Urbana, n. 78, gennaio-marzo
· Il sito Internet del Comune di Porto Alegre è: www.portoalegre.rs.gov.br
· Il sito Internet dello Stato del Rio Grande do Sul è: www.estado.rs.gov.br
Per quanto riguarda la sterminata bibliografia ‘inaccessibile’ dall’Italia, i testi di ambito locale - distribuiti
dal Comune di Porto Alegre – possono eventualmente essere richiesti scrivendo alla Coordenação de Comunicação
Social (Praça Montevideo, 10 – CEP 90010-170 Porto Alegre – Rs – Brasile – E-mail:
gi@gp.prefpoa.com.br - Fax 0055-51-2253553) oppure alla Secretaria de Captação de Recursos e Relações
Internacionais (SECAR - Prefeitura de Porto Alegre - Rua André Puente, 50 - Cep. 900035-150 Porto Alegre
- RS - Brasile – E-mail: secar@secar.prefpoa.com.br - Tel-fax 0055-51-3111417):
All’AVSI Italiano (E-mail: avsi@linknet.it oppure avsimi@tin.it) può invece essere richiesto il testo:
· AVSI/UNCHS (1995); Os desafios da Cidade Informal (1995); Atti del Seminário Internacional, 11/15
settembre 1995, Belo Horizonte. Qui – fra le altre - sono contenute due esperienze di partecipazione
popolare in progetti urbanistici sviluppate a Porto Alegre.
1 Dottore di Ricerca in Pianificazione Urbana, Territoriale e Ambientale presso il Dipartimento di Urbanistica dell’Università di
Firenze, con una tesi sull’esperienza di Porto Alegre fra la ricostruzione del ‘Diritto alla città’ e l’integrazione del tessuto urbano
autorganizzato. Vorrei dedicare questo testo alla memoria dell’Avv. Antonio Martins Costa neto, guida paziente e disposta
all’ascolto a cui devo parte dei risultati e dell’entusiasmo nelle mie ricerche in Brasile.
2 Secondo l’ultimo censimento disponibile, la popolazione è di 1.286.251 abitanti (dati IBGE, 1996)
3 Il settore terziario è oggi passato a rappresentare (dal 49% degli anni ’80) oltre il 64% del reddito cittadino (cfr. Porto Alegre Socioeconomica,
2000).
4 Per ricevere il bollettino si può scrivere al Presidente Martine Roulotte: martine.toulotte@wanadoo.fr o al Segretario-Tesoriere Jean
Blaise Picheral: Jb.picheral@netinfo.fr. La rete ha promosso la traduzione in francese del libro di Tarso Genro e Ubiratan de Souza
del 1997, con il titolo di Quand les habitants gèrent vraiment leur ville, l’expérience du Budget Participatif de Porto Alegre,
Fundacion Léopold Mayer pour le Progrès de l’Homme, Paris. Del testo esiste oggi anche una versione spagnola stampata a Buenos
Aires.
5 Il Piano Pluriennale, nel caso di Porto Alegre deve essere redatto entro il 30 aprile del primo anno di mandato di ogni nuova Amministrazione
(da sottoporsi al Consiglio Comunale che deve approvarlo entro il 30 giugno di quell’anno, come previsto dallo Statuto
Comunale del 1990, art. 121). Esso entra in vigore dal 1° gennaio dell’anno seguente e fino al 31 dicembre del primo anno di mandato
dell’Amministrazione successiva, anche per dare continuità ai programmi di governo intrapresi a fine mandato di ogni giunta; e
deve prevedere le direttrici quadriennali di investimento per il Comune, ed includere (anche tramite aggiunte) tutte le opere la cui
esecuzione superi un singolo esercizio finanziario annuale. Si configura, pertanto, come una materializzazione formale del programma
del governo che entra in carica.
La LDO (Legge delle Direttrici di Bilancio) definisce mete e priorità dell’anno seguente, basandosi sulle prospettive di investimento
e spesa individuate nel Piano Pluriennale, e orienta le politiche tributarie, salariali, del personale e il contenuto della Legge Annuale
di Bilancio
Il Piano annuale degli Investimenti elenca, invece, anno per anno tutti gli investimenti puntuali decisi dal Bilancio Partecipativo,
assunti dal Comune e approvati dal Consiglio Comunale.
6 Dutra parlò di un Municipio ‘pantagruelico’ che prosciugava tutte le risorse che riusciva a produrre (Andreatta, 1997).
7 Ad esempio, nel 1989 fu ridotto del 26% il consumo di benzina del parco macchine municipale e del 36% l’affitto di auto, furono
ridotti del 20% gli stipendi di sindaco e assessori, vennero licenziati tutti i funzionari-fantasma, e garantita la concorrenza fra fornitori
di beni e servizi all’Amministrazione assicurando i tempi massimi di pagamento degli stessi (Prefeitura Municipal de Porto Alegre-
CRC, 1990).
8 Cfr. Andreatta, 1997.
9 Il testo, interessantissimo, non è purtroppo pubblicato ed è reperibile solo in alcune biblioteche Brasiliane. Sua esplicita autorizzazione,
è però possibile comunicare con l’autrice, scrivendole all’indirizzo: zetepaixao@uol.com.br
10 È rimasto celebre il commento di un consigliere dell’opposizione che – senza cogliere che la ‘progressività’ della tassa sugli immobili
era il vero obiettivo della folla - si stupì di vedere per la prima volta tante persone lottando per pagare più tasse (Andreatta,
1997).
11 L’ONG ‘Cidade’ che segue e accompagna da anni tutto il processo di Bilancio Partecipativo, ha realizzato per il Comune di Porto
Alegre un libello pensato per chiarire ai ‘non tecnici’ le principali questioni in materia finanziaria comunale, coscientizzando e arricchendo
la formazione dei partecipanti all’O.P. e dando loro una visione complessa e realistica dei procedimenti di gestione dei beni
pubblici che sottolinei l’articolazione complessa delle voci di spesa, e avverta sulla necessità di prevedere una certa flessibilità per i
margini di errore di calcolo e previsione delle stesse. Di particolare significato, a tal fine, appare nel libello la scelta del modo di
spiegare le varie voci delle entrate e delle uscite che compongono il bilancio comunale, semplificando alla portata di tutti quanto
previsto all’art. 11 della Legge Federale 4320 attraverso una tabella esemplificativa che paragona le fonti di entrate e uscite per il
Comune con l’economia familiare.
12 Fondamentale è la pubblica esposizione dei bilanci dell’anno precedente riassunti – con l’obbiettivo di essere comprensibili a tutti -
sia per voci tematiche (che riflettono le 7 aree di discussione dell’O.P.) che per investimenti puntuali a livello di singoli quartieri.
13 Criteri di proporzionalità fra partecipanti dei vari quartieri e delegati (I risultati delle singole fasce si sommano per ottenere il
numero complessivo dei delegati)
N° di partecipanti alla riunione Proporzione fra delegati e partecipanti N° di delegati eletti
Fino a 100 1 ogni 10 10
Da 101 a 250 1 ogni 20 8
Da 251 a 400 1 ogni 30 5
Da 401 in poi 1 ogni 40 Proporzionale
14 Fino al 1994 le tornate assembleari furono 3: la prima analoga alla prima attuale, la 2° legata al Progetto ‘Città Costituente’, la 3°
simile alla 2° attuale. I delegati all’epoca erano eletti in proporzione semplice di 1:10 sul totale dei partecipanti, nelle Plenarie del 3°
Turno e nelle riunioni preparatorie di ogni regione (analoghe a quelle Intermedie di oggi).
15 Il COP si articolerà poi in commissioni (Tripartita, Paritaria, di Comunicazione). Alla Segreteria Esecutiva del COP – mantenuta
dal Coordinamento delle Relazioni con la Comunità, un Dipartimento Comunale che si occupa di Coordinare i rapporti con la società
civile – compete non solo controllare la frequenza delle riunioni del Consiglio di Bilancio (che per statuto deve riunirsi almeno 4
volte al mese), ma anche realizzare un registro dei suoi membri e dei delegati regionali e tematici, e soprattutto fornire al COP i bandi
pubblici di concorso e appalto, e la data di apertura delle buste con le proposte dell’imprese per dare al COP la possibilità di effettuare
controlli della regolarità dei procedimenti.
16 Nel 1997 il COP – nel processo di riadattamento annuale – ha deciso di portare a 12 i temi che prima erano 8, includendo come
tema nuovo ‘lo sviluppo economico’ e trasformando in temi autonomi alcuni sottotemi (aree di riposo, sport e cultura) per dar loro
più importanza nella discussione di ambito locale (U. De Souza, 1997).
17 Per statuto, ai Consiglieri dell'Orçamento Participativo spetta fra l’altro il compito di realizzare ‘almeno una riunione mensile’ coi
Delegati e il Movimento Popolare Organizzato della propria regione, per avere aggiornamenti continui e di prima mano sulle problematiche
del territorio che essi rappresentano (Art. 21 del Regolamento Interno dell'Orçamento Participativo – 1999).
18 Fino al 1996 le priorità da indicare erano solo 4.
19 Quando si parla però dell'Orçamento Participativo come fusione di democrazia diretta e rappresentativa non si allude a questo
momento (che è forzatamente di contatto fra le due, a causa delle normative federali di ordine superiore), bensì alla sua struttura
interna mista.
20 Le interviste citate sono riportate nella Tesi di Dottorato dell’autore del presente testo (2000).
21 Lo ha fatto solo nel settembre del 1996 il consigliere comunale di opposizione Aiton Ferronato del PMDB sostenendo: Non credo
che l’O.P. limiti il Consiglio Comunale, al contrario, lo aiuta; per il Consiglio fa poca differenza se furono consultati tecnici o consiglieri
popolari […] La parola finale è il potere effettivo del voto del Consiglio (cfr. Zero Hora, 18/9/1996). Il vincolo è semmai
politico; una proposta di bilancio decisa dalla popolazione è meno facile da avversare per i Consiglieri senza rischiare di perdere
consensi.
22 A questo cosiddetto ‘riadattamento annuale’ partecipa anche il Consiglio di Bilancio, i cui consiglieri - in maniera autonoma dal
potere Legislativo Municipale e da quello Esecutivo (i cui due rappresentanti non hanno diritto di voto) – discute e decide le trasformazioni
da apportare nel regolamento dell’O.P., nel proprio regolamento interno, nei criteri generali di distribuzione dei fondi fra le
regioni, ed in quelli tecnici e regionali. Seppur l’opera dei Consiglieri più appariscente è quella di definizione delle priorità da inserire
nel Piano di Investimento dell’anno successivo, in realtà la loro vera impronta resta soprattutto in questa auto-regolamentazione,
che sopravvive il tempo di una nuova stagione dell'Orçamento Participativo. Come vedremo, infatti, nella definizione delle priorità, i
Consiglieri sono vincolati dal loro mandato a rispettare l’ordine delle priorità presentato dai Forum dei delegati. Nel potere di autoregolamentazione
dell'Orçamento Participativo, invece, essi possono esercitare il loro spirito critico anche ad un livello più personale,
giovandosi della loro esperienza, che così in parte trasmettono ai loro successori sotto forma di trasformazioni apportate ai meccanismi
della discussione pubblica ai suoi vari livelli.
23 Clòvis Ilgenfritz, del PT.
24 Il Consigliere del PDT Nereu d’Avila.
25 Proc. 1181 del 9/4/1999 presentata dal consigliere Isaac Ainhorn, rappresentante del PDT, un partito al momento alleato di governo
dell’Amministrazione in carica.
26 Tra l’altro, la UAMPA, in questa battaglia, non ha accettato di farsi portavoce dei movimenti popolari (mostratisi divisi sulla questione)
contro il provvedimento, come affermato dal Presidente nella riunione preparatoria della CONAM ’99, del 30/4/1999. La
giustificazione è stata che i 25 del Direttivo non conoscono bene il progetto, e che lo stesso estensore non ne è convinto, ma lo porta
avanti per avere una tribuna da cui parlare al suo elettorato, che è la classe media cittadina (Pedro Da Hora Dias, discorso nel
direttivo UAMPA del 30/4/99).
27 Rilevante è stato il processo ogni volta più effettivo di intervento della popolazione organizzata nella definizione dell’ammontare
delle imposte comunali da riscuotere, discutendo preventivamente le alterazioni sulla legislazione tributaria che vengono inviate al
Consiglio Comunale e seguendo le votazioni realizzate (Augustin, 1994).
28 Sempre nel 1994, è stata creata tramite il processo di autoregolamentazione la Commissione Tripartita, composta in numero uguale
da 3 rappresentanti del Governo, 3 del Consiglio dell'Orçamento Participativo e 3 del Sindacato degli Impiegati Comunali (SIMPA);
tale commissione ha come ruolo quello di controllare l’ingresso di nuovo personale nel Comune ed è responsabile di un ampliamento
del ‘controllo sociale’ che l'Orçamento Participativo esercita anche sulle funzioni che restano formalmente quali attribuzioni
dell’Esecutivo, come quella di contrattare nuovo personale per l’Amministrazione. La Commissione di Stampa (creata nel primo
semestre del 1997) ha, invece, il compito di curare i rapporti con la stampa e la divulgazione delle azioni del COP. Tutto ciò grazie
alla struttura ‘aperta’ e non ‘formalizzata’ dell'Orçamento Participativo, che ha permesso i maggiori momenti di aggiustamento e
crescita dello stesso, in direzione di un miglior soddisfacimento dei bisogni della città.
29 Menina dos olhos o laranja de amostra com’è chiamato l’O.P. a Porto Alegre
30 I COREDES, essendo previsti per Legge Statale, non sono eliminabili, ma possono – a discrezione del Governatore – non essere
consultati. Il tentativo fatto dal neodirettore del Gabinetto delle Relazioni Comunitarie dello Stato è quello di renderle due strutture
integrate e non sovrapposte o antagoniste come l’opposizione politica le ha presentate.
31 Fino a 300 persone partecipanti 1 ogni 20, tra le 301 e le 600 uno ogni 30, tra le 601 e le 1000 uno ogni 40 e oltre le 1000 uno ogni
50. Vengono inoltre eletti sostituti nell’ordine del 50% dei delegati. La votazione avviene solo se ci sono più iscritti che non candidati.
L’iscrizione dei partecipanti chiude a 1 ora e mezza dall’inizio del voto.
32 Agricoltura, Assistenza Sociale, Cultura, Educazione, Energia, Generazione di Reddito e Lavoro, Alloggio, Urbanizzazione primaria,
Salute, Sicurezza, Trasporto e Pavimentazione.
Fonte: ATTAC Italia
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